
E’ straordinario come i cronachisti ecclesiali e una buona parte di giornalisti, dopo la morte del papa Emerito, abbiano abbracciato la pratica dell’encomio, contraddicendo se stessi e ignorando le contestazioni e le critiche che avevano mosso a Benedetto durante il suo pontificato. E’ consuetudine, quando un personaggio noto passa a miglior vita, celebrarne meriti inesistenti. Un segno di misericordia, pelosa, ma comprensibile. Il fatto è che Ratzinger di meriti ne aveva molti, forse incompresi, indubbiamente scomodi per quella parte di clero e di politici asserviti al progressismo senza se e senza ma, che desideravano trasformare la Chiesa in notaio del cambiamento. Il fine intellettuale, il filosofo, l’uomo dalla cultura immensa era e rimane, anche ora che non è più, un ingombro nel percorso verso le magnifiche sorti della modernità, il punto di riferimento di chi crede nella Chiesa di Gesù, nella fede che la ragione comprova e consolida, nella religione della salvezza e della libertà, valori intrinsechi alla cultura e alla storia europee. L’operazione di maquillage decisa dagli ex-detrattori di Benedetto, di lodarne cioè le virtù fingendo di non aver dato il “La” o alzato il livello degli attacchi e delle accuse ingiuste, ha coinciso con la necessità di allontanare il rischio dell’inevitabile confronto con Bergoglio e la conseguente altrettanto inevitabile conferma della distanza siderale tra i due papi, oggi negata o enfatizzata, secondo le tifoserie, che con il tempo emergerà con il riconoscimento dell’importante eredità lasciata da Ratzinger. Il quale, i soliti critici tramutatisi in estimatori, hanno elevato a icona della rivoluzione per essersi dimesso, preparando così la strada alla riforma bergogliana, quasi Benedetto avesse voluto mettersi da parte per consentire, a chi gli fosse succeduto, di modernizzare la Chiesa. In realtà, Benedetto era convinto di non avere più la forza di fermarla, quella modernizzazione, nella quale vedeva il segno della decadenza e della futura irrilevanza della Chiesa di Roma nel mondo. Nei suoi discorsi e nei suoi scritti, Benedetto ha richiamato l’Europa alla difesa di sé, delle proprie radici, della cultura della libertà instillatale dal cristianesimo di cui auspicava la rinascita, intendendo, per rinascita, non la chiusura dell’Europa al mondo e alla sua naturale evoluzione, ma l’apertura al dialogo con la lucida consapevolezza, però, della propria identità, sbiadita nella volontà di uniformare e omologare, includere in un generico abbraccio, nel perseguimento banale del dialogo interreligioso, nella promozione della povertà evangelica in sostituzione del messaggio di fede. Curiosamente, quello che Ratzinger temeva, la fine dell’Europa, con sua sorpresa e nostra fortuna non si è avverata. L’aggressione russa dell’Ucraina ha dimostrato che il Vecchio continente non ha smarrito del tutto il valore della libertà e la forza morale e che nella storia di Cappuccetto rosso e del lupo cattivo, citata da Bergoglio perché non si commetta l’errore di attribuire tutta la responsabilità al lupo, l’Europa non ha avuto dubbi né ambiguità nel riconoscere alla Russia la responsabilità della guerra e prendere con decisione le parti di Cappuccetto rosso. Ma chi era, per molti, Benedetto? Cosa di quel papa dai modi eleganti, minuto e fragile nel fisico ma forte nella fede, ha conquistato l’uomo comune, che in mezzo a una folla numerosa di capi di stato, delegazioni straniere, porporati suore e tanti giovani ha atteso per ore che la cassa di cipresso contenente le spoglie dell’Emerito lasciasse la piazza per dare l’ultimo saluto al Vicario di Cristo? Forse, l’intuizione che quell’uomo che si è accomiatato dal mondo dicendo: “Signore, ti amo” ha incarnato, con vera umiltà nella grandezza, la missione che è propria di un Papa: la difesa strenua della fede, che è premessa e condizione della dignità dell’uomo.
3 commenti su “La fede al centro del pontificato di Benedetto XVI…l’opinione di Rita Faletti”
Appena sepolto il Papa Emerito, sta per scatenarsi il pandemonio..
Anche all”interno dello stato pontificio è lotta interna, sta per esplodere il “tutti contro tutti”.
La riapertura del caso Emanuela Orlandi, appare a dir poco sospetta sotto l’aspetto temporale..
Bah!!
Un colpo di scena potrebbe essere la dimissione, causa problemi fisici, di Papa Francesco..
Cosi temporeggiare e non fare emergere, quanto di putrido ci è stato celato da 40 anni..
Dott.ssa Faletti,
Lei parla dei cronisti ecclesiali come fossero in un mondo a sè. La stessa cura che hanno avuto per Ratzinger, con altrettanto cura santificano Bergoglio. Lei si fa meraviglia di questo ma altrettanto non si meraviglia di tutti gli altri cronisti e narratori vari che parlano di pandemie, virus, guerre e tanto altro. Come vede il modus operandi è sempre quello, cambiano gli attori, ma il copione è sempre quello.
Padre Georg, (l’ultimo portavoce di Ratzinger) ha intenzione di togliersi tutti i sassolini dalle scarpe fino a quando Bergoglio non lo spedirà come missionario in qualche isola sperduta nel pacifico. Il Pampero, intanto lo invita trasversalmente a starsene zitto quando fa nuove rivelazioni: “Francesco non ascoltò Ratzinger sulla propaganda gender”, Padre George Ganswein continua: “Benedetto scrisse a Francesco che occorreva una “resistenza forte e pubblica”. Trasversalmente Bergoglio risponde “Dio si incontra nell’umiltà e nel silenzio”, poi parlando ai fedeli durante l’Epifania si lascia andare parlando di falsi idoli, del fascino del potere o del prestigio, finanche del fascino delle false notizie. Che sia anche Lui un accanito sostenitore del giornalismo a senzo unico era risaputo, ma che non lo nasconde più è la conferma della sua devozione al globalismo satanico.
Per quanto riguarda la fine dell’Europa: Mi perdoni dott.ssa Faletti, ma al contrario di Lei, Ratzinger ha visto lungo, ha visto allora quello che oggi voi non volete vedere, l’Europa è agli sgoccioli, e tutto lo smalto e i valori di cui parla, non li vedo affatto. Proprio il conflitto in Ucraina, ne ha messo in evidenza tutta la debolezza, l’approssimazione e la superficialità di una Nazione che di fatto nazione non è. Solo un’accozzaglia di farabutti che hanno sottomesso 27 paesi facendogli vedere ma non toccare una moneta che di fatto non vale niente. Una moneta che non è garantita nè dall’oro, nè tantomeno da uno Stato Sovrano. In pratica qualunque stato domani non vorrà riconoscere l’euro come moneta lo può fare in quanto non ha le garanzie di uno Stato Sovrano.
Vabbè, abbiamo fatto un pò di chiacchericcio…….