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Brasile. Petropolis vestita a lutto…di Giannino Ruzza

Tempo di lettura: 2 minuti

Un autentico pantano, dopo tanta acqua. E’ ancora in corso, dopo 20 giorni,  lo sgombero di circa 200 frane, per cercare di normalizzare il traffico a Petropolis, città di montagna vestita a lutto. Sotto una coltre sempre più impenetrabile di macerie, le squadre di soccorso continuano a lavorare alla ricerca di ulteriori persone date per disperse, mentre i sopravvissuti sostengono che con i fondi raccolti dalla solidarietà internazionale, parte di queste tragedie si sarebbero potute evitare, se impiegati a realizzare adeguati sistemi di drenaggio. Solo una ventina di persone e circa 200 animali domestici hanno avuto la fortuna di essere stati estratti vivi dalle macerie, dopo la furia delle recenti piogge torrenziali in questa città, situata a 53 chilometri da Rio de Janeiro. Dopo la devastante alluvione del 15 febbraio scorso,  rimossi, in questo processo distruttivo, più di 300 veicoli, trascinati via violentemente attraverso i fiumi e le strade della città. Un diluvio che ha provocato più di 250 vittime. Poco più di un decennio fa, nel 2011, più di 900 persone sono morte per le inondazioni nelle regioni di Petropolis, Nova Friburgo e Teresopolis. La sventura è una costante da queste parti con la comunità che spera che un giorno i potenti “fiumi volanti” come vengono definiti qui, restituiscano l’umidità necessaria, vitale per l’agricoltura (e non fatta demone) sulle immense regioni del Sud America. Si tratta di flussi d’acqua aerei sotto forma di vapore, provenienti dall’Oceano Atlantico tropicale e alimentati dall’umidità che evapora dall’Amazzonia che scorrono fino alle Ande. I corridoi atmosferici situati ad un’altezza approssimativa di due chilometri possono trasportare tanta acqua quanto il possente Rio delle Amazzoni. È impressionante constatare che causano pioggia e disastri ambientali a più di 3.000 chilometri di distanza. È il caso delle alluvioni verificatesi in Uruguay, nord Argentina, Paraguay e sud del Brasile. Oltre all’evaporazione nell’Oceano Atlantico, l’umidità rilasciata dagli alberi della foresta pluviale amazzonica è un altro componente essenziale per la formazione di questi fiumi volanti. Ad esempio, un albero frondoso con una chioma di 20 metri di diametro, traspira più di mille litri di vapore in un solo giorno. L’Amazzonia ha circa 5,5 milioni di chilometri quadrati occupati da foreste autoctone, con circa 400.000 milioni di alberi delle più svariate dimensioni. Circa 20 miliardi di litri d’acqua vengono traspirati ogni giorno dagli alberi del bacino amazzonico. Va constatato che l’imponente catena montuosa delle Ande non consente a questa umidità di fuoriuscire dal continente, costringendo questo fiume volante a scendere sotto forma di burrasca e raggiungere il bacino del Rio de la Plata. Quando poi incontra un fronte freddo e si collega all’umidità amazzonica, si due elementi si uniscono come diabolici appassionati, fino a raggiungere il Brasile sudorientale o nordorientale. Trasformato in tempesta, il fenomeno meteorologico noto come zona di convergenza dell’Atlantico meridionale, si è manifestato con conseguenze disastrose nel sud di Bahia alla fine dello scorso anno e nel gennaio 2022 a Minas Gerais. Poi ci sono state piogge torrenziali a San Paolo e quelle recenti a Petropolis. Anche l’indubbio riscaldamento del pianeta gioca un’influenza negativa per il grande rilascio di calore e umidità dell’Amazzonia e una maggiore evaporazione d’acqua dagli oceani Pacifico e Atlantico: un mix perfetto e sempre più disastroso.

 

 

 

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