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Onde ideologiche: la Flotilla e la sinistra alla deriva…l’opinione di Rita Faletti

Tempo di lettura: 2 minuti

Cosa di più emotivamente forte delle immagini di bambini di cui si contano le ossa? Adagiati su coperte in posizioni di abbandono o tra le braccia di donne dalla struttura corporea normale – le madri? – le inquadrature ravvicinate ne evidenziano la magrezza. E’ nella natura di una madre sfamare prima i propri figli quando il cibo è scarso. Nelle carestie vere, il cibo non c’è per nessuno, né per le madri né per i loro figli. Le madri sono scheletriche come i figli. Non è quello che si vede nei video girati nella Striscia. La guerra civile in Sudan, iniziata nel 2023, non mediatizzata né spettacolarizzata come la guerra a Gaza perché non offre alle sinistre mondiali appigli per attaccare capitalismo e imperialismo, ha portato il paese al collasso: 12 milioni di sfollati, violenze sessuali e stupri all’ordine del giorno, blocchi agli aiuti umanitari, 700mila bambini che rischiano la morte per fame e una popolazione ridotta a 2 milioni di abitanti da 8 che erano. Per i sudanesi nessuno si straccia le vesti, la comunità internazionale tace, il mondo patinato del cinema non firma appelli pro Sudan, nessun pacco di alimenti viene paracadutato, nessun galeone di attivisti solca il Mar Rosso o sfida le tempeste di sabbia per portare aiuti al popolo sudanese. La difesa della vita e la compassione sono variabili dipendenti dalla manipolazione mediatica e dai contesti ideologici. La Global Sumud Flotilla è in mare, direzione Gaza, con 500 attivisti in kefiah, decisi a sfondare il blocco navale israeliano per distribuire cibo e farmaci ai palestinesi della Striscia. Greta Thunberg, un’attivista per tutte le stagioni, ci riprova. Era stata fermata con i suoi compagni di ventura lo scorso giugno in acque internazionali dalle autorità israeliane e quindi espulsa dopo sfibranti trattative. Questa volta il ministro della Sicurezza Ben Gvir ha promesso un’accoglienza coi fiocchi. Hamas gongola: la missione, che ha tutta l’aria di essere una provocazione contro Israele, fa leva sull’emotività dell’opinione pubblica e consolida l’odio anti israeliano facendo lo sporco gioco dei terroristi. A sostenere il beau geste i vari esponenti di area dem, le immancabili teste di serie di Avs, Conte e il suo movimento, collettivi studenteschi e centri sociali. La missione ha ricevuto la benedizione del sindaco di Genova, Silvia Salis, e la promessa di protezione gridata dai portuali del capoluogo ligure. Se la Flotilla subirà attacchi, scatterà il blocco dell’Europa: dal porto di Genova non uscirà più nulla. A Giorgia Meloni Schlein chiede di garantire sicurezza e incolumità alle compagne e ai compagni che hanno preso parte all’iniziativa. “Per gli aiuti esistono canali più efficaci ma tuteleremo i connazionali”. E’ la risposta di Meloni che ha suggerito di avvalersi di canali di consegna alternativi più efficaci e già attivi, evitando di esporre i partecipanti a rischi in una zona di crisi. Per i più pragmatici il messaggio suona così: chi, senza giudizio, si muove autonomamente contro uno stato straniero, dovrebbe anche disporre di mezzi propri in caso di pericolo. Il minimo richiesto in tempi di grandiose parate militari. Ora, la nuova flotilla internazionale, oltre all’ex sindaco di Barcellona Ada Colau, all’attore Liam Cunningham e all’attivista brasiliano Thiago Avila, vanta la presenza di uno dei leader di Samidoun. La ong, definita gruppo terroristico da Stati Uniti Canada e Israele, è stata messa al bando in Germania dopo la scandalosa kermesse con pasticcini organizzata in un quartiere berlinese a maggioranza araba per festeggiare il 7 ottobre. L’uomo è Khaled Barakat, legato al Fronte popolare per la liberazione della Palestina, entità inserita nella lista nera delle organizzazioni terroristiche di Stati Uniti e Europa, responsabile di numerosi attacchi contro civili israeliani, del dirottamento del volo Air France su Entebbe nel 1976, dell’assassinio del ministro del Turismo israeliano Rehavam Ze’evi nel 2001, dello sgozzamento della famiglia ebrea Fogel nel 2011 (genitori e tre figli piccoli sgozzati nel sonno), del massacro nella sinagoga di Gerusalemme nel 2014 e dell’uccisione della 17enne Rina Shnerb nel 2019. A bordo di una barca della Flotilla c’è anche Jaldia Abubakra, coordinatrice della rete di Barakat in Spagna. Altra figura legata all’iniziativa, secondo le rivelazioni del Telegraph, è Zaher Birawi, giornalista palestinese-britannico autodefinitosi “membro fondatore” della Freedom Flotilla Coalition, accusato di essere un operativo di Hamas a Londra. Birawi ha negato, ma una foto del 2012 che lo ritrae con Ismail Haniyeh obbliga a porsi qualche domanda. L’intera iniziativa, dall’indubitabile valore simbolico, è avvolta da ambiguità e ombre che ne mettono in dubbio la trasparenza e la reale natura umanitaria. Del resto, le sinistre progressiste si sono sempre rifiutate di condannare con la dovuta fermezza il terrorismo, per paura di alienarsi le basi elettorali più radicali e per eccessiva attenzione a questioni di correttezza politica. L’atteggiamento condiscendente verso Hamas o addirittura l’identificazione dei terroristi con un gruppo di “resistenti”, allontana pericolosamente le sinistre occidentali dalle preoccupazioni di sicurezza e giustizia che un’attenta visione critica e storica richiederebbe. E se le barche arriveranno in porto, con molti “se”, vedremo.

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4 commenti su “Onde ideologiche: la Flotilla e la sinistra alla deriva…l’opinione di Rita Faletti”

  1. da Francesco Agnoli, 04 Settembre ore 23,25

    IMBOSCATA di Israele per LEONE XIV
    L’operazione di falsificazione del presidente di Israele Herzog, per fiancheggiare Netanyahu, è stata da manuale.
    Vediamo come è andata. Herzog sa che per Bergoglio quello che si sta compiendo è un “genocidio”. Sostanzialmente identica la posizione del patriarca Pizzaballa, che pure è, dottrinalmente ed ecclesialmente parlando, uomo diversissimo dal pontefice defunto (un conservatore a tutto tondo, per intenderci). Medesimo il sentire di Padre Patton, custode della Terra Santa e di tutti i cristiani che vi abitano. Questa compattezza del mondo cattolico e cristiano è pericolosa per la narrativa di Israele, che vuole presentare lo scontro in atto, non per quello che è (lotta per un territorio), ma come una sorta di guerra religiosa tra i buoni sionisti (per lo più atei, ma questo di solito non si sa) e i cattivi islamici.
    Bisogna incastrare il papa, basta poco: un incontro, una foto insieme da far girare in tutto il mondo. Così si potrà separare la posizione di Leone da quella di Pizzaballa, secondo una retorica già in atto.
    Herzog chiede l’incontro al papa, che forse lo concede, come si può immaginare, controvoglia: non può dire di no, ma quello che doveva dire su Gaza lo ha già detto molte volte. Che ci sia spazio per il dialogo?
    Nessuno. Herzog detta subito, prima dell’incontro, la linea ai giornali di tutto il mondo: è il papa che gli ha chiesto l’incontro, per parlare degli ostaggi e dell’antisemitismo nel mondo. Detta così è mettere il carro davanti ai buoi. E’ come dire: parleremo di quanto noi israeliani siamo, ancora una volta, le vittime. Dopo l’incontro, Herzog detta ancora la linea: “Ringrazio il pontefice per l’accoglienza calorosa. Israele vuole la pace e sta facendo il possibile per restituire tutti gli ostaggi tenuti nella crudele prigionia da Hamas”.
    A questo punto il papa e il Vaticano reagiscono, smentendo tutto: a chiedere l’incontro è stato il Herzog, non il papa! E già questo non è poco. Inoltre non si è parlato solo degli ostaggi, ma, così recita il comunicato ufficiale, “è stata affrontata la situazione politica e sociale del Medio Oriente, dove persistono numerosi conflitti, con particolare attenzione alla tragica situazione a Gaza. Si è auspicata una pronta ripresa dei negoziati affinché, con disponibilità e decisioni coraggiose, nonché con il sostegno della comunità internazionale, si possa ottenere la liberazione di tutti gli ostaggi, raggiungere con urgenza un cessate-il-fuoco permanente, facilitare l’ingresso sicuro degli aiuti umanitari nelle zone più colpite e garantire il pieno rispetto del diritto umanitario, come pure le legittime aspirazioni dei due popoli. Si è parlato di come garantire un futuro al popolo palestinese e della pace e stabilità della Regione, ribadendo da parte della Santa Sede la soluzione dei due Stati, come unica via d’uscita dalla guerra in corso. Non è mancato un riferimento a quanto accade in Cisgiordania e all’importante questione della Città di Gerusalemme”.
    Dunque Leone non ha affatto parlato dell’antisemitismo nel mondo, dal momento che la critica al governo israeliano non ha nulla a che vedere con l’antisemitismo; ha messo a tema anzitutto la situazione di Gaza, poi, oltre ovviamente agli ostaggi (le cui famiglie, va ricordato, spingono per una soluzione negoziale e avversano la guerra di Netanyahu), ha toccato almeno altri 5 punti dolenti per Israele: 1) la ripresa dei neogoziati che Netanyahu continua a rifiutare, nonostante le pressioni di buona parte della sua opinione pubblica e di molti militari; 2)l’ingresso sicuro degli aiuti umanitari (la Santa Sede ha fatto capire più volte di non credere alla narrazione secondo cui la morte per fame dei gazawi è responsabilità di altri, o, addirittura, un falso); 3) “il futuro del popolo palestinese” e i due stati; 4) la questione della Cisgiordania, sotto attacco nonostante non vi sia Hamas, e con attacchi violenti anche ai cristiani; 5) la questione di Gerusalemme, che per la santa Sede, dai tempi di pio XII, dovrebbe essere a statuto internazionale e non possesso degli israeliani.
    Quanto infine alla “calorosa accoglienza” dichiarata da Herzog e rilanciata da giornali come il Foglio, adusi alla falsificazione, bastino le immagini delle foto ufficiali: Leone tiene sempre un volto scuro e una distanza di sicurezza. Non apprezza affatto né le menzogne né l’imboscata. Davanti alle telecamere, di solito si sorride: Leone non lo ha fatto neppure una volta.

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