
Alla fine di un’estate cosi difficile per me, è necessario fare alcune precisazioni in merito ad una triste e dolorosa vicenda che mio malgrado mi ha visto protagonista, riguardante un femminicidio avvenuto negli anni ’70 a Modica coinvolgente i miei genitori, su cui l’autrice in questione ha deciso di basare il proprio racconto.
È proprio vero che quando si è vittima una volta, lo si è per tutta la vita. Perché è cosi che mi sento. Vittima del “diritto di cronaca” che autorizza una scrittrice – che non ho mai incontrato e che mai ha avvertito la decenza di contattarmi personalmente prima di intraprendere la scrittura del libro – a pubblicare un romanzo basato sulla mia tragedia, facendomi rivivere quei momenti drammatici. Descrizioni come: “quella donna riversa a terra in una pozza di sangue con il vestito alzato senza che nessuno si fosse preoccupata di coprirla” fanno veramente male e nascondono forse un desiderio morboso di curiosità piuttosto che la volontà di narrare una vicenda realmente accaduta. Sono vittima perché leggere che il libro in questione non possa acuire il mio dolore denota una totale mancanza di sensibilità da parte dell’autrice e del suo entourage. Sono vittima perché leggere che mia madre odiava suo padre e, soprattutto, sua madre costituisce un’invasione gratuita della mia sfera privata che nulla ha a che vedere con il fatto storico, e che unita ad altri dettagli specifici riguardanti quel fatto e quelle persone contribuisce a delineare un quadro irrispettoso della mia famiglia. Sono vittima perché leggere che le mie amiche e le persone che mi hanno tanto sostenuta e confortata stiano speculando sul mio dramma mi ha amareggiata parecchio. Tra amici veri ci si protegge gli uni con gli altri, ci si vuole bene e, quando è il caso, ci si difende. Sono vittima di commenti di giornalisti che, appellandosi all’articolo 21 della Costituzione, affermano con convinzione che un atto di cronaca nera in quanto tale “appartiene a tutti” nonostante questo sia ormai privo del requisito dell’attualità, trascurando, a mio parere, un problema etico che queste autorevoli penne dovrebbero invece porsi.
In conclusione, vorrei sottolineare che una scrittrice, specie se si erge a paladina dei diritti delle donne, dovrebbe forse avere più rispetto del proprio pubblico, se tra questi vi è chi dalle vicende descritte è direttamente coinvolto.
Francesca NifosÌ