
Cento anni fa, l’11 novembre, finiva la Grande guerra, il conflitto più sanguinoso della storia, che costò la vita a 16 milioni di persone, tra militari e civili, senza contare i 20 milioni tra feriti e mutilati. Era iniziata l’estate di quattro anni prima e sarebbe dovuta essere una guerra lampo. Guglielmo II, imperatore di Germania, disse che i soldati sarebbero stati di nuovo a casa prima che le foglie cadessero dagli alberi. Purtroppo, quando un conflitto scoppia, non c’è nessuna certezza di quando e di come potrà finire. La Prima guerra mondiale smentì la previsione di Guglielmo II e si concluse in un modo che nessuna delle potenze coinvolte poteva prefigurare: cancellò la Vecchia Europa, considerata, fino allora, il centro del mondo, e sostituì a sovrani in uniforme, tribuni e professionisti della politica che in abiti borghesi si rivolgevano alle folle. Francesco Giuseppe, imperatore di Austria e Ungheria, Nicola II, zar di Russia, Guglielmo II imperatore di Germania, Giorgio V, re di Gran Bretagna e Mehemed V sultano di Turchia erano convinti del loro sacro diritto di governare e rendere felici i loro popoli. Eterna illusione dei governanti. La realtà sbattè i brandelli di quella certezza in faccia agli increduli protagonisti delle dinastie più potenti, che furono costretti ad abdicare, a rinunciare alle loro ricchezze, a fuggire. Uno di essi, lo zar Nicola II, il più sfortunato, fu ucciso con tutta la famiglia. Si chiuse un’epoca, un’altra se ne aprì, e dischiuse le porte a una società diversa, che la guerra stessa aveva contribuito a foggiare. Eppure, nonostante la crudeltà inaudita, quella guerra non fu sufficiente a fare apprezzare la pace: una ventina di anni più tardi, l’Europa fu sconvolta da un nuovo, più feroce e inumano conflitto che la lasciò annichilita, devastata, impoverita. Serviva un progetto coraggioso e forte, unitario e condiviso da leader lungimiranti, che creasse le condizioni per una pace duratura e che tenesse a bada “gli spiriti del male” come Helmut Kohl definì i seminatori di odio e di violenza sempre pronti a risorgere. Quel progetto si chiamava Unione europea, oggi contestata e presa d’assalto da chi, per svariati motivi, non ultimi le ambizioni personali e la sete di potere, dimentica i vantaggi di cui tutti noi europei abbiamo beneficiato nei settant’anni di pace seguiti al secondo conflitto mondiale. Quali sono le conquiste che tanti nel mondo ci invidiano e di cui, troppo spesso, per abitudine, stanchezza o ignoranza, sottovalutiamo il valore, con la convinzione errata che siano irreversibili? Mettiamoli in fila e riflettiamo su quali potrebbero essere le conseguenze, se, malauguratamente e per nostra irresponsabilità, dovessimo perdere tutto. In primo luogo la pace, condizione indispensabile per la crescita economica e il progresso, mai raggiunti prima, la difesa delle libertà, libertà di pensiero, di espressione, di credo religioso, la libertà di muoversi all’interno dell’Unione senza passaporto, la libertà dei giovani di studiare e formarsi all’estero con il sostegno finanziario della Ue, la libertà di scegliere il paese in cui migliorare e sfruttare le proprie competenze. Grazie all’Unione europea abbiamo assistito alla caduta dei regimi fascisti e del regime comunista, alla caduta del muro di Berlino, alla riunificazione delle due Germanie. E ancora, l’Unione promuove gli scambi per la ricerca, facilita la condivisione di informazioni sul terrorismo, coopera sul fronte della politica estera. Il progetto grandioso dei padri fondatori è in fieri: molto si deve fare sulla gestione dei flussi migratori, sulla minaccia terroristica, sulla protezione dei confini esterni, sulla costruzione di un fondo di solidarietà per le economie in crisi, sui rapporti con Russia, Cina, i Gafa (Google, Apple, Facebook, Amazon), sull’unità bancaria e fiscale. Tutti obiettivi sul tavolo dell’Europa, alla cui realizzazione ognuno di noi è chiamato a collaborare, con gli strumenti che ha a disposizione, e la fiducia che non possiamo permettere ci abbandoni. Napoleone disse: “Una guerra tra europei dovrebbe essere considerata alla stregua di una guerra civile” e lo scrittore britannico G.K.Chesterton, che non avrebbe certo approvato la Brexit, : “L’Europa non può essere dominata, può solo essere condivisa”. Non dimentichiamolo.