
Con Biden presidente della prima potenza mondiale, che Saviano ha definito il paese più ricco del terzo mondo, evidentemente dimentico delle condizioni della sua Campania, tutti gli Stati si posizionano e sperano di essere ammessi nelle grazie del presidente eletto per ricavarne vantaggi. Congratulazioni arrivano dall’Europa: Angela Merkel dice che l’alleanza transatlantica è insostituibile se si vuole affrontare le grandi sfide di questo tempo e Macron è esplicito: “Let’s work together!” (Lavoriamo insieme). Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, auspica condivisione su cambiamento climatico, commercio internazionale e multilateralismo. Per suggellare l’amicizia con i partner europei Biden ha previsto un incontro a Bruxelles con i leader europei e della Nato. Visita simbolo che avrebbe la funzione di cancellare la “guerra commerciale artificiale” con la Ue, come ha detto Tony Blinken, consigliere di Biden. Ma il protezionismo c’è. Silenzio da Cina e Russia. Xi Jinping è in attesa delle prime mosse di Biden, Putin è interessato a riempire il vuoto dopo il declino dell’influenza americana in Medio Oriente. La Turchia non ha perso tempo: Erdogan ha subito diffidato Biden dal supportare i curdi siriani e sfidare le ambizioni turche nel Mediterraneo orientale. Il vice presidente ha usato parole diplomatiche: “I canali di comunicazione funzioneranno come prima, ma naturalmente ci sarà un periodo di transizione”, una frase che però non esclude uno scontro tra Biden e Erdogan in merito all’appoggio americano dei curdi siriani considerati dagli Stati Uniti una pietra angolare nella lotta contro lo stato islamico, ma dai turchi un ramo del PKK, un’organizzazione terrorista. Tra Stati Uniti e Iran i rapporti si profilano problematici. La Repubblica islamica ha sofferto le sanzioni imposte da Trump al quale imputa la responsabilità dei 500 decessi per Covid registrati quotidianamente. Ma non dice che avrebbe potuto rafforzare il sistema sanitario bucherellato invece di finanziare il terrorismo. Il presidente Rohani, che lascerà l’incarico la prossima estate, ha annunciato che aspetta di vedere cosa Biden farà prima di decidere se esista qualche differenza tra Trump e il suo successore. Ha comunque festeggiato la sconfitta di Trump e lanciato un messaggio all’America: la nuova amministrazione dovrebbe fare ammenda degli errori compiuti nei confronti dell’Iran. Lamento e minaccia sono elementi ricorrenti nella strategia di “dialogo” con gli interlocutori occidentali: farsi commiserare incolpando delle proprie disgrazie l’occidente corrotto e immancabilmente Israele, approfittando del diffuso sentimento anti israeliano e della tolleranza dei social che considerano inappropriati i tweet di Trump che pretende il riconteggio dei voti in Georgia ma non i tweet dell’ayatollah Khamenei che incitano alla distruzione di Israele. La somma guida spirituale iraniana ha anche deriso le elezioni americane: “Sono un esempio della faccia cattiva della democrazia liberale che ha mostrato il declino politico, civile e morale del regime americano”. Detto da lui è grottesco. Come ha reagito l’Arabia Saudita? La sinistra dei dem vuole la fine per sempre di tutti i conflitti, soprattutto il ritiro dalla guerra in Yemen dove gli Stati Uniti appoggiano i sauditi contro i ribelli Houthi, ai quali l’Iran fornisce armi e addestramento. Anche il primo ministro israeliano Netanyahu, stretto alleato di Trump a cui deve il coraggioso trasferimento della capitale da Tel Aviv a Gerusalemme, invia formali congratulazioni a Biden, senza chiamarlo “president elect”. Israele vuole rassicurazioni circa il mantenimento delle pressioni americane sull’Iran e l’appoggio per la normalizzazione delle relazioni con gli Stati arabi (accordi di Abramo). Intanto, i democratici aspettano gennaio per strappare il controllo del Senato ai Repubblicani, mentre Biden si accinge a formare la squadra dei ministri e assegnare gli incarichi secondo il principio della trasversalità indispensabile per riunire il paese. Ma l’operazione non piace all’ala radicale del Partito democratico, da tempo impegnato a far digerire ai moderati uno spostamento marcato a sinistra. I dem a rischio spaccatura?
3 commenti su “Biden: il mondo si posiziona…l’opinione di Rita Faletti”
Ho la sensazione che questo Presidente metterà mano alle Forze Armate , a differenza di Trump .
Troppi focolai , in modo particolare nell’area Mediterranea che minano la”Libertà”Globale”.
L’analista militare ha fatto la sua saggia valutazione. Terrorista, vuol dire che inizierà a mettere il dito nel grilletto, sparerà a vista, nel mediterraneo. Potrebbe occuparsi della Libia, che passa il tempo a sequestrare pescherecci, li ridurrà alla ragione e così staremo in pace. Potrebbe fare lo sceneggiatore di film d’azione.
@ puppetta :
L’area del mediterraneo non è solo la Libia , è anche quella che comprende tutti le nazioni bagnate dal Mar Mediterraneo .