
La mia riflessione sui vizi capitali intende soffermarsi, dopo l’analisi sulla superbia, su un altro vizio capitale: l’ira. Nel VII canto dell’Inferno, Virgilio parlando con Dante gli spiega che gli iracondi, sono dei dannati immersi nel fango con il volto crucciato e che si percuotono con schiaffi, pugni e morsi, arrivando persino a sbranarsi a vicenda.
Si potrebbe certo argomentare sull’ira sotto tanti aspetti, come, ad esempio, quello psicologico, oggi affrontato in modo rilevante dalle scienze umane, ma non è di mia competenza. Vogliamo tentare di far capire perché l’ira dell’uomo non è gradita a Dio e perché tale peccato separa l’uomo da lui, rompe la relazione con lui, e quindi attenerci ad una riflessione teologico-morale.
L’orizzonte del mio discorso non può che essere quello della Bibbia, Parola di Dio per i credenti, semplice libro di cultura e di umanità per non credenti persone di altre religioni; alla Bibbia non possono non fare riferimento i cristiani, quando vogliono capire in che modo vivere la loro vita. Vediamo, allora, in prima battuta, di capire cosa è l’ira. La parola ebraica, presente nell’ Antico Testamento, che indica il vocabolo dell’ira è: ‘af, il cui suono sta ad indicare e a richiamare le “narici” sbuffanti del collerico. Tale significato rimanda ancora ad un atteggiamento piuttosto animalesco e ad immagini meteorologiche: si dice, a volte, di una persona: è una “bufera”, è “tempesta”; è arrabbiato “come una belva”, è “come un cavallo imbizzarrito”, è “inviperito”. Ecco, allora, che l’ira è un vizio capitale perché genera altri comportamenti sbagliati, i quali la distruttività, la vendetta, il bullismo, le minacce, l’esplosività, l’incolpare, la sconsideratezza e perfino il vandalismo . Ecco perché gli antichi latini dicevano che l’ira è initium insaniae, è un avvio verso la follia. Rende folli e chi è folle diventa incontrollabile.
Ma è la stessa Bibbia che nel libro dei Proverbi, al cap. 17,14 dà un ammonimento chiaro:
“Iniziare un litigio è come aprire una diga e allora, prima che la lite si esasperi, troncala!”. Ed ancora: “Se sbatti il latte, esce il burro; se schiacci il naso, ne esce sangue; se spremi la collera, ne esce la lite” (cap.30,33); “L’ira di un re è simile al ruggito di un leone: chiunque la eccita rischia la vita”(cap.20,2).
Ma anche il Nuovo Testamento ci aiuta nella riflessione sull’ira. Già nel discorso della montagna Gesù è molto chiaro: “Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio.” L’ira, in pratica, sconvolge l’animo, riduce il controllo delle parole e della azioni, conduce alla vendetta, all’odio, all’insulto, all’ingiuria e anche all’omicidio. Se il cristiano la fa albergare nel suo cuore quasi come “modus vivendi”, egli si esclude dalla relazione con Dio e a nulla valgono riti, preghiere e sacrifici, atti di carità se l’ira rabbiosa esce dai suoi occhi, dal suo cuore e dalla sue parole. Per questo l’apostolo Paolo non mancava di raccomandare i cristiani di Efeso: “Nell’ira non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira e non date occasione al diavolo! … Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza…” (Ef 4,26.31).
Alla luce di quanto sopra evidenziato, sorge però una domanda: che senso ha quella espressione che spesso si trova sulle labbra delle persone e che si trova anche nella Sacra Scrittura, dove si parla anche di “ira di Dio”.
Nella Bibbia l’ira di Dio, che è uno dei tanti antropomorfismi a lui applicati, non è un sentimento o uno stato psicologico alterato, quanto la evidenziazione del fatto che tra santità e peccato vi è una netta opposizione. Secondo la fede cristiana, Dio ama fortemente la sua creatura; quando questa, però, rompe la relazione con lui cadendo nel male, egli si adira e soffre: l’ira di Dio, di conseguenza, non è una reazione, ma una sofferenza di Dio Padre per ciò che la creatura fa di ingiusto, di male, di idolatria, di nefandezza. Dio si sdegna per tutto ciò che è ingiusto e sbagliato, per tutto ciò che è male, tenebra, menzogna, tradimento della libertà, inimicizia, e si sdegna sempre con un giusto giudizio, mai con parole incontrollate; Dio adirandosi non perde, come la creatura, il controllo delle sue capacità: egli giudica con misericordia e amore.
Se è vero, dunque, che c’è una direzione distruttiva dell’ira, è altresì vero che nel nostro tempo l’ira va anche letta come sentimento reattivo di fronte a situazioni moralmente inaccettabili. Se un cristiano cade nell’ira a causa di una frustrazione, una delusione, un torto subito o molto altro ancora per cui assume comportamenti come la vendetta e la perdita del controllo, tali comportamenti non sono graditi in alcun modo a Dio; ma se il cristiano vede la giustizia calpestata, il povero maltrattato , la pace minacciata, l’amore distrutto e vilipeso e si sdegna, protesta perché questi valori sono violati e disprezzati, in questo caso il suo gesto di irascibilità non è altro che un invito a scuotere gli animi e risvegliarli dall’indifferenza, apatia, rassegnazione, rinuncia, e a suscitare in essi giusta indignazione.
Non bisogna confondere, pertanto, l’iracondia che sfocia nell’aggressività, che è segno dell’impotenza della razionalità di chi non riesce ad aggrapparsi alla coerenza della giustizia e precipita nell’assurdo perdendo ogni autocontrollo, con l’irascibilità intesa come indignazione e che, invece, scaturisce dallo sdegno in presenza della violenza e dell’immoralità, pubblica e privata, e che non fa ricorso alle urla e all’ira ma alla ragione che è capace di imporsi da sé.
Il cristiano che ricorre a parole cariche di livore, vendetta e rancore sarà sempre vittima del peccato di ira e non farà che seminare odio e malessere: sarà quindi sottoposto a giudizio.
Il modo migliore per sfuggire all’ira è quello di lasciarsi illuminare dalla fede, la quale aiuta a capire che le parole hanno un grande potere e che occorre una grande responsabilità nel comunicarle e gestirle: è questa la strada che bisogna percorrere per evitare di lasciarsi dominare dall’ira!