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Scuola offesa, insegnanti oltraggiati e colpiti…l’opinione di Rita Faletti

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Alla scuola si chiede di svolgere funzioni che non le competono e si delegano responsabilità – che solitamente vanno di pari passo con le funzioni – che poco hanno a che fare con questa istituzione nata per formare istruire e educare. Finalità già sufficientemente impegnative in una società sfilacciata e frammentata che ha abolito il principio di autorità in nome di un falso egualitarismo tra esperti e non esperti, che autorizza a una rovinosa invasione di campo. Ognuno dice la sua in qualsiasi situazione e su qualunque argomento, indipendentemente dalle competenze possedute e da quelle che il tema in questione richiederebbe. La scuola è uno di quegli argomenti di cui non si parla perché non è ritenuto abbastanza appealing ma che surriscalda gli animi e fa gonfiare i muscoli quando l’amato pargolo prende un brutto voto o combina qualche guaio per cui viene giustamente rimproverato. Spintoni insulti e sediate diventano la giusta punizione dell’insegnante che ha osato umiliare la creatura, un asino strafottente, una teppa ingestibile ma da difendere contro ogni logica. Non sarà mica uno sfigato con uno stipendio da fame a turbare la tranquillità e la stabilità mentale del mammolo destinato a un futuro di successo? Ci penso io. E la scuola diventa un ring dove mamma e papà picchiano e il docente le prende. La settimana scorsa un padre prende a testate un insegnante in Sardegna, una madre schiaffeggia una prof per i voti negativi della figlia a Castellammare di Stabia, un padre aggredisce un dirigente scolastico a Taranto, una madre malmena un altro preside a Lucera, Foggia. Il selvaggio si risveglia dal letargo dopo anni di tentata civilizzazione e s’impossessa di adulti, genitori per caso, che ritengono legittimo farsi giustizia da sé, vendicare i presunti torti subiti da figli nei quali non riescono a vedere il riflesso della loro negligenza maleducazione e prepotenza. Se i voti sono negativi e il comportamento scorretto, è colpa del docente che diventa il capro espiatorio da sottoporre a processo, e se occorre, a una pena corporale. La famiglia e la scuola, le due istituzioni fondamentali di una società che dovrebbero collaborare per lo sviluppo della personalità del giovane, la crescita e la formazione del cittadino non dialogano più. I pedagogismi astratti e le sociologie inclusive dominanti hanno distrutto i ruoli indispensabili all’equilibrio nelle relazioni e il micidiale “uno vale uno” (grazie grillini) ha permesso che l’incompetenza sfidasse la competenza sul suo stesso piano e l’impreparazione la preparazione, concedendo diritto di parola all’ignoranza e al volgare populismo. Il frutto velenoso è la convinzione di essere tutti uguali, che porta al mancato riconoscimento e alla delegittimazione della competenza. L’aggressione violenta è il passo successivo. Appena fuori da un istituto professionale nella periferia di Varese, un diciassettenne ha accoltellato alla schiena una professoressa. Problemi psichici, è stato detto, andrà curato. La scuola, se dispone dei servizi medici adeguati può intervenire, ma non è in grado di far fronte a tutti i problemi del mondo. Ad Abbiategrasso, vicino a Varese, lo scorso anno si è verificato lo stesso episodio. Una docente è stata accoltellata in classe da uno studente che è stato espulso e bocciato. La famiglia, invece di riconoscere la gravità dell’atto, ha fatto ricorso. Il ministro Valditara ha annunciato misure forti in difesa del personale minacciato. Giusto. Ma le leggi sono insufficienti se la violenza nasce in un ambiente malsano, che trasmette e inculca disvalori, esalta la prepotenza e l’arroganza, nega il rispetto dell’altro. Risse, bullismo, furti, rapine, atti vandalici sono la naturale conseguenza della mancanza di una guida e di un punto di riferimento morale e educativo, che non può essere che la famiglia. Che quando non assolve al proprio compito coerentemente ai suoi doveri morali e civili, è la prima causa dello sbando di giovani che non riescono neanche a comprendere la gravità di atti feroci, spesso senza senso, e provare pentimento perché nessuno ha insegnato loro la distinzione tra il bene e il male. Abbiamo creato una generazione di irresponsabili che sfogano la loro rabbia contro il primo adulto non compiacente a portata di serramanico, il professore, vittima innocente di studenti in cui il processo di crescita e sviluppo non è mai avvenuto. Altri paesi europei non sono immuni da questo fenomeno, più frequente in Francia dove l’islam radicalizzato contribuisce a fare vittime tra gli insegnanti, ma questo, che da noi non è ancora avvenuto, deve comunque costringerci a riflettere su una situazione di emergenza che va affrontata con tempestività e con il coinvolgimento della politica che è in grossa parte causa di questa degenerazione avendo ridotto la scuola a sussidio di disoccupazione sottopagato e precario, privandola così della sua dignità. E questo viene percepito facilmente.

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