
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, si è rivelato fin dall’inizio una fucina inesauribile di idee. Se brillanti o meno, oltre al mercato, saranno i cittadini a giudicare. Ha esordito dicendo di voler contrastare le grandi multinazionali, ma in testa ha Uber, imbattibile concorrente delle auto bianche per qualità del servizio, pulizia del mezzo, educazione dell’autista, puoi perfino attribuirgli un punteggio, da 1 a 5, garanzia che il prezzo della corsa sarà quello comunicato una volta scaricata l’app e scelta la destinazione, pagamento con carta. Non c’è storia. Il ministro ha anche pensato di combattere l’inflazione calmierando i prezzi dei beni di largo consumo, coinvolgendo, per un accordo, produttori e venditori. Un metodo poco ortodosso in un’economia di mercato, dove il prezzo “giusto” non è lo Stato ad imporlo, ma il punto di incontro tra domanda e offerta. Il ministro dovrebbe sapere che abbassare i prezzi al di sotto del livello di mercato significa indurre una diminuzione dell’offerta con la conseguenza che una parte del fabbisogno rimane insoddisfatta. Quello che è accaduto quando Conte stabilì di fissare a 50 centesimi il prezzo di una mascherina: si faticava a trovare quei dispositivi proprio nel momento in cui il Covid imperversava. Ma l’esperienza altrui si dimentica, in particolare se si opta per il consenso immediato che spesso si trasforma in boomerang. Fatto sta che produttori e venditori devono aver pensato di trovarsi improvvisamente in un paese sovietico e il ministro Urso è diventato di colpo Urss. Tu ci hai cambiato i prezzi, noi ti cambiamo il nome. Ancora non contento, l’attivissimo ministro delle Imprese, delle quali è poco amico, ha preso di mira le compagnie aeree, prendendosela con Ryanair. Perché, si è chiesto, non fare un decreto contro l’aumento dei prezzi dei voli con destinazioni verso e dalle isole nei periodi in cui il traffico è maggiore? Convinto del successo, ha dato disposizione di diffondere sui media la foto che lo ritrae sorridente in compagnia del ceo di Ryanair, a conferma del raggiunto obiettivo. Mal gliene incolse. La compagnia irlandese ha annunciato il taglio di una decina di rotte in Sardegna cui potrebbe seguire la Sicilia. Chi pagherà le sbruffonate dell’azzardoso ministro? Che però non demorde. Ha infatti concepito l’idea di tagliare il valore nominale dei crediti deteriorati, gli Npl (non performing loan), quelli cioè non esigibili, di cui le banche si sono liberate vendendole a operatori disponibili all’acquisto. Lo scopo di Urss sarebbe dare la possibilità ai cattivi pagatori di estinguere i loro debiti comperandoli a prezzi scontati. Una proposta, secondo gli esperti in materia, che distruggerebbe il mercato degli Npl a causa del crollo dei prezzi, con conseguente fuga degli investitori. Il mercato dei crediti deteriorati, infatti, è una infrastruttura strategica per il paese che è in grado di assorbire quantità rilevanti di crediti deteriorati che altrimenti graverebbero sulle banche nei periodi di recessione economica, indebolendo il sistema. Una proposta, come il decreto sul taglio dei prezzi dei voli low cost e la tassa sugli extra profitti bancari, che rivela l’incompetenza di Urso e in generale di FdI in campo economico e che si ritorcerà contro il paese. Il populismo, di destra e di sinistra, produce frutti avvelenati che politici più adatti a fare i bancarellari, vendono a un popolo che identificano come una massa omogenea e indifferenziata, mossa dalle stesse pulsioni, dallo stesso risentimento nei confronti delle istituzioni e dagli stessi odi, priva di discernimento e razionalità, quindi manipolabile e facilmente aizzabile. Quella parte di paese, restia ad assumersi responsabilità e porsi domande, che inevitabilmente, prima o poi, si troverà a doverne pagare il prezzo. Meloni lo ha capito e ha fatto una rapida retromarcia scegliendo il pragmatismo e il controllo sulla spesa pubblica. Non basta. Deve debellare il populismo che si annida nel suo partito evitando che esploda in quello dell’alleato Salvini.