
Incagliata nelle secche del massimalismo, tornato in auge con la promessa della svolta rivoluzionaria da parte di un’aliena eletta da passanti, tale è percepita Elly Schlein da una parte dei dem e non solo, la “comunità” plurale, come si vuole che sia, presenta qualche segno di cedevolezza. L’estate militante della segretaria, scoppiettante di energia nelle intenzioni e nelle attese, è consistita in qualche dichiarazione scandalizzata sull’ “involuzione autoritaria del paese”, qualche commento sugli atti di governo, bollati ovviamente come esecrabili, e consueti espedienti per evitare di rispondere a domande dirette sul termovalorizzatore di Roma e perfino sull’abbattimento dell’orsa JJ4. Siamo ancora all’anno zero. Continuando di questo passo, il Pd potrebbe accorgersi di non avere una segretaria. Forse, prima del Pd, se ne sono accorti a Parigi, dove Schlein si è recata per incontrare Anne Hidalgo, il sindaco socialista della capitale. Neanche in Francia Elly ha voluto esporsi. Alla domanda se imporrebbe alle studentesse islamiche il divieto, in vigore in Francia da quest’anno, di indossare l’abaya, una tunica che copre il corpo dalla testa ai piedi, Schlein ha prudentemente risposto: “Non ho seguito la vicenda”. Non le fa difetto, invece, l’impeto con cui attacca il Jobs Act e il suo ideatore, sapendo di sfondare porte aperte dentro il partito, tra gli odiatori, quasi tutti, dell’ex premier, e di calamitare abbracci di puro affetto da parte di Landini e Conte. Non sa, il Pd, che cancellare definitivamente la riforma di Renzi sarebbe il modo più veloce per suicidarsi politicamente. Ma ormai, preso nelle maglie del populismo, il Partito democratico, con qualche eccezione, vede come unico possibile orizzonte economico l’assistenzialismo di Stato. Basterebbe un dato a fargli aprire gli occhi: il reddito di cittadinanza, costato 31,5 miliardi dal 2019 ha creato in due ani 536 posti di lavoro, non ha risolto il problema della povertà, ha incrementato il lavoro nero e le truffe ai danni dello Stato. Però, in mezzo ai compagni nostalgici di falce e martello, si sta facendo strada, a fari spenti, la voglia di riformismo. “Energia popolare”, la creatura di Bonaccini, pragmatismo contro ideologia, è il segnale che fa sperare insoddisfatti e irrequieti. Intanto, dando un’occhiata a quello che accade fuori, si scopre che Keir Starmer, il laburista inglese che nel 2020 ha scalzato Jeremy Corbyn, convinto sostenitore della visione più a sinistra del partito e idolo di Roberto Speranza rientrato nel Pd con l’arrivo di Schlein, ha detto che non imporrà una patrimoniale (la fissazione delle sinistre), non aumenterà le tasse sui redditi più elevati e favorirà il contributo delle imprese nel processo legislativo. Escludendo qualsiasi aumento dell’aliquota massima dell’imposta sul reddito, 45%, ha dichiarato: “Sono molto favorevole alla creazione di ricchezza e voglio vederne di più in Gran Bretagna”. Prenda nota la Schlein o chi per lei o si faccia consigliare da un economista esperto. Le dirà che non è l’aumento della tassazione, ma la crescita economica l’ingrediente giusto per affrontare la spesa sociale e diminuire le diseguaglianze. Oggi, i Labour sono ritenuti più affidabili dei Tory e sono molto in alto nei sondaggi. Il passaggio dalla sinistra radicale al riformismo centrista, ha attirato i blairiani e messo a tappeto i corbyniani. Il mondo moderato si organizza, facendo incontrare conservatori e liberali e Renzi ha già annunciato la nascita di “Il Centro”. Il Pd, al contrario, ha detto che il blairismo è archiviato. Continuerà a perdere.