E’ deceduto oggi a Modica, all’età di 80 anni, il poeta Antonio Lonardo, modicano d’adozione e per tanti anni docente di materie letterarie presso l’Istituto Archimede.
Lonardo ha frequentato per diversi anni il Caffè Letterario Quasimodo di Modica, e lo scrivente ha avuto modo di conoscerlo e di avvicinarsi al suo mondo poetico: egli ha infatti avuto con la poesia un rapporto vitale e di forte carica emotiva. Soltanto nella parte più matura della sua esistenza questo rapporto ha trovato la sua bellezza espressiva. Desidero tracciarne un ricordo dando uno sguardo a quelle raccolte poetiche che si sono rivelate, a mio avviso, particolarmente interessanti, ossia Desiderio di luce (2005) che ha visto numerosi riconoscimenti e assegnazioni di premi in vari concorsi letterari italiani, e Le stagioni del cuore, nella quale trovano convergenza i dettami di un affinamento lirico-estetico sicuramente di ottima lega.
Se in Desiderio di luce Lonardo presenta la sua dichiarazione di poetica muovendosi all’interno di una filosofia di linguaggio cosmico, cosmogonico, universale nella quale è presente, da una parte, la fedeltà ai classici e, dall’altra, un’ attenzione alla modernità, con la raccolta Le stagioni del cuore (2008) le sue parole poetiche diventano linguaggio detto in situazioni vissute, in contesti di relazione; l’operazione, insomma, che egli conduce sulla pagina è proprio quella di dare voce alla singole parole del cuore che maturano nei vari accadimenti umani, trasformandole in un linguaggio poetico intenzionale, cioè strutturalmente fatto e costruito per significare intenzioni, affetti familiari, idee, sentimenti, messaggi etici e sociali, desideri reconditi e inespressi.
Se la “luce” era quel filo interiore ed emotivo che univa, nella partitura lirica della prima silloge poetica, lingua, linguaggio e parola per costruire un percorso in cui la luce diventava vita e sapienza dispiegandosi tra realtà ed utopia, in Le stagioni del cuore è proprio il “cuore” a divenire il “luogo della poiesis” , non nel senso sentimentalistico, ma in una prospettiva coscienziale; il suo cuore di poeta diventa la “syneidesis” greca , ossia “visione d’insieme” del suo sguardo interiore con cui egli coglie se stesso nella varie stagioni della vita e la sua collocazione nel mondo. Il poetare di Lonardo è sempre stato ricco di suggestioni affettive scorrendo come “acqua limpida” che tende a dissetare la grande ricerca dell’uomo contemporaneo di risposte ai grandi temi dell’esistenza. I suoi versi parlano il linguaggio della verità libera da residui ideologici, ponendosi come “voce critica” che riesce a leggere la complessità del nostro vivere quotidiano.
Paure, proclami di pace, ansie di riscatto, intagli gnomici, grida di giustizia si dispiegano qua e là lungo tutta la tessitura lirica della sua poesia, costruendo un discorso nel quale metamorfosi ed antinomie, vita e morte, situazioni e difficoltà, passato – presente- futuro, miraggi e utopie, introspezioni e rimpianti fanno risaltare la fenomenologia della nostra terrestrità fragile e confusa, limitata e spaesata.
Le stagioni del cuore è una raccolta che si apre con un dialogo dell’autore con la poesia; egli la sente come necessità esistenziale, la esalta, la sublima: parole di cielo / condite con la terra /degli uomini, alla ricerca / di un ponte per la vita , (in “Oracolo poetico”); quindi, innalza quasi un lamento di sofferenza perché avverte che , oggi, la poesia appare “sconosciuta”, “svalutata”, “bistrattata”:…sei sconosciuta ai più, / che vivono lontano / nelle foreste intricate / della quotidianità perversa / degli infiniti interessi….Pur nella magia / delle tue visioni, / sei svalutata / da chi apprezza / soltanto valori deteriori / dello squallore mimetizzato / della corsa contro il tempo. / Pur nella luce / delle splendide parole, / sei bistrattata / da cervelli non pensanti, / da cuori non amanti, / da uomini senza futuro, nel vuoto del presente / (in “Bellezza poetica”).
Tutto la struttura portante della successiva versificazione del volume si sviluppa, poi, in 7 sezioni, ove l’approdo lirico risulta sempre condotto su vettori comunicativi pregni di carica umana.
Nel suo poetare Lonardo interroga la vita nelle sue complesse sfaccettature, dà voce ad un canto lirico nel cui pentagramma tralucono le sue “proiezioni”; egli cerca “la felicità dell’ essere”, indaga le contraddizioni dell’uomo di oggi, i limiti dell’“uomo della scienza”, indugia nel domandarsi “cos’è la vita”( …Un cerchio /, misteriosamente nato / da un punto importante / che ritorna..: /Dio, alfa e omega…, in “Domanda”), spezza i brandelli del tempo, raggomitola i ricordi del passato nei quali si vivacizza, si acquieta al riposo della sera trovando che “E’ bello: / soffrire e godere,/ aspettare e giungere,/ donare e ricevere, / odiare ed amare, / guardare ed ascoltare, / correre e fermarsi, / dormire e vegliare, / sognare la vita (in “Sera”). E in questa miriade di riflessioni, il poeta sente che “tutto è reale / anche l’assurdo; tutto è facile, /anche l’impossibile; / tutto è vero, / anche l’illusione”(in “Notte”).
Un percorso dialettico, tormentato, carico di forte realismo si coglie nelle due sezioni “Personalità” ed “Emozioni”. Qui le liriche di Lonardo si vestono di un patina di mestizia, operano uno scavo interiore nell’anima aperta alla trascendenza (…Rivivo, ancora,/ con la stessa intensità,/ le forti emozioni /di preghiere rivolte/al Tabernacolo rinchiuso/nella teca del mio cuore, in “Vicinanza”), si organizzano come “mosaico” nel quale suggestioni, fantasie, risvegli, emozioni, paure, brividi ed esperienze disegnano i tratti di uno “status esistenziale” oggettivato in immagini, figure, cose, paesaggi e chiaroscuri che lasciano intravedere l’orizzonte polisemantico di una scrittura poetica che dal piano strettamente personale si innalza a quello universale.
I temi poetici si muovono ora con un “impronta impressionista” che sa dipingere “i primi raggi di sole / nell’ebbrezza del mattino, (“Suggestione”)…”, ora con un afflato elegiaco che scandisce il cammino degli uomini, i quali “ Nella sterminata terra del globo, / guidati dall’imperscrutabile Fato, / si muovono…/ in accidentali strade, / per specchiarsi negli occhi / e ritrovarsi piuttosto simili…(“Speciale cammino”); ora con percezioni emotive e sensitive giocate su binomi lirici costruiti in climax ( Sveglio…/ ho scoperto; Sveglio… / ho visto; Attento…/ ho attirato ; Furioso…/ ho combattuto; Dolce…/ ti ho virtualmente abbracciato…).
Il sentimento di Lonardo appare, spesso, mutevole e sofferto, come nel caso delle liriche “Paura” e “Arrivederci”, ove l’assonanza delle iterazioni diventa un ritornello che prosaicizza il verso radicandolo nella contingenza delle emozioni rubate al cuore. Emozioni che diventano quasi “palpito bruciante” nella sezione “Lili”, ove il poeta consuma la dinamica affettiva della sua paternità, dando spazio ad un canto d’amore nel quale ciò che più conta non è la ricreazione di idilli familiari, ma la consapevolezza che l’alterità autentica è quella che sa cogliere la bellezza della diversità, il valore di un legame che vale in se stesso in quanto espressione del “miracolo della vita”.
Il libro Le stagioni del cuore di Antonio Lonardo trova, infine, la sua articolazione contenutistica in tre “categorie chiave” che fanno di lui un “poeta esistenzialista” di stampo heideggeriano. “Situazioni” “Introspezioni” e “Difficoltà” sono i titoli delle ultime sezioni liriche della raccolta, ove il poeta fa confluire ben 25 testi poetici, alcuni dei quali distribuiti sulla pagina come piccoli frammenti e con fraseggi che evidenziano l’inafferabilità della realtà e, quindi, della verità nella sua dimensione e significazione universale. “Scarti d’esistenza”, ad esempio, è un testo lirico che sembra rimandare all’individuo “gettato nel mondo” di Heidegger, mentre “Mistero” è la ricerca di risposte ad una esistenza inautentica e spesso legata alla banalità del quotidiano.
La poesia di Lonardo, dunque, si snoda come fenomenologia dell’esistenza, perché coglie l’uomo nella sua situazione esistenziale singolare e nella concretezza della vita vissuta; l’identità, le differenze, il destino, la morte, il futuro sono i lemmi di un discorso poetico che non smette – luzianamente parlando – di interrogare il piano divino dell’essere e la verità oggettiva.
I versi pertanto hanno un “piglio filosofico” radicato in una dimensione trascendente matura e ragionata, un circuito comunicazionale in cui, a volte, sembra prevalere un forte pessimismo (“la morte ha sostituito la vita!), altre volte l’orizzonte della rinascita vagheggiato nelle forme di quel giardino edenico coperto dalla coltre del mistero divino.
Lo stile e il ritmo delle liriche appaiono sempre delicati, soavi e soffusi di un pathos interiore da cui trasuda la quotidianità umana di Antonio Lonardo, il suo inquieto e continuo bisogno di interrogare la vita, il mistero del bene e del male, il senso cosmico dell’esistenza umana.
Quella di Lonardo è una poesia, a tratti, anche ermetica, dove la parola si arricchisce di immagini, metafore, simboli, accostamenti analogici giocati con destrezza intellettuale e padronanza linguistica. Qui, però, il verso cede il passo, come si nota in alcune poesie, alla ricercatezza, all’effetto e gioco fonico della parola, soffocando la spontaneità del fluire lirico e le propulsioni del cuore.
Quando nella poesia il senso estetico e le costruzioni linguistiche limitano gli spazi del cuore o, peggio, fanno da ostacolo, il lettore ne rimane poco coinvolto; quando invece la parola poetica, anche se ermetica e allusiva, mantiene in se stessa l’efficacia della risonanza emotiva, essa diventa forza meditativa e luogo di “ri-creazione” interiore. Certo, il virtuosismo e la preziosità ricercata di alcune liriche di questa raccolta liberano, è vero, la parola poetica da funzioni descrittive, ma rendono intricato e complesso il processo interpretativo ed evidenziano una oscurità forse dettata dal bisogno del poeta di “rivelarsi” e “non rivelarsi”, quasi a voler suscitare nel lettore una sorta di curiosità metafisica.
A parte queste ultime notazioni, riteniamo che la poesia di Lonardo abbia un vero valore per quello che dice e per la struttura linguistica che utilizza, per la costruzione dei suoi percorsi psico-sociologici e per la ricchezza dei messaggi che riesce a dare all’uomo contemporaneo.
Egli fa sempre coincidere forma e contenuto, non slegando mai l’adesione interiore, sofferta e ponderata, dal momento ispirativo , per cui è fuori di dubbio, anche quando si nota una rarefazione ermetica, che la sua poesia non è una mera ostentazione retorica costruita su un gioco di metafore, di accostamenti semantici, di similitudini disposte su binomi lessicali e fotogrammi connotativi, ma il canto del “nunc fluens” dell’esistenza umana, trasferito sul pentagramma lirico e sulla partitura strutturale de Le stagioni del cuore con un codice linguistico rapido, vivace e mai monotono e con un andamento caratterizzato da forte tensione emotiva, da una notazione psicologica matura e tormentata, capace di entrare in relazione con il “tu” delle persone e con le cose ridotte alla loro essenza più nuda. La poesia di Lonardo ha fatto navigare i suoi lettori nei mondi vitali dell’esistenza umana per coglierne le realtà più nascoste e le segrete sfumature, già fortemente concentrate nel suo cuore e divenute messaggio e oggetto di meditazione nel silenzio di ogni stagione. Nel concludere questo ricordo, non posso che dirgli con le parole di Ovidio: Antonio, “abbiti come regalo il cielo”!
- 8 Settembre 2024 -
1 commento su “Ricordando il poeta modicano Antonio Lonardo… di Domenico Pisana”
Grazie di questa splendida recensione dell’opera di un poeta che non conoscevo,ma che viene delineato con chiarezza e con osservazioni che mettono in luce le sue caratteristiche liriche e soprattutto la sua poetica, in cui confluiscono pensiero sentimento,approccio emotivo nei confronti della vita e delle esperienze che la caratterizzano.