
Topo di Palazzo Luciana Lamorgese. Abile navigatrice, è stata nel 2013 Capo di Gabinetto del ministro dell’Interno Angelino Alfano e, successivamente, di Marco Minniti che l’ha confermata nell’incarico. Buoni e, apparentemente, cortesi i suoi rapporti anche con Matteo Salvini che, il 13 novembre 2018, partecipa alla riunione del Consiglio dei ministri nel corso della quale viene conferita alla signora Luciana Lamorgese, esattamente un mese dopo essere andata in pensione, la nomina di consigliere di Stato.
Caduto il primo governo Conte, il 5 settembre 2019 la ineffabile signora succede al ministro dell’Interno Matteo Salvini. Un minuto dopo il suo insediamento sputa il rospo: porti aperti, sbarchi a qualsiasi ora del giorno e della notte; tacito consenso alle Ong di riprendere senza alcuna condizione le loro attività nel Canale di Sicilia; archivio immediato del codice di condotta per le navi Ong pensato da Minniti; decreti sicurezza voluti da Salvini da stracciare immediatamente.
Gli sbarchi riprendono alla grande. Per la felicità dei trafficanti di vite umane. Con barche, barchini, navi-madre con partenza dalla Libia e motoscafi velocissimi provenienti dalla Tunisia. Frenetica l’attività del governo italiano per fare fronte ad una galoppante situazione di emergenza. Attivissime le navi Ong anche in piena pandemia. Il governo va in tilt. Ed allora, vigenti ancora i due decreti sicurezza del primo governo Conte, viene fuori un nuovo decreto di “chiusura dei porti a causa del Coronavirus”. Una pezza formale perché, di fatto, gli sbarchi non si fermano. Alla faccia della legge. Silenziosa e assente in questo frangente la procura di Agrigento, diretta dall’intransigente Luigi Patronaggio, lo stesso solerte Pm del caso Carola Rackete.
Probabilmente incoraggiata dalla favola dell’immunità delle persone di colore, la ministra Lamorgese continua imperterrita a portare avanti il progetto di trasformare la Sicilia nell’unico punto di approdo per tutti i migranti in fuga dal mondo. A qualsiasi costo. Ma la realtà è quella che è: il virus non perdona nessuno. A questo punto il ministro si inventa le navi-quarantena. La Moby Zazà piazzata al largo di Porto Empedocle costa alle casse dello Stato italiano un milione e duecentomila euro al mese! Ma non importa. Il progetto di aiutare tutti quelli che vogliono sbarcare in Italia va avanti. Deve andare avanti. Nessuno spiega perché agli italiani. Ma deve andare avanti. Punto. Mascalzoni e disumani, pensano dal Palazzo, quelli che mettono in dubbio la bontà e la lungimiranza di un progetto di accoglienza tout-court che tutto il mondo ci invidia.
Ora, profondamente angosciata, la ministra Lamorgese annuncia un autunno caldo. Teme che la gente possa prendere i “bastoni e tirare fuori li denti”.
Come mai. Perché. Che succede? Vuoi vedere che anche la signora ha capito che la gente, la nostra gente è disperata? Che milioni di nuovi poveri per mangiare si rivolgono alla Caritas? Che migliaia di aziende piccole e medie sono destinate alla chiusura delle loro attività?
Autunno caldo? Abbiamo l’esercito, la Marina militare, le forze aeronavali, i servizi segreti, la Polizia di Stato, i Carabinieri, la Guardia di Finanza. Signora ministra si organizzi. Qual è il problema? Questo popolo bue va bacchettato! Quando ci vuole, ci vuole.
1 commento su “Luciana Lamorgese ”Topo di palazzo”..di Michele Giardina”
che articolo costruttivo, un misto fra razzismo e populismo. Degno della peggiore Meloni di turno