
Quando negli anni ’80 ero un convinto militante del movimento giovanile della Democrazia cristiana, la cultura era un riferimento importante per i cambiamenti politici; ricordo convegni su temi ”politica e cultura” dove posizioni ideologiche diverse dialogavano, si confrontavano e se anche si rimaneva sulle proprie posizioni valeva il principio del rispetto dell’altro; dall’inizio del terzo millennio le cose non vanno più così; oggi il dialogo è cessato e spesso le opinioni difformi vengono declassate a reati e infamie. Sono state spazzate vie le ideologie, ed è subentrata “l’odiologia”: gli altri non sono più persone diverse e avversari da rispettare, ma nemici da odiare.
E’ fuor di dubbio che viviamo più che in un tempo di democrazia in un tempo di “mediocrazia” che tocca livelli rilevanti. Oggi, infatti, tutto si svolge su giornali, radio e televisioni, rete internet, facebook, youtube, e quindi viviamo in un paese dove sicuramente non c’è alcun pericolo per la libertà di stampa e di espressione. Abbiamo in Italia fior di giornalisti a tutti i livelli, nazionale, regionale e locale, che svolgono con deontologia professionale la loro “professione-missione sociale”, ma ne esistono anche di poco affidabili, non desiderosi di cercare la verità, ma di sollevare polemiche fini a se stesse e alimentare l’odio.
Proprio oggi che la politica non si fa nei partiti, perché non esistono, ma si fa sulla stampa e nei salotti TV, la mediocrazia può permettersi di portare una persona alle stelle e di ributtarla nelle stalle; di condannare prima ancora di un processo, di avere la possibilità (discutibile eticamente) di entrare in ambienti giudiziari per ottenere documenti secretati o meno e di mettere sulle pagine dei giornali fatti al di là o meno della loro attendibilità.
Oggi la mediocrazia fa “il bello e il cattivo tempo”, allarma o tranquillizza, vede pericoli o li nasconde, dice ciò che è giusto o sbagliato, valuta le parole per quello che non dicono anziché per quel che dicono, assolutizza o minimizza, e in nome del diritto di cronaca spesso infrange le regole per fare “scoop” e spettacolo. In un quadro del genere è facile che alligni e cresca l’ odio che ci sta avvelenando in questo tempo di guerre batteriologiche e militari?
C’è un personaggio nella storia dell’umanità, Gesù di Nazaret, per alcuni solo un uomo, per altri un profeta, per altri Dio, ma apprezzato da tutti, che si è schierato contro l’odiologia, e che sull’odio ha detto cose interessanti. Si costata, però, che a molti piace la visione sociale del Gesù che invita a prendersi cura dei poveri, che invita ad accogliere “forestieri”, che invita a dare da mangiare agli affamati, che si oppone al potere al punto da essere definito “comunista e socialista”, e poi rimanere indifferenti quando Gesù di Nazaret dice parole come queste:
“Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli dei Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5, 43-48).
Comprendo che fare un gesto di solidarietà, l’elemosina è una cosa semplice e dà anche visibilità, ma condividere le citate parole di Gesù, implica necessariamente una conversione mentale e del cuore nonché l’acquisizione di uno stile di vita simile al suo. E lo stile di vita di Gesù si caratterizza certamente per la non violenza e per l’amore verso il prossimo.
Prendendo spunto da questo tratto del discorso della montagna, vorrei proporre una riflessione sul significato cristiano della non violenza e del comandamento dell’amore del prossimo considerato che, nella prospettiva del regno di Dio annunciato da Gesù, i rapporti tra gli uomini non sono improntati all’odio, alla vendetta, alla rivalità, ai conflitti, ma costruiti seguendo il criterio della non violenza e dell’amore.
1. Porgi l’altra guancia
L’invito di Gesù: “se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra” (Mt 5, 39b) costituisce certamente una contrapposizione alla “legge del taglione” dell’Antico Testamento, la quale ammetteva la punizione del colpevole con un male simile a quello che aveva fatto, al fine di evitare la vendetta e mantenendo così una sorta di uguaglianza tra il male compiuto e il castigo imposto.
Gesù, invece, alla logica della vendetta e della violenza sostituisce la logica dell’amore, fino a comandare di porgere l’altra guancia. Qual è il senso di questo comando?
Certamente l’espressione non è da prendere alla lettera, ma vuole significare l’invito di Gesù all’uomo ad avere come criterio di risposta, nelle varie circostanze della vita, non il male, ma l’amore e il perdono; ad acquisire un atteggiamento interiore di non violenza capace di perdonare e di rispondere al male con il bene.
Certo, un atteggiamento del genere è difficile da avere, ma non impossibile. Gesù lo ha chiesto agli uomini non perché sapeva che sarebbero stati in grado di porgere l’altra guancia, ma perché, effondendo su di loro la potenza del suo Spirito, li avrebbe resi capaci di amare e di perdonare. Lo stesso ragionamento vale per noi. Gesù, dunque, chiama a una scelta controcorrente, lucida e coraggiosa, che fa leva non sulla violenza, sull’offesa, sull’ingiustizia, ma sul perdono, sulla misericordia e sull’amore. Scegliere la non violenza non vuol dire rinunciare a ogni lotta contro il male; anzi, essa è una lotta più attiva e reale, sul piano morale, della legge del taglione. Non vuol dire, inoltre, atteggiamento passivo, quietista, rassegnato, di sterile deplorazione, ma atteggiamento centrato sull’amore come forza in grado di contestare ogni sistema sociale e ideologico fondato sull’odio, sul disprezzo dell’uomo e dei valori.
2. Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori
“Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori”: queste parole di Gesù superano certamente i limiti dell’Antico Testamento e aprono orizzonti in cui l’amore assume connotazioni universali. Gesù, in pratica, esorta l’uomo a non contentarsi di “amare quelli che lo amano”, in quanto ciò non dà alcun merito, né a limitare il saluto ai fratelli; tutto questo, infatti, rientra nell’umana logica del rispondere con il bene a chi ti fa del bene.
Il modo di agire richiesto da Gesù deve, invece, innalzarsi al livello del divino: rendere bene per male. Da qui l’amore per i nemici e la preghiera per i propri persecutori. Nel clima di “odiologia contemporanea”, tutto questo è ritenuto pura fantasia, impossibile da raggiungere, e lo si considera tale perché ogni uomo sa che è un “animale sociale” imperfetto, fragile, debole, angelo e bestia; ma per chi questa sua imperfezione la mette nelle mani di Gesù potrà essere possibile. Sì, possibile, perché Gesù rende possibile il non odio nella vita di chi si affida a lui. Allora potrà capirsi che amare i nemici e i propri persecutori non è un atto di bravura, una capacità umana, uno sforzo sovrumano, ma è fare agire in se stessi Gesù, il suo Spirito di pace e di misericordia. Allora non importerà più se il mondo ci giudicherà stupidi, se considererà stolto il fatto che una persona sia in grado di non odiare, di ricambiare il male con il bene, l’offesa con il perdono. Con san Paolo, invece, potrà dire agli altri che la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio (1 Cor 3, 19a).
E anche della persecuzione non si avrà più paura, perché diventa un mezzo attraverso il quale Dio libera l’uomo dalla tentazione della sua sicurezza, dell’arroganza e del padreternismo, facendogli assumere sempre un atteggiamento di dipendenza da lui. La persecuzione è la fornace nella quale l’uomo vero si modella a Cristo: “un servo non è più del padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15, 20).
Dunque, è conseguenziale che quando si comincia a far entrare il vangelo in certe situazioni di ingiustizia, di inimicizia, di lotta, di frode e di inganno, di guerre e quant’altro, si rimane inascoltati. Come inascoltato è, in questo tempo di guerra, di immigrazione, di emarginazione e altro, Papa Francesco e come sono inascoltati tanti altri della società civile che si dicono contrari alla corsa agli armamenti e alla guerra dichiarandosi pacifisti e , paradossalmente, trovandosi etichettati come propagandisti di una ideologia . Come fu per Cristo, anche oggi chi cerca di far prevalere il rispetto della giustizia, la non violenza, l’amore, la pace e il perdono, i diritti dell’uomo, deve pertanto essere consapevole che gli altri possono scagliarsi addosso a lui come persecutori scatenando quell’odiologia di cui abbiamo parlato; in quel caso gli suggeriamo di pensare a queste parole di Gesù: “Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Gv 16, 33b).