
Su Grazia Dormiente si dovrebbe aprire tutto un discorso tra letteratura, storia, ricerche etnoantropologiche e a denominatore del tutto. Un tutto che è poi luminosamente il costante impegno civile e morale come missione. Intelligenza, creatività, operatività che è la sua costante e coerente linea di responsabilità umana che Grazia non ha mai smesso di donare alla sua città nativa Modica, per dire a tutta la realtà culturale che definiremo iblea, anche se a tale definizione bisognerà attribuire significati morali di incisività universale.
Noi conosciamo Grazia Dormiente fin dai giorni del suo esordio di poeta. Abbiamo avuto il privilegio di presentare Ciottoli a Modica, a un pubblico di estimatori che gremiva i locali del teatro dove si è svolto l’evento, per noi indimenticabile. Gremiva. La voce di un verbo che ci soccorre per dare significato a quanto veniva dimostrato alla personalità della docente, della poetessa, della concittadina che Gesualdo Bufalino avrebbe, anni dopo, definito, in altra occasione ricordata in questo nuovo libro, Schizzo di fuoco.
Dagli anni della docenza a quelli attuali che ne continuano altre, sempre più meritorie impegnative ricerche, la missione/ le missioni di questa personalità della civiltà siciliana non ha smesso di rappresentare una presenza che diremmo notarile se la parola fosse possibile aureolarla di quanto Grazia Dormiente, di là della sua missione di storica delle tradizioni e di saggista e poeta, ha su altro ampio fronte operato in iniziative di fondazioni, creatività geniali e poesia.
Una missione notarile posta sul comune denominatore degli studi, dell’amore per la propria terra e della genialità creativa che ha continuato a colorare di momenti storici le impronte della sua presenza ora nella fondazione del Museo delle arti e dei mestieri ora, in anni più vicini all’attualità, accanto a Nino Scivoletto, a ridare anima e corpo al “Cioccolato di Modica”.
Anima e corpo si potrà dire, perché alla parte che ha caratterizzato le ricerche (Anima) sono puntualmente seguite quelle della concretezza degli esiti (Il corpo tangibile), fino ai momenti del rimboccarsi le maniche per recuperare direttamente attrezzi tecnici, strumenti di lavoro e quanto di pertinenza etno-antropologica per il prezioso capitale di beni che diedero ragioni di orgoglio e vanto al momento di confrontare le ricchezze del Museo di Modica, lo stesso Museo che Grazia, dopo esserne stata distinta cofondatrice, si è vista costretta a farsene, anni dopo, rifondatrice con la sua solita tenacia, competenza e amore. Un momento, quest’ultimo che tra le pagine della parte conclusiva di questo libro trova, anche per tale occasione dimostrativa, testimonianze scritte e immagini incredibilmente nude e crude circa lo stato di abbandono e forse di incosciente saccheggio dei valori conservati e quindi dispersi in attesa di essere riportati alla loro nobile destinazione.
I risultati parlano, raccontano, testimoniano quanto Grazia Dormiente ha dato alla sua Modica per dire all’intero territorio ibleo e concludere con il significato di quanto nel suo insieme è luce di concreto patrimonio di Sicilia.
Questo “I tre insulari”, che giunge dopo le innumerabili pubblicazioni di competenza etno-antropologica, letteraria, storica sino alle recenti preziose ampie testimonianze su Quasimodo e La Pira, Grazia Dormiente lo ha scritto – ci sembra – per confermare extra omnes principi e rivendicazioni con garbo intellettuale e impronta storica.
Diremmo meglio osservando come alle brevi e dense occasioni rivolte alle tre personalità insulari, Bufalino, Consolo, Sciascia del Secondo Novecento letterario, non solo siciliano, seguano e (per dirlo con il verbo all’indicativo) si concatenano tra osservazioni, precisazioni e testimonianze a futura memoria. Memorie che assumono significati anche di bruciante attualità e quasi, (nel capitolo conclusivo, sul Museo), di accorata denuncia. Denuncia che a noi sembra di poter cogliere nel “gridare sottovoce” (ci si consenta l’ossimoro) su quanto, proprio a Modica e proprio in una istituzione nella quale Grazia Dormiente ha impresso gran parte del solito proprio impegno, e che come dimostrano le inequivocabili immagini a corredo, presentano il momento incivile del mesto volto dell’abbandono e dell’incuria, e forse di altre non belle intenzioni di chi abbia potuto approfittare di una pausa per assenza di controlli e conduzione per qualche operazione non degna di essere ricordata.
È il capitolo dove si deve parlare di salvaguardia di beni appartenenti a una civiltà locale unica e irripetibile. Beni culturali che se considerati nella loro origine istituzionale di destinazione al Museo delle tradizioni popolari, da leggere anche attraverso i reperti degli strumenti di lavoro del passato prossimo e remoto, come capitale di inestimabile valore universale, a parità di meriti con quello locale di Modica e degli Iblei.
L’accostamento del tema alle occasioni umane delle frequentazioni dell’Autrice con Bufalino, Consolo e Sciascia, noi, da lettori e estimatori di Grazia Dormiente lo consideriamo come spontanea reazione intellettuale e umana al momento di voler dire senza proclamarlo che sul piano della memoria e delle memorie anche il Museo di uno singolare sostanzioso scorcio di civiltà siciliana, è da assumere come motivo di orgoglio culturale che non può cedere a levantine trame di malcelate intenzioni o rivalse di piccoli estemporanei interessi che non siano fedele continuazione dell’opera di chi ne ha, con amore e responsabilità, curato la raccolta materiale e fino alla inaugurazione, dopo averne nutrito le dotazioni destinate alla futura memoria di “cose” come espressione e complementarità dell’aspetto umano, dell’operosità e dell’ingegno di una intera comunità. “Cose materiali” che sul fronte umano hanno avuto per simmetria le impronte artistiche lasciate da personaggi “insulari”, come Bufalino, Consolo e Sciascia.
Ed ecco la celata grandiosa metafora, il significato di questo aureo libro sulla Civiltà della gens sicula tra luci e ombre. E sono queste ultime da dissipare, anche in presenza di quanto oggi rivive nella forte testimonianza del Cioccolato di Modica. Una bandiera che le staffette della storia, dalla Spagna e dai cenni di Sciascia, dalle ricette dei Grimaldi a quanto tra tenacia e amore di Grazia Dormiente e Nino Scivoletto hanno riportato alla realtà attuale, per il futuro di Modica. Nessuno chiede medaglie ma tutti chiediamo che sia dovuto amore e rispetto, in ugual misura, verso i ricordi delle personalità che hanno continuato a far crescere i valori della Sicilia, e altrettanto verso a tutto quello che della civiltà siciliana è storia da documentare e conservare come prova inoppugnabile di quanto si potrà e dovrà vantare nel futuro, a onore di una civiltà, e al primo merito di chi ha fruito di lasciti senza trascurare di testimoniarne esistenza e consistenza, a futura memoria.
Mario Grasso
Poeta, scrittore, saggista, critico letterario e giornalista
1 commento su “Grazia Dormiente e “I tre memorabili insulari” …di Mario Grasso”
Posso solo aggiungere che la Prof.ssa Grazia Dorminete nonostante la sua preparazione letteraria e culturale, non guarda mai le persone dall’alto in basso. Una persona che ascolta con piacere chi le parla anche se poco colto, e che se sbagli ti corregge senza fartelo pesare. Questa è una virtù che pochi possiedono tra gli intellettuali.
La Dormiente ha donato a tutta la città di Modica la storia del suo Cioccolato, cosa che prima non si capiva a chi appartenesse. Ha dato alla città di Modica e non solo ai produttori la inequivocabile “Storia” del suo Cioccolato.
Tempo fa qualcuno la ricopriva di aggettivi poco simpatici: “Menza cugnetta, a nicaredda, u stuppagghiulu e tanti altri nomignoli, io gli rispondevo sempre con la frase che ripeteva spesso Napoleone:
“L’uomo si misura dal mento in sù” e non lo diceva perchè piccolo di statura.