
Leggere un libro è sempre una esperienza di alterità. E’ ciò che mi è capitato con il testo “Alla luce del mito” dello scrittore pugliese Marcello Veneziani , che anni addietro è stato anche ospite del Caffè Letterario Quasimodo di Modica; sicuramente è , insieme a Cacciari, Galimberti, Fusaro, tra gli intellettuali più interessanti del panorama culturale italiano, voci spesso fuori dal coro.
Marcello Veneziani, che si occupa di filosofia, teologia, antropologia e politica, nel libro, “Alla luce del mito”, Marsilio editore, affronta il tema del mito in modo singolare e originale, operando una sorta di circolarità ermeneutica tra gli antichi miti classici e la contemporaneità colta nelle sue articolazioni sostanziali e problematiche.
L’autore guarda al mito come ad un “bisogno dell’anima”, inserendolo in una prospettiva soteriologica: il mito – secondo Veneziani – ha la possibilità di salvare l’uomo della post modernità , in quanto non è una mera illusione o un semplice frutto della fantasia, ma un’intuizione, un entrare nella dimensione della verità dell’ “oltre” ove scorgere il bello del mondo.
“Il mito – scrive l’autore – non è un pensiero fondato sul calcolo e sul tornaconto, non è pensiero utile e conveniente, ma gratuito, essenziale, rivolto al bello, radicato nella tradizione, nella ripetizione e nel rito ma aperto all’inaudito, all’eccezionale, al miracoloso, mirato all’Essere, di cui il divenire è una vicenda interna”.
Il mito, insomma, per Veneziani riporta l’uomo alle origini di se stesso, lo inquieta ponendogli domande del tipo: perché nessuna cultura riesce a fare a meno dei miti? Perché alcuni miti mantengono ancora oggi la loro validità? L’autore parla di mito come strumento di “ri-fondazione” dell’esistenza e della società, ne fa un racconto con il quale occorre confrontarsi, atteso che esso narra fatti fuori dal tempo, e proprio per questo costituisce una sorta di osservatorio in grado di capire, spiegare e interpretare gli accadimenti che avvengono nel nostro tempo, siano essi politici, sociali, economici, religiosi, culturali.
Per Marcello Veneziani nonostante la cultura occidentale e post moderna abbia defenestrato i miti classici per dare spazio allo sviluppo della tecnica e della scienza, accade che oggi la storia, la politica, la società, la scienza e le culture si sono costruite altri miti: cosa sono, infatti, gli idoli di oggi se non surrogati dei vecchi miti? E se gli idoli di oggi, che spaziano dall’avere al potere al sapere, finiscono per costruire quella che l’autore definisce “la vita piccola”, il mito, al contrario, aiuta a costruire “la vita grande”, aiuta a pensar grande, tant’è che afferma:
“La prima vita è quella che accade anche senza volerlo, la vita spontanea, quotidiana e ordinaria, immersa nel fluire delle cose e dei fatti, che si perde nella vita e poi nella morte. La seconda è la vita che si sporge oltre se stessa fino all’invisibile, la vita che pensa e che sogna; è cosciente di sé, ha una visione, coglie un disegno e si protende oltre la morte. Una si spande nel mondo e si spende nel tempo, l’altra cura di mettere in salvo. Le due vite scorrono quasi parallele ma talvolta, come accade negli scambi ai binari, s’intrecciano, stridono e perfino si urtano. Una può dirsi ‘la vita piccola’, l’altra ‘la vita grande’. La prima ha limitati orizzonti, rinchiusa nella gabbia dei giorni e dell’ego. La seconda è la vita del mito e del pensar grande”.
Quel che piace di questo libro è l’esegesi del mito come fenomeno culturale complesso, come narrazione che ricorre al linguaggio simbolico della mitologia e delle cosmogonie affinché la nostra contemporaneità si riappropri degli elementi fondativi della sua esistenza. Se è vero che il mito racconta da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo, è altresì vero che, secondo Veneziani, queste domande rimangono inalterate ancora oggi; la sua tesi di guardare il mondo di oggi con gli occhi del mito è un messaggio forte che trova la sua verità nel fatto che i miti – e gli eroi – costituiscono la necessità permanente dell’umanità di andare oltre la terrestrità proiettandosi in una dimensione superiore, in una vita più grande, in un racconto di fondazione.
Se la scienza con i suoi mezzi tecnici mira a modificare il mondo, a scientizzare quasi tutta la realtà, rubando l’anima all’uomo, fino a manipolarla con le sue “mani” , il mito per Veneziani sono gli occhi, quegli occhi che riescono ad intercettare “l’immagine riflessa della verità” , che fungono quasi da “ facoltà d’intuizione” che ha le sue radici negli strati più profondi dell’anima, una facoltà capace di afferrare intuitivamente le realtà invisibili, anzi trascendenti; insomma con gli occhi del mito l’uomo ha la possibilità di ricercare la “verità dell’interpretazione metafisica” che tende a ricostruire le fondamenta di una società dove gli idoli e i suoi surrogati hanno fatto piazza pulita di ogni dimensione valoriale, spirituale e ultraterrena. Un viaggio, dunque, quello di Veneziani alla ricerca di una dimensione esistenziale superiore e con in mano la bussola del ‘mitopensiero’ e degli spazi di senso e di significato che possono irradiare raggi di bellezza sul nostro tempo.
Questo libro è un invito a purificare il mito della sua dimensione meramente fantastica, e a guardarlo, invece, come una forza di novità per il nostro tempo, perché fa scoprire altri orizzonti, rivela – direbbe Eliade – “un’ontologia dell’essere” aiutando l’uomo a raggiungere una conoscenza completa e coerente che conduce alla scoperta della propria natura, tant’è che l’autore così si esprime:
“Il pensiero mitico non è poi astratto ma intriso nel mondo, è un geo-pensiero che occhieggia nei luoghi e riconosce il genius loci. Il pensiero mitico si esprime quindi con la parola che si traduce in immagine e in metafora, ma non si esaurisce nel linguaggio delle parole, perché si esprime anche nel silenzio e nel canto, nella musica, nella danza e nel gesto, nel disegno e nella pittura, nel video e negli ologrammi. Il pensiero mitico non si rivolge solo alla mente ma ha come suo destinatario i cuori intelligenti, le anime pensanti, le intelligenze visionarie, cioè capaci di dotare la ragione di occhi lungimiranti. E ancora. Il pensiero mitico non esclude dai suoi orizzonti la fede e la mistica, il miracolo e la magia, il presagio e la profezia, il sentimento e la commozione, il carisma e il simbolo”.
Il libro di Marcello Veneziani tende insomma a leggere il mito come forza di cambiamento, “qui ed oggi”, nel cuore dell’uomo, un mito in grado di salvarci dalla generale percezione di decadenza che avvertiamo nel nostro tempo a causa di un ribaltamento del rapporto tra cielo e terra: se l’uomo continua a rubare ancora il fuoco agli dei, come Prometeo nella mitologia greca, il rischio è che l’uomo tende a separarsi ancor più da Dio e in un’epoca che non crede nel mito, ma è “gremita di miti e fabbriche di mitologia, non riusciamo a sognare e non riusciamo a vivere la realtà”.
Questo saggio, che potrebbe apparire un salto nel vuoto, nel nulla, nell’irrazionale e una “fuga mundi”, in realtà è una scommessa antropocentrica, perché punta sull’agire dell’uomo, la cui prassi ha senso e possibilità di successo solo se si fonda sulla “ripetizione” dell’impresa originaria e sulla sua “memoria”; certo, “il mito – dice Veneziani – non ripara dal pensiero della morte, non offre soluzioni né panacee; può confortare, dona cerimonie d’addio, riti di purificazione e di propiziazione, ma non riesce a dire nulla al di là della soglia. Racconta, esplora, consola, rende concepibile la morte, rasserena il passaggio finale con amor fati, lo inserisce nel flusso perenne di nascite e morti, tramonti e rinascite; insegna che il mondo non nacque con noi e non finirà con noi, siamo solo un punto, un episodio, una vicenda minuta del cosmo. E la morte nostra non è la fine del mondo. Ma nulla può dirci, può darci per sciogliere il mistero. La morte – prosegue lo scrittore – è la verità da cui non si sfugge e che non si può dire; il mito può dotare di un viatico, un rituale, un abito consono per affrontarle ambedue. Ma non trattiene, non risolve l’enigma, non spiega la morte e il destino che segue. Racconta, racconta, ti riempie gli ultimi sguardi di ardite visioni e ti tiene la mano al passaggio…”
Con un linguaggio straordinario, comunicativo, affabulante ed uno stile quasi parlato, questo libro raggiunge davvero la mente e il cuore del lettore, e li raggiunge non per convincerlo ma per lasciare domande, per aprire riflessioni sul fatto che di miti si può vivere, che il mito può invertire la decadenza, e che “La via d’uscita, facile a dirsi e ardua a realizzarsi, è – afferma l’autore – restituire i sogni alla notte e la veglia al giorno, ridare il cielo agli dei e la terra agli uomini, ripristinando il duplice bisogno di miti e di realtà che ci rende uomini; collocati però nel loro giusto topos e kairos, mai scambiandoli di posto e di momento”.
2 commenti su “Il libro di Veneziani “Alla luce del mito”…di Domenico Pisana”
Dall’esposizione del Prof. Pisana, appare chiaro che tutti siamo perfettamente coscienti che stiamo vivendo e assistendo ad un trapasso sociale epocale. Chi più chi meno capisce che il mondo dove stiamo andando a ficcarci sarà formato da miti costruiti ad arte per dare le illusioni a chi non vuole sentire o vedere.
In pratica prima ti inganno e poi ti incastro!
Mi chiedo: Se abbiamo questa consapevolezza, cioè che stiamo andando verso l’indefinito, perchè poi le stesse persone si infastidiscono quando li metti di fronte alla realtà?
Se saremo costretti a ricorrere a stadi di civiltà antecedenti ( ad esempio: Lo stadio mitologico o dei miti) , per porci le domande : da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? E cercare di illuderci di poter di rispondere, per vivere una vita più profonda e meno banale; Ignorando il nuovo Testamento , in particolare il vangelo e San Paolo Apostolo. Allora lo stadio attuale della civiltà rappresenterà la meta raggiunta di una grande evoluzione-