
Secondo sedicenti esperti, la controffensiva di Kyiv procederebbe troppo lentamente rispetto alle aspettative. A influenzare lo scetticismo che ha avvolto fino a una settimana fa l’avanzata ucraina, ha contribuito la propaganda del Cremlino e in parte una specie di riflusso della convinzione, espressa all’inizio della guerra di aggressione, dell’impossibilità dell’esercito di Kyiv di resistere alla forza preponderante dell’armata russa. Prima del 24 febbraio anche Putin ne era convinto. Aveva preferito credere all’intelligence piuttosto che ad Anna Politkovskaja che aveva scritto che l’esercito russo era un colabrodo. Alla prova dei fatti, lo zar si è visto costretto a darle ragione quando ormai la scrittrice è sotto terra da anni avendola fatta ammazzare nell’ascensore di casa sua. Peggiore dello scetticismo è il tifo. Nel mondo trasversale degli equidistanzisti, dei pacifisti, dei populisti e dei complottisti si prega perché Papa Francesco interceda presso l’Altissimo affinché Mosca vinca. In attesa del miracolo, protestano contro l’invio di armi a Kyiv che sottrarrebbe soldi alle “fasce più deboli” del paese. Quindi, se la controffensiva rallenta, tanto meglio, l’asticella degli aiuti si posizionerà verso il basso. E’ il solito cinismo di politici che mettono al primo posto miserevoli calcoli elettorali, con il sostegno del Fatto di Travaglio, un concentrato di sprezzo per l’etica e l’estetica, diviso tra l’ammirazione per la Russia e l’avversione per l’Ucraina. Il tifo, se non è per la squadra del cuore ma per la sconfitta di un popolo aggredito barbaramente, è immorale, se poi aggiungi che non interessa tanto che siano gli ucraini a soccombere, potrebbero essere romeni albanesi bulgari o greci, ma che in quella sconfitta i tifosi vedrebbero la sconfitta di Stati Uniti, Europa e tutto l’Occidente con i suoi valori, ai loro occhi “falsi” e “illusori”, capisci fino in fondo la stupidità dell’odio: si troverebbero, i nostri tifosi, nella stessa situazione del marito che per punire la moglie bisbetica si taglia gli attributi. Se poi la questione dello stop all’invio di armi non è sufficiente a convincere chi la pensa in maniera opposta, si accusa l’Ucraina di corruzione endemica, inaffidabilità del sistema giudiziario e metodi mafiosi. Critica che mossa dagli italiani ha lo stesso valore di una boutade. Oltreoceano, i trumpiani di ferro se la cavano benone nel chiarirci il significato del ridicolo: puntano il dito contro Zelensky che “non fa abbastanza per combattere la corruzione”, mentre The Donald è sotto processo per quel reato, e accusano il presidente ucraino di non voler indire libere elezioni democratiche per mantenere il potere. The Donald ha tentato di sovvertire l’ordine democratico incitando, dietro le quinte, l’assalto a Capitol Hill. Fingono di non ricordare, i trumpiani, che l’Ucraina è il paese della rivoluzione arancione, dell’Euromaidan, delle piazze spontanee dove i giovani sfidavano i cecchini filorussi, come oggi, dopo quasi 19 mesi di aggressione vergognosa, continuano a combattere contro gli invasori russi e morire per la democrazia. D’altronde è sempre stato cosi: si pretende onestà cristallina dagli altri quando l’immondizia prospera a casa propria. Chiudiamo la parentesi sul tifo spregevole, interno ed estero, per aggiornare i dati sulla controffensiva. L’Altissimo, che evidentemente è schierato dalla parte degli aggrediti e non ascolta le preghiere di Francesco, il quale ha detto, in evidente contraddizione, di voler seguire il messaggio di Cristo e che le forniture di armi a Kyiv sono sbagliate, ha mandato un segnale. Negli ultimi giorni i soldati ucraini sono avanzati di 90 chilometri verso est. I corpi speciali dell’esercito hanno bombardato il quartiere generale delle forze navali di Mosca a Sebastopoli. Un duro colpo inferto al nemico dagli Storm Shadow di Kyiv. Tra le vittime, 34, ci sono gli alti ufficiali della flotta russa e l’Sbu afferma che anche Alexander Romanchuk, il generale a capo delle operazioni sul fronte di Zaporizhzhia e Oleg Tsekov, comandante delle forze di terra della Russia artica, sarebbero morti. Se la notizia fosse confermata, il silenzio di Mosca lo fa pensare, le forze armate russe si troverebbero prive di vertice in una zona cruciale per la stabilizzazione del fronte. Gli ucraini stanno attaccando con successo le posizioni fortificate degli invasori nel sud-est e nell’intera area di Bakhmut e hanno sfondato la prima linea di difesa russa Surovikin, operazione complessa e rischiosa in un territorio cosparso di mine, un metro di distanza l’una dall’altra, trincee e fossati anticarro. Sui canali Telegram due famosi blogger militari russi hanno pubblicato le foto dei soldati ucraini nei villaggi appena passati di mano, chiedendo al Cremlino di smettere di negare l’evidenza. Sul fronte del sostegno a Kyiv, Stati Uniti, Unione europea, Regno Unito e Canada confermano la loro fiducia a Zelensky al quale non faranno mancare le armi necessarie. Olaf Scholz, nell’incontro a Berlino con la comunità di Sant’Egidio, ha detto: “La pace senza libertà e giustizia si chiama oppressione” ribadendo il concetto espresso dalla conferenza episcopale tedesca subito dopo l’inizio dell’aggressione russa: “Resistere all’aggressione e conquistare la pace” significativamente in quest’ordine. Che significa: la guerra per la pace.