Fascismo e antifascismo: incapacità italiana a contestualizzare…l’opinione di Rita Faletti

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Elly Schlein su Vogue Italia in trench grigiolino: spunta un pantalone mauve, una delle gradazioni smunte del suo colore preferito, tra indefinitezza e rinuncia. Via l’eskimo, roba di altri tempi, chi veste la segretaria la definisce donna inverno. Armocromia: personalità e colori in armonia. Un’immagine volutamente sobria, come dire “non mi curo dell’abito”, ma irrimediabilmente mesta che invita a guardare altrove, in più sensi, per rincuorarsi. Eppure, del vero c’è in quell’indeterminatezza cromatica. E’ il riflesso di quel “ni” che ha finora caratterizzato le scelte-non scelte della giovane donna che avrebbe dovuto rinnovare rianimare e rinvigorire il Pd. Dopo una ragionevole quantità di tempo che impone l’astensione dal giudizio, l’impressione è che Elly non si sia sentita arrivare, come lei stessa ha detto, e che pochi, dopo il suo arrivo, si siano accorti che è lì, a capo di un partito che scivola verso l’acromaticità. Le dichiarazioni antifasciste e il fazzoletto rosso al collo il 25 aprile, sono le tracce persistenti di un antifascismo di maniera, che sopravvive nelle pose e nelle frasi roboanti di coloro che il fascismo lo conoscono solo per sentito dire ma non sono in grado di contestualizzarlo. Manca la consapevolezza del suo significato profondo, la negazione della libertà di parola e fin di pensiero, l’intolleranza feroce nei confronti di chi non è schierato con te. L’antifascismo non è confinato in un tempo e in un luogo specifici, può manifestarsi ovunque e in qualunque tempo. Sono anti fascisti i pacifisti che vorrebbero la resa dell’Ucraina al fascismo di Putin? Il loro antifascismo è collusione con il fascismo di Mosca e non solo. Nell’era in cui sono le mode a prevalere, le/gli influencer e i selfie corredati dai numerosi “grazie” rivolti da Schlein dopo una foto con un* ammirator*, sono la pretesa di immortalare la virtù contro la nera macchia “indelebile”, sono la triste prova della confusione mentale e dell’ipocrita convenienza di chi lotta per la sopravvivenza del fascismo funzionale alla sopravvivenza dell’antifascismo da sbandierare una volta l’anno. Dov’è il vero antifascismo?  Mattarella è stato chiaro: resistenza sempre, che allude anche alla resistenza ucraina. Come fa un sedicente antifascista ad essere pacifista se il pacifismo, nel caso dell’aggressione russa, non può essere che resa dell’aggredito? E’ qui che casca l’asino antifascista e un po’ anche quello leghista e forzista, fino a ieri putiniano, oggi pro-Ucraina, ma domani? Il Partito democratico fa quello che può, con i mezzi e i personaggi di cui dispone, in un crescendo di massimalismo d’antan cui fanno da contrappeso le defezioni, prima avvisaglia dello scontento riformatore che si allargherà. E mentre il nostro sguardo torna, perplesso, sulla donna d’inverno, il pensiero corre all’inverno del nostro scontento, fugato dall’estate multicolore di Meloni. Giovedì, al numero 10 di Downing Street, a Londra, ospite di Rishi Sunak, il sempre sorridente premier britannico, Giorgia Meloni, in un perfetto completo blu polvere che dà risalto al biondo dei capelli, parla di immigrazione, sostegno all’Ucraina e finanza, temi sui quali è in totale sintonia con l’omologo britannico. Segue l’incontro con imprese e banche, nel Paese della Borsa più antica e importante in Europa, e con la stampa, in genere poco indulgente, che ha definito Giorgia Meloni “brava nella gestione economica” capace e accorta. Mentre la premier italiana riscuoteva complimenti sul suolo britannico, in patria la sua maggioranza andava sotto in Parlamento sul Def per mancanza di numeri. “Un brutto scivolone” il commento della premier, “Questi deputati non sanno o non si rendono conto” ha detto sconsolato Giorgetti. Viene spontaneo osservare che se il fascismo ha avuto un merito, quello è stato nel fare arrivare i treni in orario. Meloni rispolveri la giusta intransigenza nei confronti dei vizi italici e contemporaneamente non tema di dichiarare di essere antifascista. Una pura formalità per chi crede un po’ sì un po’ no alle parole, una sottolineatura, per lei che così fieramente sostiene l’Ucraina, dell’ipocrisia degli indignados brubru de sinistra sinistra e di quel quantum di populismo qualunquista che condanna il fascismo di ieri eppur civetta con quello di oggi. Togliete al fascismo il cattolicesimo e sostituitelo con la chiesa ortodossa e vedrete il fascismo del regime autoritario di Putin, spiegato dalle bombe e dai missili che cadono su uno Stato libero e dalle minacce nucleari di Medvedev. Più chiaro di così!

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