
“Disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall’aggressività. Non serve una comunicazione fragorosa, muscolare, ma piuttosto una comunicazione capace di ascolto, di raccogliere la voce dei deboli che non hanno voce”: sono queste le parole usate da Leone XIV rivolgendosi agli operatori dei mass media che hanno seguito gli eventi della morte di Francesco, il Conclave e la sua elezione, e da lui ricevuti nell’Aula Paolo VI.
Un intervento di grande respiro profetico non solo per i giornalisti, ma per l’intero mondo globale in tutte le sue articolazioni politiche, sociali, culturali, professionali, sindacali, associazionistiche, giornalistiche, della comunicazione e della giustizia etc…, e che sembra essersi trasformato in un ring con proprie tifoserie. E fra i tifosi si vanno sempre più affermando varie categorie di personaggi che spesso armano le parole: il “polemista”, il “moralizzatore”, il “disfattista”.
Nel discorso del Papa c’è un chiaro riferimento all’’etica dell’informazione e la evidenziazione di come le parole sono spesso fonte di guerra, di polemica costante, sì da contribuire a incrinare i rapporti. Oggi sono in diversi ad affermare che “la polemica è il sale della democrazia”. Ma è davvero così? Tutto sta a vedere cosa ognuno intende per polemica.
L’etimologia del termine polemica, che deriva dal greco “πολεμικός” e significa “attinente alla guerra”, designa una sorta di guerra, per lo più verbale, condotta contro un avversario detto bersaglio della polemica. Oggi il polemista non è più quella persona dotata di “dialettica”, che cerca di difendere con argomenti le proprie idee, che è ispirato dal bisogno di far trionfare la giustizia e la verità. In questo senso, un uomo di dialettica era, ad esempio, il vescovo di Ippona Agostino, il quale difendeva le sue idee con forza, con chiarezza e con abilità. Egli era un dialettico consumato, scopriva i cavilli dell’avversario costringendolo a difendersi con l’arma inesorabile del dilemma.
S. Agostino a coloro che, a corto di argomenti, replicavano a vuoto, ricordava che non c’è peggiore condizione di colui che non sa né parlare né tacere.
Oggi, invece, anziché disarmare le parole si assiste ad un riamo delle parole, di cui fa uso, in particolare, il polemista di professione, il quale, specie nei campi dell’informazione, del sociale e del politico, attizza strumentalmente il fuoco, scontri che hanno i toni e i contorni del giudizio livoroso, dell’astio, dell’insulto, della diffamazione vergognosa, della delegittimazione e dell’abbattimento del proprio nemico. Altro che sale della democrazia!
Il polemista contemporaneo, chiaramente ci riferiamo a uomini e donne, si lamenta e basta, lancia accuse a destra e manca, al di là degli argomenti. A volte al lamento sostituisce l’ironia e la satira maldestra con una pesantezza da piombo. E’ sempre caustico, si trattasse anche della ricetta della torta di mele, di una piccola distrazione o delle previsioni del tempo. Oggi ovunque si trovano persone che hanno il “gusto della polemica”: al polemista non interessa che un problema si risolva, ma che egli possa apparire ed essere visibile grazie alla polemica. Egli fonda la sua azione sul sospetto e tramite esso prende di mira il suo bersaglio attaccandolo sul piano personale, ricorrendo, se necessario per le sue finalità, alla calunnia e alla costruzione di indizi delegittimanti.
Il polemista, insomma, agisce diversamente dalla persona che cerca la verità e la giustizia: quest’ultima, al contrario, è attenta, vigilante, cauta, giudica e verifica tutto con ponderazione, equilibrio e attenzione e sulla base di documenti, senza sospettare, per principio, di tutto e di tutti. La sua azione ha una finalità critico-costruttiva, mentre quella dei professionisti della polemica è finalizzata a mettere in cattiva luce l’operato dell’altro anche se positivo, e ad instaurare rapporti sociali logoranti e in continua tensione guerrafondaia.
Cresce così una società che non ha fiducia nelle Istituzioni, nella politica, nella scuola, nella sanità, nella magistratura, nella stampa, anche nella Chiesa, mentre lo scontro tra i poteri della Repubblica comincia a diventare una cancrena pericolosa.
Certo è che si prova disagio di fronte a un vivere quotidiano divenuto una “riserva di caccia”, un pantano melmoso, un’arena dove necessariamente bisogna fare a pugni per “abbattere” qualcuno, un villaggio di guelfi e ghibellini, rossi e neri, buoni e cattivi. Spesso si ha l’impressione di vivere in stato di guerra: ai fucili sono subentrate le violenze verbali, psicologiche, giornalistiche, cinematografiche e mass mediali, le urla della piazza che grida vendetta, le parole sono diventate proiettili di cui si vive e si muore. E infatti:
Le parole feriscono e leniscono,
violentano e salvano, amano e odiano
fanno sognare e deprimono,
soffrono e gioiscono, discriminano e includono,
creano amici e nemici, stanno con te e ti voltano le spalle,
fingono e svirgolano, dicono il vero e il falso,
tacciono e denunciano, nascondono e svelano,
chiudono e aprono, simulano e agiscono ,
piangono e ridono, sovrabbondano e mancano,
promettono e tradiscono.
Le parole hanno paura e coraggio,
limiti e presunzione, arroganza e umiltà,
irruenza e dolcezza, minacciano e uccidono,
innalzano e abbassano, strumentalizzano e informano,
offendono e chiedono scusa, uniscono e dividono,
lottano e s’arrendono, condannano e assolvono,
giustamente e ingiustamente.
Le parole sono profonde e superficiali,
efficaci e banali, argute e sciocche,
sapienti e ignoranti, conservatrici e progressiste,
umane e disumane, miopi e lungimiranti,
eleganti e rozze, sanno di pancia e di cervello,
sono sagge e impulsive,
estroverse e timide, modeste e presuntuose,
maliziose e sincere, elitarie e popolari,
moderate e radicali, scioccanti e rivoluzionarie,
astruse e comprensibili, relazionali e autoreferenziali,
ascoltano e non odono, s’indignano e si commuovono.
Le parole esultano, sono fredde e calde,
chiare e oscure, solari e tenebrose,
velenose e concilianti,
raccapriccianti ed entusiasmanti,
rilassanti e angoscianti, sensuali e ossessionate,
pudiche e sconce, diplomatiche e retoriche
ipocrite e convenzionali, senz’anima e di cuore.
Le parole parlano senza parlare, non parlano parlando,
insabbiano e strumentalizzano, costruiscono e distruggono,
si fidano e dubitano, scavalcano e rispettano,
stanno a loro posto e parlano a sproposito
cercano il potere , l’interesse e il tornaconto,
si mutano in gesti fino a quelli estremi,
ci rendono felici ed infelici.
Quante parole ogni giorno in TV, al bar, in piazza, sui social,
nei posti di lavoro, in politica, nelle istituzioni, nelle famiglie,
nella chiesa, nelle associazioni, nei libri, nei giornali,
nelle canzoni, nei film. Un fiume travolgente di parole!
Viviamo di parole….
Quando siamo in pace e quando siamo in guerra …
Bisognerebbe separare
le parole di pace da quelle di guerra… Impossibile!
Bisognerebbe usare parole di vita vera
perché di parole si può vivere e morire.
Non disarmare le parole, come suggerisce Leone XIV, significa non favorire la vera democrazia; il riarmo delle parole acuisce la solitudine, germina l’ipocrisia sociale, porta all’immobilismo, determina un decadimento culturale, un imbarbarimento sociale, una destabilizzazione mentale delle nuove generazioni e un impoverimento etico che fa paura. Il mondo politico, sicuramente, è il primo responsabile di un uso delle parole caratterizzato da scontro, da guerre, da insulti, da insinuazioni e da linguaggi davvero distanti da una dialettica accettabile e naturale.
Se uomini e donne, nei campi in cui operano, fanno dell’uso bellico delle parole il loro pane quotidiano creando sospetti su tutto e su tutti, attizzando scontri, tensioni e conflitti solo per il “gusto della polemica” e senza seri argomenti, è chiaro che sono veri protagonisti di un disfacimento del vivere civile. Al contrario, uomini e donne che disarmano le parole e vigilano con perseveranza e fermezza perché la verità, la giustizia e la trasparenza dell’agire individuale e collettivo trionfino, rappresentano un bene capace di creare le condizioni per un rapporto, anche se minimo, di fiducia, senza il quale nessuna buona relazione tra le persone, i popoli, le istituzioni e tra i paesi della comunità mondiale potrà essere possibile.
12 commenti su ““Disarmare le parole”: il grande richiamo di Leone XIV…di Domenico Pisana”
Condivido in pieno l’articolo saggio e lucido dell’amico Domenico come ho condiviso con gioia i primi illuminati interventi di Papa Leone XIV,che penso riuscirà ad unificare la Chiesa e il mondo da questi tentativi di disgregazione che stiamo vivendo.
Nella sostanza le parole andrebbero misurate prima di essere pronunciate.
Esattamente il contrario dei nostri politici e giornalisti vari. Questa non è polemica, è un dato di fatto!
Su Leone XIV molti hanno detto la sua, alcuni addirittura hanno capito tutto persino da come si muove, altri già dal nome scelto, dal paese di provenienza e l’essere agostiniano hanno tracciato il sentiero di Papa Leone. Io preferisco dargli del tempo e vedere il suo vero volto.
La rappresentazione del Prof. Pisana sulla polemica mi ha fatto pensare ad un’altra versione del polemico che poi rappresenta il proprio essere:
“L’uomo si identifica con il ruolo che è costretto a vivere: padre, figlio, padrone, operaio, dirigente, impiegato, intellettuale, guru, furbo, tonto, forte, debole, ecc.
Per ognuno di questi ruoli esistono comportamenti sociali, abbigliamenti, modi di pensare e di esprimersi cui ciascuno si adegua inconsapevolmente. E quindi non siamo mai individui autentici, ma veri e propri imitatori: imitiamo modelli e stereotipi prodotti dalla società in cui viviamo.
Persino nei comportamenti più intimi recitiamo in realtà dei ruoli precostituiti.
L’inquinamento della nostra mente è troppo esteso. Bisogna imparare a dire la verità, bisogna essere diventati capaci di conoscere che cos’è la verità e che cos’è la menzogna, soprattutto in se stessi”.
Georges Ivanovic Gurdjieff
…. È da poco nato e già lo chiamano Fortunato…. Entusiasma la prontezza intellettiva con cui si traccia il percorso papale di Leone XIV. Tutti che si sono dati certezza del suo operato,delle Sue teorie, delle Sue filosofie. Tutti che. magari prima, approvavano Papa Francesco e ora lo scaricano per sposare nuove essenze di religiosità…… uno stato di menzogna verso sé stessi, che priva di dignità che è la vera essenza dell’essere uomini.
Il fatto è che, spesso, chi pensa di essere sveglio ed ostenta sapienza e certezze, chi fa citazioni colpe e forbite, spesso è addormentato ma non lo sa, vive nel giudizio e ritiene di essere nel giusto più degli altri che lui pensa essere addormentati.
Gurdjieff, ci ha messo in guardia da questi gravi errori, eppure c’è chi si gonfia e pensa di sapere più degli altri, pretende di andare oltre la scienza e vive nelle sue certezze, giudicante fino al midollo, riuscendo a trascendere la realtà, arrivando a scambiare nelle proprie certezze fra chi è l’aggressore e chi l’aggredito, addirittura arrivando al paradosso di un mondo al contrario.
Lassa stari ca nun sì cosa…
A tal proposito basta leggere la bibbia , sia il vecchio che il nuovo testamento , sull ‘esigenza di tenere a freno la lingua e non parlare a sproposito e essere invece sobri e essenziali . Gesù invita a parlare con un si si o no no , perché di ogni parola infondata dovremo rendere conto . La lingua è come una spada e può ferire .Ognuno , anche i commentatori nei blog e nei social , non solo i giornalisti, i blogger o gli scrittori e i poeti, dovremmo essere come degli ispettori privati , degli umili cercatori della verità , mai troppo schematici , ma aperti ai chiaroscuri non solo al grigio, ma anche alle innumerevoli sfumature della realtà , non dico il nero o il bianco. Certo non guasterebbe essere più comprensivi con gli indottrinati del mainstream, ma è difficile, per non parlare degli indottrinatori , che presentano Netanayo come un uomo di grande umanità e Zelensky un grande statista , difendendo senza pudore le loro politiche, presentando con grandi abilità dialettiche il nero bianco e il bianco nero . E anche una questione di coscienza e di lealtà e umiltà sappiamo tutti che non abbiamo la verità , la verità è una conquista continua, la verità dei fatti , il discorso è in parte diverso per la verità di fede . Ci sono grandi sapientoni in mezzo , che non hanno esitato in passato e non esitano a deificare Machiavelli e i suoi cultori , colorando a volte le proprie posizioni e idee di partigianeria . Vorrei approfittare per mettere in chiaro la mia attuale verità per essere contraddetto e smentito : spero che questo papà rimedi alle posizioni di Bergoglio sull ‘inferno , la natura divina di Gesù, sul matrimonio , sulla benedizioni alle coppie gay , sulle religioni ecc , la chiesa non deve adattare le scritture e la tradizione ai tempi , queste restano immutabili , ma deve adattare l ‘annuncio, ossia i tempi e i modi , la verità di fede non deve essere cambiata , il celibato, ad esempio è stato istituito da Gesù e gli fa eco San Paolo , la confessione deve essere accompagnata da pentimento, e i papi eletti da cardinali di nomina papale , un papa non può diventare tale se non in seguito a rinuncia al munus petrino, i venticinque cardinali di nomina waitiliana e razingeriana , sicuramente hanno votato a papa Leone .
Ho sbagliato : un papa può essere eletto solo se il predecessore rinuncia al munus petrino …
@Orazio
Papa Ratzinger infatti non rinunciò al “munus petrino”, cioè al ruolo e alla responsabilità del Papa come successore di Pietro e capo della Chiesa, ma all’esercizio attivo di quel ruolo.
Sei il solito ignorante caro ispettore!!! Se fosse vero quello che affermi sarebbe stato necessario un terzo dei voti di quei 25 . È difficile, ma molto difficile saperlo .Ora che farai ? Avvierai una delle tue stupide investigazioni? Interrogherai i 25 cardinali per sapere per chi hanno votato? Figuriamoci !!!! Anche le investigazioni su i preti pedofili spesso vengono insabbiate , vedi tu se ti diranno ciò che deve restare segreto. Ma cerca tra le confessioni religiose quella vera !!! Va’ ! Svegliati!!!! E guarda la vera verità!!!!
E comunque, se il Papa nomina il cardinale Pizzaballa come segratario dello Stato Pontificio si vedrà chiaro il Magistero che vorrà intraprendere Leone IV. Pizzaballa è uno dei pochissimi a denunciare il massacro di cristiani in Palestina. Vedremo…..
Cara Milone , grazie per criticarmi , correggermi e marcarmi stretto , ma non mi dissuadera’ . La considero una persona stimolante, a fare sempre meglio. Del resto mi considero fortunato , per essere una persona umile e semplice , non devo adattare costantemente il mio ruolo e la mia maschera per non scontentare la gente , ammiratrice di fama e cercatrice di fama . E già, fama , potere e ricchezza, non ci porteremo niente , solo la crescita umana e spirituale conta . Pertanto vorrei tantissimo che questo papa resti umile , spontaneo e autentico e non faccia nulla per piacere e non si faccia avviluppare dalle spire della fama , che la grande importanza del ruolo potrebbe attirare. Non vorrei essere a suo posto , né di tutte le persone che per un motivo e un altro hanno avuto successo e riconoscimento e sono ostacolati da ciò che tutti si aspettano e spesso non possono essere se stessi, anche volendo devono recitare una parte . Come già detto in altri commenti idolatrare gli uomini di fama , aiuta a rimuovere la realtà della fine e la prospettiva immanentista.
Non c’è di che ! Impari a scrivere piuttosto….” aiuta a rimuovere la realtà della fine e a consolidare la prospettiva immanentista ” come ha scritto lei è una contraddizione!
@per Orazio ispettore privato: la seguo con attenzione da tempo , sono passato per caso con lo scooterone dalla via che ha ispezionato palmo a palmo , ho visto una strana scena: una yaris occludere
l ‘uscita della porta 🚪 di una piccola casetta e in un altra casetta strani interventi con tubi o altri fili vicino fili enel , spero che le possa interessare!!! Lasci stare la storia del papa e dell ‘antipapa , sembrano trovate per vendere stampa “complottista” . Torni alla sua vocazione ispettiva “bypassando ” chi per dovere dovrebbe ma non le crede. Buona fortuna e 👁 occhio, attenzione ⚠️ se glielo fanno nero un’altra volta , anche se per lei sarà una medaglia 🏅.