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Da schiavo in Libia a testimone a Pozzallo: riconosce il suo aguzzino, condannato a 20 anni

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Pozzallo, 01 Dicembre 2025 – Una storia di orrore e giustizia emerge dal porto di Pozzallo, nel Ragusano, dove il destino ha messo di fronte un giovane migrante e uno dei suoi carcerieri libici. Giunto in Italia a bordo di un barcone per cercare una nuova vita, il giovane ha rivisto il suo aguzzino tra i migranti sbarcati, permettendo così l’avvio di un’indagine che ha portato a una pesante condanna.

Il processo, celebrato con rito abbreviato, si è concluso con la condanna a 20 anni di carcere per l’imputato, un altro migrante ritenuto responsabile di crimini efferati.

La vittima, secondo quanto riporta l’agenzia AGI,  aveva vissuto il dramma della schiavitù e della tortura in una connection house in Libia, dove era stato sequestrato, seviziato, violentato e abusato. I trafficanti avevano inviato alla sua famiglia i video delle torture per ricattarla, costringendola a pagare 9.000 euro per la sua liberazione. Solo dopo il pagamento, al giovane era stato concesso di imbarcarsi per l’Italia, con la speranza di cancellare gli orrori subiti.

L’incubo è tornato vivo nel momento in cui, sbarcato a Pozzallo, il giovane ha incrociato lo sguardo di un altro migrante arrivato in Italia pochi giorni prima: uno dei suoi carcerieri. Scioccato, ha subito chiesto di parlare con la Polizia, trovando ascolto nella Squadra Mobile, che ha immediatamente avviato le indagini.

Le sue testimonianze, dolorose e dettagliate, hanno rivelato l’indicibile privazione non solo della libertà, ma anche della dignità umana. Affiancato dall’avvocata Liliana Battaglia, il giovane ha raccontato con pudore delle violenze sessuali e delle torture subite: legato mani e piedi con corde e stracci, appeso e picchiato con bastoni e tubi di gomma. L’acqua da bere presa dal water.

Le indagini hanno trovato riscontri agghiaccianti alle accuse, scoprendo persino che il carceriere conservava nel proprio telefono le immagini e i video delle violenze e degli abusi utilizzati per ricattare la famiglia.

Al termine del rito abbreviato, l’aguzzino è stato ritenuto colpevole per i reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di esseri umani, riduzione in schiavitù, tortura e sequestro a scopo di estorsione

Oltre alla condanna a 20 anni di reclusione e alle spese processuali, il tribunale ha disposto il risarcimento di cinquantamila euro in favore della vittima. Per il giovane, che ora tenta di ricostruire la sua esistenza, questa sentenza rappresenta un passo cruciale verso la speranza di poter finalmente dimenticare il dramma vissuto.

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