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Infermiere emigrato vuole tornare in Sicilia. Riceviamo

Tempo di lettura: 2 minuti

Sono un infermiere siciliano, della provincia di Ragusa che ormai da anni si trova “costretto” a lavorare al Nord Italia; uso il termine costrizione perché appena laureato la Sicilia mi ha offerto condizioni di lavoro basate sull’instabilità e sul precariato: in tutta la regione siciliana, considerando il blocco delle assunzioni e il piano di rientro dal debito, nessuna azienda sanitaria ha svolto un concorso e si è andati avanti sopperendo alle gravi carenze di personale con delle soluzioni tampone attraverso avvisi a tempo determinato per sostituzioni ed incarichi.
L’unica via per vedere ripagati tutti i sacrifici fatti per lo studio in maniera dignitosa e rispettabile è stato scegliere di emigrare al Nord Italia dove invece fioccavano bandi di concorso pubblico per infermiere; e così, superando ogni prova concorsuale prevista da uno di questi concorsi, ho ottenuto da subito un contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. In questi anni di enormi difficoltà e rinunce legate alla separazione dagli affetti e dalle persone care ma anche alle difficoltà economiche nell’affrontare una nuova vita nel Nord Italia, non c’è stata alcuna possibilità di riavvicinamento in Sicilia in quanto, per rimanere nei parametri del piano di rientro dal debito, vi era divieto di nuove assunzioni. Per questa ragione le aziende sanitarie siciliane non hanno mai bandito un avviso di mobilità per infermieri ma hanno garantito i LEA solo attraverso personale preso da avvisi temporanei e ad incarico. Proprio questo personale precario, il più delle volte selezionato da graduatorie il cui unico criterio di “merito” tra un candidato e l’altro era l’orario di invio della PEC, grazie al Decreto Madia è stato assunto in maniera definitiva dalle aziende sanitarie per cui svolgevano il lavoro di precariato; quindi sono diventati titolari di un contratto a tempo indeterminato!!! Cioè, si parla di colleghi che mai hanno affrontato delle prove concorsuali, mai hanno sostenuto una prova-colloquio e mai hanno neanche minimamente posto una crocetta su di un test di selezione…niente di tutto ciò; perché, ribadisco, tutti gli avvisi di selezione infermieri svolti in Sicilia nell’ultimo decennio hanno avuto come criterio di giudizio solo la comparazione dei titoli dei candidati, al massimo l’orario di invio della domanda di partecipazione all’avviso. Che beffa per chi come me ha partecipato, superato e vinto un concorso pubblico e

per fare ciò ha dovuto lasciare la propria regione: vedere colleghi essere stabilizzati lavorativamente nella propria terra senza mai sapere cosa significhi superare delle prove concorsuali è davvero insopportabile. Ma la legge è legge, e prima o poi la ruota gira…e così finalmente nel 2019 anche per noi infermieri ragusani sparsi per l’Italia ed in attesa della mobilità si è aperto lo spiraglio del riavvicinamento con la pubblicazione del bando di mobilità per infermieri da parte dell’ASP di Catania, a cui diverse aziende sanitarie del Bacino della Sicilia Orientale hanno partecipato richiedendo ciascuna il proprio numero di posti. Tra queste vi ha partecipato anche l’ASP di Ragusa mettendo a bando 97 posti. Quale migliore occasione quindi per rientrare finalmente in Sicilia; peccato che, sopravvenendo alla legge, sia stato previsto il colloquio che non era meramente conoscitivo ma si trattava di una vera e propria prova concorsuale con il relativo punteggio. Un’ulteriore beffa per chi come me, già in possesso di un contratto a tempo indeterminato frutto del superamento di prove concorsuali, si è trovato a sostenere un’altra prova rappresentata dal colloquio. Infatti l’art.30 del D.lgs 165/2001 che è la normativa riguardante la mobilità del personale tra Enti del SSN, stabilisce che tale procedura è diretta nei confronti di soggetti già in possesso di requisiti professionali e di carriera, verificati in esito ad un pubblico concorso, per cui i soggetti non dovrebbero essere sottoposti ad una seconda prova concorsuale ma la selezione (in caso di più domande rispetto ai posti messi a disposizione) andrebbe condotta sulla base del criterio della comparazione dei curricula e della valutazione dei titoli culturali, di formazione, scientifici e di esperienza. Nel caso della mobilità degli infermieri per il Bacino Sicilia Orientale era prevista l’assegnazione di un punteggio (massimo 5 punti); il colloquio svoltosi online per le restrizioni legate all’emergenza pandemica del Covid, si basava su di una domanda secca inerente l’attività professionale infermieristica: tempo della domanda/risposta all’incirca due minuti, non di più.
Questo mi ha penalizzato tantissimo perché nonostante abbia risposto correttamente a quanto mi era stato chiesto, per la prova-colloquio mi è stato assegnato un punteggio davvero basso che sommato a quello dei titoli (discreto per gli anni di servizio svolti)

mi ha portato a classificarmi tra le ultime posizioni della graduatoria, perché in una graduatoria con soli 274 candidati anche uno/due punti fanno la differenza.
Ma il motivo per cui scrivo la presente non è recriminare sul punteggio avuto alla prova colloquio, tanto è passato e non ne varrebbe la pena ritornarci sopra; perché primo non si può modificare (non è stato annullato il colloquio in sé pur essendo illegittimo figurarsi chiedere di revisionare il punteggio di un singolo candidato) e in secondo luogo la sua figura non sarebbe quella giusta da interpellare bensì occorrerebbe rivolgersi al tribunale.
Chiedo invece un suo intervento affinché si faccia portavoce della situazione degli infermieri che nonostante sono nella suddetta graduatoria della mobilità per l’ASP di Ragusa rischiano seriamente di non rientrare più a lavorare nella provincia iblea, o per lo meno non attraverso questa procedura di mobilità.
Già, perché dei 97 posti messi a bando dall’ASP, con le ultime chiamate fatte nei mesi scorsi, si sono esauriti tutti i posti. Infatti, contattando più volte l’ufficio personale dell’ASP di Ragusa, mi è stato riferito che la graduatoria in questione è ferma alla posizione n.183 perché sono stati così coperti tutti i 97 posti previsti dal bando e che, salvo diversa delibera del direttore generale, non si procederà più a nuove chiamate con buona pace per me e per gli altri novanta colleghi che si trovano dopo la 183esima posizione che vedono svanire la possibilità di poter lavorare nella propria terra ormai lasciata anni orsono.
Giustamente Lei potrà contestarmi il fatto che non c’è nessuna illegittimità nel non espletare interamente la graduatoria anche perché i posti che l’ASP ha bandito sono stati tutti coperti; ma voglio renderla partecipe di questa mia considerazione: se con 183 infermieri si sono esauriti i 97 posti richiesti, significa che una persona su due è riuscita a ritornare e lavorare per l’ASP di Ragusa (esattamente la metà dei chiamati). L’altra metà ha rifiutato e le ragioni sono svariate; si va dalle diverse scelte di vita e lavorative, al mancato rilascio del nulla osta da parte dell’azienda di appartenenza (già, perché c’è da considerare anche questa possibilità; ovvero la discrezionalità dell’azienda che può negare il nulla osta e condannare il dipendente a diventare

letteralmente suo “prigioniero”). Dei restanti 91 infermieri rimasti in graduatoria (fatta lo ricordo di 274 infermieri), se fossero chiamati, certamente si avrà la stessa proporzione: non tutti accetteranno per i motivi sopraesposti e nelle migliori delle ipotesi solo la metà di questi riuscirà finalmente a realizzare il proprio sogno di riabbracciare i propri cari lavorando definitivamente nella terra dove sono cresciuti. E allora perché negare questa possibilità ad altri 40/50 infermieri ragusani che dopo anni di sacrifici fatti di lontananza dagli affetti familiari e sofferenza per un’emigrazione forzata, chiedono solo che la graduatoria scorra e venga utilizzata per intero; sarebbe l’ennesima delusione avuta da chi amministra questa ASP e da chi politicamente non muove un dito per gli interessi di noi infermieri emigrati, ma preferisce dare voce sempre e comunque ai colleghi precari.
Perché, diciamocelo chiaramente, quest’ultimi rappresentano un buon bacino di voti per il politico di turno; questo perché si tratta di tante persone e la loro precarietà li mette sempre in condizione di subordinazione e quindi facilmente malleabili nella richiesta del voto politico…il clientelismo dello scambio di voti è cosa ben nota, inutile nascondere quello che, soprattutto nella nostra terra, è purtroppo una realtà comune. Ma vorrei ricordare al politico di turno che molti infermieri emigrati come me ancora mantengono la residenza nella propria città di origine e tradotto significa che anche noi votiamo nella nostra cara, bella e martoriata provincia di Ragusa, anche noi recriminiamo i nostri diritti specialmente quando per anni siamo stati vittime di soprusi ed ingiustizie, a discapito di colleghi che vengono stabilizzati senza, ripeto, aver mai sostenuto una prova concorsuale. Mancassero poi i posti di infermiere da coprire, se l’intera dotazione organica di infermieri di tutta l’ASP di Ragusa fosse già al completo, non c’è possibilità e tutti i posti sono esauriti, ce ne faremmo una ragione, meglio mettersi l’anima in pace…ma la realtà non è assolutamente questa; c’è una carenza cronica di personale infermieristico che si trascina da anni, e non sono io a sostenerlo ma sono testimonianza a Ragusa i continui avvisi per incarichi e sostituzione di infermiere che l’ASP ciclicamente bandisce per far fronte alle esigenze dell’utenza. L’ultimo in ordine di tempo si è avuto a gennaio, con la

graduatoria che è stata stilata sulla comparazione dei titoli, fosse mai che ci siano prove di concorso con test, colloqui (questi sono riservati a chi già, come me, ha superato un concorso), il tutto in nome dell’urgenza che qui, purtroppo occorre dirlo, ha assunto caratteri della normalità.
E questi colleghi chiamati a lavorare ad incarico e sostituzione (quindi precari) presi da quest’ultima graduatoria, saranno i successivi ad essere stabilizzati; ed io come altri 40/50 colleghi della graduatoria di mobilità resteremo al palo a guardare dal Nord Italia chi senza sforzi concorsuali trova la propria stabilità lavorativa nella propria terra. E tutto questo per qualche “capriccio” di chi non intende proseguire con le chiamate della graduatoria di mobilità e portarla così a completamento.
E allora che cosa chiedere? Si faccia portavoce di questa nostra situazione, intervenga con il ruolo che ricopre a portare avanti la nostra battaglia per poter finalmente ritornare in Sicilia ed in particolare nella nostra amata Ragusa, e saremo riconoscenti per quanto fatto.
DA UN INFERMIERE IN GRADUATORIA CHE VUOLE TORNARE A LAVORARE A RAGUSA. GRAZIE

© Riproduzione riservata

4 commenti su “Infermiere emigrato vuole tornare in Sicilia. Riceviamo”

  1. Caro amico, i casi sono tre:

    1- Forse Lei è stato scambiato per un “forestiero” che lavora al Nord…….
    2- E’ stato sottoposto, visti i suoi precedenti (era già in graduatoria) a un colloquio per “eccesso di
    solerzia”?
    3- Il terzo punto glielo sussurro in un orecchio……

    Rimanga al nord, e si rassegni a venire in vacanza al sud, magari tramutando le ore straordinarie.. in ferie.

  2. Moltissimo prolissa la lettera, per dire in buona sostanza, che vuole la possibilità di poter rientrare a lavorare nella sua terra. Ne ha i requisiti, ma in Sicilia non ci sono condizioni perché possa avere questa opportunità. La sua delusione sfogata è giustissima e sacrosanta!!! Una cosa le sfugge che in tutti questi anni di suo espatrio, poco e nulla è cambiato e ritornare sarebbe una seconda delusione. Che possa comunque realizzare quanto lei desidera!

  3. Tonino Spinello

    Di solito una lettera al direttore si firma, ma questo non ha tanta importanza.
    Di questa storia mi viene subito in mente il nostro carissimo ministro Speranza che vuole assumere infermieri e dottori ucraini anche se non vaccinati e senza bisogno di colloqui o concorsi. Basta essere cittadino ucraino. Questa è un’altra riprova che i cittadini italiani ormai danno solo fastidio e quindi devono soccombere ovunque e comunque. A completare il quadro i tagli alla spesa sanitaria di oltre 30 Miliardi negli ultimi anni, e questo grazie alla politica ed in particolare al Pd custode dei diritti e dei lavoratori.
    Oggi è prassi dire grazie (non si sa a chi e perchè) di avere un lavoro anche se lo vivi male, e come dice il dottor Ruzza, a questo punto lasci il mondo comè.
    Triste a dirsi, ma è la cruda realtà!

  4. Come se fosse l’unica categoria ad aspettare decenni per essere trasferiti. Pensa ai professori, alle forze dell’ordine. Purtroppo la pubblica amministrazione è questa. Quando uno sceglie di fare un mestiere deve mettere in conto anche queste cose. Poi sul discorso che al sud funziona tutto male non c’è ombra di dubbio.

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