
Discorsi strani e altezzosi di certi sindaci che soffrono di manicheismo.
Io ho fatto questo e quest’altro e farò molto di più ancora. Il voto a me. Il segno dell’ombrello (virtuale)agli altri. E giù due autotreni di retorica per raccontare i miracoli dell’assurdo.
Fare …
Questo il verbo grondante di burrosa retorica. Cosa si intende per fare? Facciamo porti, castelli, palazzi, strade, rotatorie, fontane?
Riempiamo di cemento scogli e scogliere? Trasformiamo antichi immobili ottenuti con finanziamenti pubblici in strutture polivalenti sulla carta,da destinare, ad andare bene, a sbadiglianti uffici pubblici?
Facciamo un’esposizione di auto nel cuore della città, una pacchiana festa di quartiere, mettiamo in fila decine di bancarelle piene di cianfrusaglie nella storica piazza centrale?
O che altro?
Di tutto e di più per diffondere la gioia dell’effimero?
Siamo seri.
La città va pensata, gestita e guidata con un progetto di servizio finalizzato al bene comune e all’interesse generale della comunità.
I punti salienti?
Salute pubblica, servizi essenziali, cultura, formazione, educazione civica, lavoro, attività commerciali, turismo organizzato, vivibile, strutturato.
Prevenzione e lotta dei mali di oggi quali la droga, l’alcolismo, il bullismo, la delinquenza comune.
Forte impegno amministrativo per contrastare alcuni disagi terribili della società, quali la povertà, il bisogno, le devianze, le invalidità, le sofferenze, la solitudine che uccide, l’indifferenza sociale.
Fare. Già ….
Ho fatto questo, quest’altro e molto ancora farò. Manco fossimo nel dopoguerra.
Banale, culturalmente carente e fortemente retrò un pensiero politico di questo tipo.
Siamo nel terzo millennio, con problematiche nuove e complesse da affrontare con un piano di interventi coordinato nell’ambito di un complessivo progetto di crescita civile, con una strategia del FARE concettualmente diversa, di ampio respiro morale e sociale.
Tutto il resto … sa di naftalina.
John Bonaiuto