Cerca
Close this search box.

Io…speriamo che ce la faccio…l’opinione di Rita Faletti

E’ superfluo sottolineare che le opere pubbliche hanno importanti ripercussioni sulla crescita di un Paese e sull’occupazione. Strade, autostrade, ferrovie, metropolitane, porti e aeroporti sono un grande investimento e una grande ricchezza che resta e crea altra ricchezza. Senza o con un numero insufficiente di queste strutture, uno stato è chiuso al suo interno e destinato all’isolamento e al declino. In Italia sono 27 i miliardi congelati destinati a opere pubbliche già appaltate, ma ferme per motivi burocratici. Eppure, il Paese della selva di leggi e vincoli amministrativi e dei tempi biblici dove la sostituzione di un tombino richiede sei mesi, è riuscito in un’impresa sorprendente: è stata sollevata e fissata l’ultima campata, la diciannovesima,  del nuovo Ponte di Genova: 27 aprile 2020. Una data da evidenziare nel calendario di un anno che definire infausto è eufemistico, ma una data che può diventare il simbolo di un cambiamento vero se solo si voglia spezzare la catena che frena il passo del Paese e lo costringe in un intrico di adempimenti e procedure amministrative. Progettato dall’architetto Renzo Piano per la sua città, il nastro in acciaio che riunisce le due parti di Genova era iniziato a fine giugno 2019. Dieci mesi di lavori ininterrotti con 350 persone in cantiere che hanno lavorato a turni e in condizioni di sicurezza sanitaria sotto la direzione costante dell’ingegnere Francesco Poma. “Un vascello bianco che fende la vallata”, un’opera di “ferro e aria” come Renzo Piano ha definito la struttura, che rispecchia il carattere dei genovesi ed è la dimostrazione  di come  l’impegno congiunto di imprese, la joint venture Salini-Impregilo e Fincantieri, e istituzioni, il sindaco di Genova e commissario Marco Bucci e il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, riesca ad avere la meglio su ostacoli e intoppi posizionati come mine lungo il percorso accidentato che separa la progettazione di un’opera pubblica dalla sua realizzazione. Una via crucis a tappe, intervallate dai cosiddetti tempi di attraversamento o interfasi per le attività accessorie di natura amministrativa, un peso rilevante in confronto ai tempi richiesti per la progettazione, 40 per cento, a quelli per l’esecuzione dei lavori e per la messa in funzionalità. Il Ponte di Genova è il risultato straordinario, ottenuto “in tempi brevi  ma non in fretta”, per usare le parole di Renzo Piano, di una elevata competenza tecnica e di norme eccezionali, un modello da mettere in pratica anche  nel resto del Paese. E’ possibile? “Basta che la competenza vinca sull’incompetenza” ha risposto l’architetto. Non sta scritto da nessuna parte, infatti, che l’immagine del nostro Paese nel mondo siano i viadotti che crollano, le scale mobili che si accartocciano e le frese interrate a Roma, sotto Piazza Venezia, dove la Metro C è inesorabilmente ferma da mesi.

422778
© Riproduzione riservata

I commenti pubblicati dai lettori su www.radiortm.it riflettono esclusivamente le opinioni dei singoli autori e non rappresentano in alcun modo la posizione della redazione. La redazione di radiortm.it non si assume alcuna responsabilità per il contenuto dei commenti e fornirà, eventualmente, ogni dato in suo possesso all’autorità giudiziaria che ne farà ufficialmente richiesta.

2 commenti su “Io…speriamo che ce la faccio…l’opinione di Rita Faletti”

  1. Gentilissima Rita Faletti, lei crede veramente che si possa esportare il modello “Genova” su tutte le opere pubbliche che saranno effettuate d’ora in avanti? Sostengo esattamente l’opposto, per ovvie ragioni che esplicito di seguito.
    Genova ha gli occhi puntati addosso dal mondo intero e non credo proprio che con tutti gli sguardi di politici, istituzioni, imprenditori, sorveglianti e via discorrendo, si possa sgarrare di un centimetro o di un euro. E’ palese che il caso rappresenta un’eccezione che non potrà ripetersi se non per eventi futuri su cui i media e non solo avranno evidenziato un’eventuale eccezionalità. Il resto delle opere pubbliche, se si faranno, subiranno lo stesso iter standard: ruberie, prodotti scadenti, tangenti ecc. ecc. Per evitare ciò che precede si dovrebbero creare delle task force permanenti che seguano il tutto dalla progettazione alla realizzazione ed al collaudo. Ciò nonostante credo che le voraci fauci di chi ha interesse a lucrare sul nostro futuro, troverebbe il modo di perforare l’ipotetica membrana protettiva citata sopra. La mia tesi scaturisce dalla convinzione della “fallibilità dell’uomo” e per fare un esempio aggiornato ai giorni nostri, cito il caso della Pivetti, ex terza carica dello stato che ha cercato di speculare sulla salute degli italiani, naturalmente col beneficio del dubbio in considerazione dell’inchiesta ancora in corso (innocenti fino a prova contraria). Di recente ho riletto un libro di Pino Arlachi ” Gli uomini del disonore” nel quale si parla delle confessioni del pentito di mafia Antonino Calderone. Fra le altre cose interessanti Calderone spiega come la mafia e la delinquenza comune entra nel tessuto sociale sano per diventare essa stessa tessuto sociale. Così, senza che noi ce ne rendiamo conto, parlando con un avvocato, imprenditore, professionista (cito il libro), stiamo possibilmente interloquendo con un mafioso che come sappiamo non ha più la coppola in testa e la doppietta a tracolla. Il cambiamento, se ci sarà cambiamento, sarà lungo e credo che le nostre generazioni non vedranno mai quel cambiamento radicale di cui noi tutti abbiamo necessità ed urgente bisogno.
    Leggo sempre con piacere le sue analisi e non sono sempre d’accordo ma colgo l’occasione per redarguire alcuni scalmanati commentatori che approfittano dello spazio gentilmente concessoci, per vomitare improperi ed insulti. La critica si argomenta, se si è capaci, altrimenti non si deve perdere l’occasione per rimanere zitti.

  2. @Massimo1955
    Se devo essere sincera, neanch’ io credo che il modello Genova sia replicabile, se non in casi eccezionali, in un Paese come l’Italia. Essendo però spesso tacciata di pessimismo, mi sono impegnata questa volta nel voler vedere il bicchiere mezzo pieno, certo senza eccedere e in totale disaccordo con il motto “andrà tutto bene”, un’autentica idiozia. 250 mila morti sono la conferma che tutto non è andato proprio così bene, a meno che non valga solo per coloro che l’hanno sfangata. Per tornare al nuovo Ponte di Genova e al suo commento che complessivamente condivido, mi fermo su un punto. “si dovrebbero creare task force permanenti che seguano tutto dalla progettazione alla realizzazione”. L’elemento permanenza mi lascia perplessa: un incarico non dovrebbe essere ricoperto dalla stessa persona oltre una certa quantità di tempo in quanto con la durata potrebbero aumentare i tentativi di corruzione sempre in agguato, benché, oltre alla competenza, la serietà della persona dovrebbe essere un requisito irrinunciabile e anche misurabile. Nel modello Genova va detto che la figura del commissario è stata centrale e decisiva: Marco Bucci è estraneo alla politica, insofferente alla burocrazia e capace, prerogative rare e necessarie quando si assumono rischi di scelte molto delicate. E, last but not least: quante volte Bucci è apparso in televisione? Forse due, che equivale a mai. E’ la prova che non deve cercare di dimostrare nulla. Lavora e basta. Le persone così sono le migliori. Sono peraltro sicura che un commissario “ordinario” non avrebbe conseguito il risultato del sindaco di Genova, semplicemente perché i funzionari dello stato non si assumono rischi e responsabilità, semmai le responsabilità le scaricano sulle spalle altrui. E c’è un altro elemento rilevante che ha permesso che il Ponte venisse realizzato in tempi record: il modello Genova è coerente con l’ordinamento europeo, di cui sono state rispettate norme e principi, tra cui l’esclusione di qualsiasi procedura nazionale, causa di rallentamenti e ostacolo agli investimenti pubblici. Quindi, basterebbe che ci uniformassimo all’ordinamento europeo, ecco, sarebbe il momento per farlo. Questo successo dimostra che all’Italia serve più Europa, non meno Europa. Cordiali saluti e grazie per la lancia spezzata…..

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Articoli correlati

RTM per il cittadino

Hai qualcosa da segnalare? Invia una segnalazione in maniera completamente anonima alla redazione di RTM

UTENTI IN LINEA
Torna in alto