Il pacifismo è un attentato alla democrazia…l’opinione di Rita Faletti

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Un diluvio di missili bombe e droni kamikaze (di fabbricazione iraniana) si è abbattuto ieri mattina su diverse città dell’Ucraina, senza risparmiare la capitale dove sono stati colpiti obiettivi vicini agli uffici della presidenza. Chiaro il messaggio di Mosca: nessun luogo è immune dai nostri attacchi. Vili, come tutti i precedenti, contro edifici civili e infrastrutture energetiche. La furia della belva ferita nella carne e nell’orgoglio, dopo le batoste subite sul campo e l’esplosione che ha danneggiato il ponte di Kerch, 19 chilometri che collegano la Russia alla Crimea, iniziato nel 2015 e inaugurato da Putin nel 2018, si è scatenata nuovamente sul paese costringendo gli abitanti a cercare scampo nelle metropolitane. Medvedev, particolarmente solerte quando si tratta di lanciare minacce a destra e manca, all’Occidente che sostiene Zelensky, agli Stati Uniti che inviano armi all’Ucraina, ha avvertito che gli attacchi sono un antipasto cui potrebbe seguire il piatto forte. La solita minaccia nucleare agitata all’inizio dell’invasione da un Putin baldanzoso, oggi ripetuta da un Putin sconfitto e dal suo entourage di gangster, con l’evidente intento di scardinare l’unità europea con lo strumento del terrore. Un bluff al quale una parte di nostri connazionali, i mestieranti del pacifismo, comoda dare credito. La Russia sa come creare panico e infiltrare i suoi membri  nei meccanismi elettorali e nelle istituzioni dei paesi stranieri per  condizionare i poteri politici, economici, culturali e mediatici. Qualche giorno addietro, Biden ha inopportunamente invitato alla prudenza, paventando l’Armageddon, perché: “Putin fa sul serio”. Ieri, dopo gli attacchi criminali, il presidente americano ha promesso a Zelensky sistemi di difesa aerei avanzati. Mark Rutte ha condannato l’azione terroristica, Charles Michel ha definito l’attacco un crimine contro l’umanità, Macron ha parlato di un profondo cambiamento della guerra, Draghi ha definito gli attacchi brutali e inaccettabili. Anche la Cina è intervenuta con Xi che ha esortato i due belligeranti a fermarsi, sposando la tesi dei due torti, come se non fosse l’Ucraina ad essere stata brutalmente aggredita. Che l’alleato di Mosca non prenda una posizione è comprensibile, lo è altrettanto se è il Papa a dire che non ci sono buoni e cattivi e nessuna guerra è giusta. L’antioccidentalismo di Bergoglio abbiamo imparato a conoscerlo in più di un’occasione: quando ha dichiarato che non se la sente di definire antidemocratica la Cina, sorvolando sulla questione spinosa dei diritti umani calpestati nello Xinjiang, quando è soft nei confronti del Nicaragua di Ortega, il cui governo ha cacciato il nunzio e addirittura le suore di Madre Teresa che neanche la Siria di Assad si sarebbe sognata di cacciare e nel caso della guerra di Putin quando ha addossato le responsabilità alla Nato. Comprensivo con i dittatori, tranchant con le democrazie. Uno strano Papa che conquista quelli che gridano al fascismo per qualunque stupidaggine e vedono ovunque la minaccia dell’imperialismo americano. Paturnie di un comunismo da zombie che riesce però a coagulare attorno a sé estremisti irriducibili, politici bolliti che confidano nell’ultima fiammata di un potere ormai estinto e di qualunquisti furbastri cui ogni cosa va bene purché porti consenso. Lo confermano dichiarazioni ballerine che vanno dalla soddisfazione per la riconquista dei territori da parte degli ucraini, alle critiche a Zelensky identificato come un guerrafondaio, alla necessità di fermare l’invio di armi con argomentazioni che brillano per incoerenza, alla richiesta di pace attraverso la diplomazia. Le obiezioni sono fin troppo facili: senza le armi occidentali, gli ucraini si sarebbero potuti difendere? E’ un guerrafondaio un presidente che incoraggia il suo popolo a resistere per non perdere la propria libertà? La diplomazia è forse stata esclusa durante questi lunghi mesi di guerra? Le telefonate e gli incontri tra Macron e Putin, i tentativi di mediazione di Israele, gli interventi di Erdogan, la telefonata di Draghi non fanno forse parte della diplomazia? I mestieranti del pacifismo ricordano la risposta data da Putin, sempre la stessa, ad ognuno? Ci si aggrappa miserevolmente a inesistenti responsabilità  dell’Occidente, della Nato e degli Stati Uniti per giustificare una guerra ignobile voluta da un paranoico narcisista, si manifesta per la pace a fini strumentali appropriandosi  ipocritamente di una parola in nome della quale Acli, Arci, M5s, Cgil, la sinistra del Pd, chiedono la resa dell’Ucraina, senza avere né il fegato né la schiettezza di chiederla senza infingimenti.  La verità è che ai manifestanti arcobaleno sfugge il fatto che la pace non basta evocarla o invocarla, serve la consapevolezza che senza giustizia non può esserci pace. La pace ha un volto solo: quello che chiede giustizia per un popolo aggredito, massacrato e scippato di parti del proprio territorio. Chi vorrebbe imporre a un popolo il sacrificio della propria libertà e del diritto legittimo a difendersi privandolo delle armi indispensabili per non soccombere,  rifiuta implicitamente di riconoscere le responsabilità del carnefice, meritando il disprezzo che si deve a chi tradisce i valori fondanti della democrazia e parteggia per il dittatore.

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