Chi va dicendo che il dialogo con Putin va tenuto in piedi ad ogni costo, non conosce la distinzione tra dialogo e monologo: il primo è uno scambio verbale tra due persone nel doppio ruolo di ascoltatore e locutore, il secondo è un monologo. L’esatta rappresentazione di quanto avvenuto lo scorso 26 aprile a Mosca tra il carnefice seriale e il segretario generale delle Nazioni Unite, seduti alle due estremità del tavolone di marmo verde, solido testimone della distanza non solo fisica tra il questuante (cosa si può fare per il cessate il fuoco?) e il grande manipolatore. Chi avesse osservato la scena avrebbe notato come, ad un certo punto, i due parlassero in contemporanea. Guterres continuando a chiedere un accordo, Putin ribadendo che “la speciale operazione militare” lanciata contro Kyiv è stata necessaria “per evitare il genocidio” della popolazione filorussa in Ucraina. Un fruttuoso scambio di vedute conclusosi con un nulla di fatto, facilmente prevedibile, che con inappuntabile fedeltà alla propria missione di bugiardo, il ministro degli Esteri russo Lavrov ha così commentato: “I Paesi della Nato stanno facendo di tutto per impedire il negoziato”. Negoziato è la parola d’ordine che va per la maggiore a copertura del cinico “meno aiuti possibile all’Ucraina”, dagli estremisti che militano nell’Anpi di Pagliarulo e il 25 aprile hanno bruciato le bandiere americane e insultato la brigata ebraica, ignorando, dalle profondità della loro ignoranza, che gli ebrei sono stati le vittime principali del nazismo, ai leghisti putiniani e pseudopacifisti dell’ultima ora, a Conte che tenta l’arrembaggio del Governo con il trucchetto della distinzione tra armi difensive e armi offensive. Persino la piagnucolante Fornero invoca i negoziati, ma “con durezza”. Di parere opposto Gran Bretagna e Stati Uniti, consapevoli che quando si ha a che fare con un dittatore, la risposta al linguaggio della forza è la forza. I bombardamenti indiscriminati, il massacro di Bucha, le bombe anti bunker sulle acciaierie Azofstal sigillate dalle forze russe perché il Cremlino ha deciso che là dentro “devono morire come moscerini”, le fosse comuni con migliaia di cadaveri che richiamano alla memoria Katyn, le deportazioni in Russia perfino di bambini, gli stupri e le violenze sono il volto di una ferocia volta ad annientare un popolo di cui Putin non riconosce la dignità perché non ne riconosce l’identità. Nella testa del fanatico zar, l’Ucraina è il sud-ovest della Russia, non esiste se non sulla carta geografica. E’ la convinzione da cui origina il progetto di deucrainizzare il Paese con l’obiettivo finale di eliminare un intero popolo fino all’ultimo ucraino esistente. L’ha capito Zelensky che non crede nella diplomazia, ma nelle sanzioni economiche e nelle armi pesanti. In Europa Scholz ha fatto cadere l’ultima riserva, Berlino invierà 1000 armi anticarro, 500 missili terra-aria Stinger, circa 2700 missili antiaerei Strela e numerosi carichi di munizioni. Ma la vera protagonista nel nuovo pacchetto di aiuti militari all’Ucraina sarà l’artiglieria pesante. E’ quello che hanno convenuto i rappresentanti degli oltre 40 Paesi, anche extra europei, che si sono dati appuntamento alla base Nato di Ramstein, in Germania. “Smuoveremo mari e monti” aveva detto il capo del Pentagono Austin accompagnato dal segretario di Stato Blinken, in occasione dell’incontro lampo svoltosi a Kyiv con Zelensky e lo stato maggiore ucraino. “Indebolire Putin è il nostro obiettivo, affinché l’aggressione ai danni di un Paese libero non si ripeta” ha detto il segretario della Difesa americano, aggiungendo che gli Stati Uniti continueranno a proteggere l’Ucraina anche dopo la fine del conflitto. “La pace si difende anche con le armi” ha detto Mattarella.
- 18 Settembre 2024 -