
Il cammino poetico di Emir Sokolović è centrato sulla restituzione oggettiva di un’esistenza connotata di costanti radicamenti nella cultura bosniaca e nella sua terra di origine. E’ questa la sensazione che si percepisce immediata accostandosi alla sua raccolta bilingue Vjetrovi / I venti, ove l’autore riesce, con una polivalente dinamica di immagini umane e paesaggistiche, a tracciare nuclei tematici e problematici di forte intensità espressiva.
Sokolović ha alle spalle diverse pubblicazioni di poesie, a partire dal 1983 quando dà alle stampe Dove e perché, fino a poi giungere alla pubblicazione di quindici opere poetiche incluse nel progetto intermediale Apocalisse, che rispecchia la percezione soggettiva dell’autore sulla follia della guerra nei Balcani; ed ancora, opere teatrali come “Paride – o è inutile crocifiggere Cristo”, ed opere antologiche.
Emir Sokolović, che in Bosnia è un dinamico promotore di importanti eventi culturali e Festival letterari organizzati in collaborazione con l’Ambasciata italiana di Sarajevo, con il suo “proprium poetico” e artistico riesce a dar luce e significato valoriale alla struggente storia dei Balcani, ripercorrendo esperienze esistenziali e offrendo suggestivi orizzonti metatemporali ove il rapporto analogico tra mitica e mistica, fra uomo e paesaggio, mondo e parola lirica disegnano le coordinate fondamentali di una metafora esistenziale che trova nei “venti” la sua dispiegazione sintagmatica.
E così la bora, il maestrale , il monsone, il tornado racchiudono la metafora di un’esistenza attraversata da stagioni in cui l’anima muta le sue corrispondenze relazionali, e nelle quali l’uomo misura la sua capacità di resistenza rispetto ai “venti” che si abbattono sulla vita.
Emir Sokolović ricorrendo ad un linguaggio lirico elegante e anche infittito di immagini, trasfigura stati d’animo, sentimenti di solitudine e di dolore, sguardi di nostalgia e bisogni inespressi; disegna modulazioni interiori personali e universali che hanno il sapore dello stupore e della meraviglia:
…Durante l’anno due volti soffi
L’essenziale sogno per loro sogni
E lo sguardo fino all’orizzonte arriva
Le lacrime tue sono sempre fresche
E l’abbondanza portano con sé
All’uomo servono, il divino sfidano
(Il vento monsone)
E’ come se il poeta tendesse verso una libertà sempre ulteriore lasciandosi trascinare dal soffio del vento, viaggiando con la memoria dentro nuclei noumenici (“sogno”, “sguardo”, “lacrime” “abbondanza”) ove la dialettica tra esperienza biografica e attesa si fa spazio di domande di senso.
Il rapporto empatico che Emir Sokolović riesce a stabilire con la natura diventa, dunque, creazione poetica dai caratteri stilistici liberi e spontanei e capaci di dare forma fisica e metafisica al paesaggio esteriore ed interiore dell’uomo, come quello determinato dal “tornado”, tromba d’aria che lascia violenti segni di distruzione sia all’esterno sia all’interno per lo strazio di paura, dolore e tormenti che riesce a provocare:
E bevi sanguisuga
Gocce che disperdi
E bevi sanguisuga
Il dolore che porti
Bevi sanguisuga
(Tornado)
Anche la poesia “Mistral” è la chiara oggettivazione di sensazioni, sentimenti, luoghi e figure, grazie al ricorso da parte del poeta ad un linguaggio che mette in un rapporto di circolarità interpretativa termini di rilevante valenza e significanza: “”coste”, “chiome”, “guance”, “sasso”, “rami”, “uccello”, “sciamano”, “labbra”, “coppa” . E cosi, attraverso lo sfaccettamento multiplo di parole ed immagini, l’autore offre una versificazione vivace, accattivante e giuocata su affacci biografici ed esperienze di approccio emozionali al “vento di maestrale”:
“Hai sempre voluto
Le coste baciare
Le chiome arrabbiare
La vergogna a tutti gli uccelli
Nelle guance intrecciare
Mistral mio…
Il nord ti indebolisce la forza
Nel sasso inciampa
Con i rami si lamenta
L’esistenza a uccello con la piuma
Durante il volo predice
Capitano mio…
(Mistral)
Le poesie della silloge “I venti” sono palpiti di un cuore che sa intercettare il “soffio dello spirito” e le atmosfere nitide di una terra che vive valori tra un presente e un passato attraversato da contraddizioni; sono meditazioni sintetiche sul divenire interiore del poeta, del suo “io” che si perde nel vento della storia nella sua dinamica ciclica di morte e rinascita; del suo “io” che trasfigura la lotta dell’uomo tra il bene e il male(“Ma con il bianco e nero mai scolpisco”), come nel caso della poesia “Valzer del Mefisto” che è una mutuazione in versi del Mefisto Valzer di Liszt. Emir Sokolović attraverso una geometria di sentimenti , di sguardi, di sensazioni di libertà che rompono “le aste della prigione” e che oltrepassano ogni dubbio e paura di “maledizione”, riproduce una rivisitazione dell’esistenza che è costantemente tentata di cedere al fascino dell’inganno di fronte al maligno; ma il poeta conclude con parole di certezza: “Perché io sono qui: guardati intorno…”:
Eccoti! Guardati intorno!
Guardami! Profanati!
La nota che conduce l’inseguimento
Sparando i tasti
E dalla luce nell’oscurità avanza
Rompendo le aste della prigione
Eccomi! Guardati intorno!
Guardami! In acqua so immergermi
Ignorando le ancore
E con la pietra levigando incido il tempio
Invece di un’antica maledizione
(Valzer del Mefisto)
Sulle stesse modulazioni si giuocano altresì i versi della poesia “Trasferimento (Organ Prelude And Fuge – Listz)”, ove il poeta con un linguaggio tonale, musicale e scandito come dentro uno spartito disegna il pentagramma di un’esistenza nella quale le antinomie sociali, le note contrastanti dell’anima, le voci interiori sono sempre segnate da drammi e contrasti dolorosi, da lacerazioni intime che lottano per la ricerca della verità senza mai giungere, a causa della fragilità ontologica dell’uomo stesso, alla risoluzione del manicheismo imperante e alla eliminazione dell’antitesi dei processi di bene e di male che caratterizzano il cammino umano.
Eppure Sokolović con la sua poesia cerca – direbbe Mario Luzi – di “aggiungere vita alla vita”, consapevole, come scrive nei suoi versi, che “La magnificenza di continuo rivela / Anche quando all’orecchio / La voce estranea fu”.
Questa breve silloge “I venti” offre sicuramente al lettore una complementarietà versificatoria tra aspetti biografici sentimentali e lirico-oggettivi, essenzializzandosi in un’armonica analogia tra vita e natura, musica e poesia, mutuati con la dinamica del vento, che in tutte le sue forme il poeta utilizza per disegnare il quadro universale dell’esistenza. Nella poesia “Košava di Belgrado” colpisce, certamente, quel tenue e melodico scorrere dei versi che ha il sapore della bellezza e della tenerezza delle relazioni che, nonostante tutto, la vita concede:
Il soffio che sfiora l’orlo
In uniforme di voce mite
Portò l’odore ed offrivo il bacio lieve
Mentre il salice scuote fino a cinta
…E le lacrime in acqua nascose
Mentre kosava con calma alita
Le diede finché l’acqua le bevette
Volendo solo sognare, sognare…
(Košava di Belgrado)
La produzione creativa di Emir Sokolović trova approdo anche nella drammaturgia con il suo testo Paride o E’ inutile crocifiggere Cristo, un lavoro teatrale vietato nella Bosnia ed Erzegovina, nel quale l’autore parla dei conflitti interiori dell’uomo costruendo una storia ambientata all’interno di una società aristocratica, e in cui viene rielaborato il mito ellenico di Paride (figlio di Priamo ed Ecuba) quando sul Monte santo è chiamato a scegliere la dea più bella.
In questa opera drammaturgica Emir Sokolović riproduce in tre atti la vicenda di Paride che dopo essere stato avvolto in un sonno profondo, lentamente si sveglia, quindi si intrattiene in un dialogo piuttosto animato con un interlocutore immaginario, Zeus, al quale vuol far comprendere che non spetta a lui, Paride, farsi giudice della bellezza Divina. E così egli discutendo con Zeus, via via giunge su una collina dove si trovano tre dee; qui inciampando, distoglie lo sguardo e, preso dalla paura, si rende conto che non può esimersi dal fornire un parere. Pertanto, trovandosi al cospetto delle dee coperte da un velo, incontra Atena che , deposto il velo, gli promette Saggezza e conoscenza; poi Hera, che gli assicura l’Eternità; e infine Afrodite la quale dice a Paride che il tempo e l’Eternità sono illusorie senza la Giovinezza Divina. Alla fine Paride sceglie Afrodite.
Quest’opera di Sokolović , che risente del background di autori come Shakespeare e Ibzen, è sicuramente pregna di un messaggio esistenziale nel quale si incrociano disagi, conflitti, processi auto-coscienziali, duelli che inducono al suicidio. L’autore del testo non punta lo sguardo sulla mera rievocazione di uno scenario romantico, ma sulla condizione umana indagata nella sua essenzialità, verità e problematicità.
In questo intreccio di poesia e drammaturgia troviamo, per concludere, tutta la profondità di pensiero e il crescendo intellettuale di un autore che vive il passato e il presente della sua terra con la lucida consapevolezza del valore dell’arte e della poesia quali strumenti di riflessione e canali di trasmissione di valori di civiltà. Troviamo, insomma, la “coscienza pensante e dissidente” di Emir Sokolović, il quale mira ad educare e a responsabilizzare questo nostro tempo con una poesia di impegno e di riflessione sulla vita che si fa voce dell’io presente in tutte le sue dimensioni: ricordi, desideri, passioni, antinomie, bene e male, gioie e speranze.
Con la sua azione culturale internazionale, il poeta di Zeman svela la forza di un umanesimo che va rilanciato contro l’ambiguità, l’indifferenza e le rassegnazioni, e costruisce un presente ove la sua parola poetica giunge come “vento di bellezza” in questo mondo divenuto villaggio globale, seminando nell’anima umana germi di rinnovamento che possano far riprendere il “passo” per saper guardare “l’Uno” e ritornare al sorriso:
…Poiché il passo dopo passo l’entusiasmo sei medesimo
Che con la saggezza verso l’Uno si incammina
Mentre ogni fascia con il piombo s’unisce
E con la morbidezza d’erba mentre le orme richiama
E’ solo la danza che con un sorriso si conduce…
(L’impennata in valle del Oberman)
1 commento su “La silloge “I venti” di Emir Sokolović, poeta bosniaco”
“silloge”
V’amparastivu sta parola, e na stati dannu a siringnati