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Pozzallo: “Minori dentro l’hotspot rinchiusi per troppo tempo”

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Minori che restano più di 60 giorni dentro l’hotspot di Pozzallo e nella struttura di contrada Cifali ma che, in realtà, dovrebbero stare solo pochi giorni prima di ricevere il foglio di via per altre destinazioni. È la pesante denuncia che Medu (acronimo di una organizzazione umanitaria che sta per “Medici per i diritti umani) mette alla luce del sole con un comunicato stampa ufficiale diffuso in queste ore. I minori, denunciano gli operatori Medu, non possono uscire neanche per una passeggiata. Sono “rinchiusi” perché altro non puoi dire di un posto in cui devi restare un tempo indefinito e lungo, in cui non hai la libertà di entrare e uscire, in cui, ad ogni angolo, sono presenti uomini armati in divisa. “Molti di loro, in queste condizioni, rivivono il periodo orribile trascorso nelle carceri libiche e non di rado i disturbi post traumatici emergono o si acutizzano”, osservano i terapeuti Medu, che ogni giorno raggiungono i due Hotspot per svolgere sessioni individuali e di gruppo di Psychological First Aid (PFA) e orientamento legale.
Le strutture non sono dedicate ai minorenni né sono pensate, in generale, per periodi lunghi, pertanto non esiste alcun tipo di attività per trascorrere il tempo o metterlo a frutto. Nessun corso di italiano, non un campetto da calcio o un salone comune in cui socializzare. I giovani migranti alternano il rimanere a letto, all’attesa dei pasti, per poi ripiombare nel letto, nella penombra delle camerate. Tanto tempo in cui continuare a pensare e ripensare a ciò che si è lasciato alle spalle, al futuro incerto, ai bui momenti trascorsi durante il viaggio e durante l’orribile permanenza in Libia. “Gli hotspot – è scritto nel comunicato – per i minori stranieri non accompagnati, diventano un limbo in cui sopravvivere aspettando un foglio e aggrappandosi alla speranza che quel foglio sia una lista di numeri e che in una di quelle righe sia scritto il numero che è stato loro assegnato all’arrivo”.
Una volta a settimana, un agente delle forze dell’ordine esce con un foglio con scritto chi andrà via e chi resta. Immaginate la delusione di chi vuole abbandonare l’hotspot ma deve restare. Secondo Medu, alcuni minori sono rimasti rinchiusi dentro l’hotspot più di trenta giorni, un tempo davvero lunghissimo.
Unica notizia di giornata è che il famigerato centro di espulsioni veloci, inaugurato solo qualche mese fa presso la zona industriale Modica-Pozzallo, oggetto anche di manifestazioni di solidarietà al fine di farlo chiudere, oggi era completamente vuoto. Nessun migrante al suo interno. Solo una carabiniere all’interno della struttura e un militare dell’Esercito all’esterno del perimetro abitato, poi il nulla.

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