
“Sono io a dare le carte”. Dal Papeete a Casellati, da Casellati a Belloni. Dai pieni poteri a purché sia donna. Al colmo della compulsione, Salvini si sente un po’ come il primo motore immobile, il centro di un orripilante divenire, immobile come la materia dura della sua intelligenza. L’epilogo è ormai scritto. Il naufragio del leader della Lega è sotto gli occhi dei più autorevoli rappresentanti del partito. Giorgetti, Zaia, Fedriga, per citarne alcuni, non si fanno illusioni: Salvini ha perso la faccia. Aveva l’opportunità di distribuire davvero le carte, di riprendersi un po’ del prestigio perduto, di contendere alla rivale più accorta e intelligente di lui, Giorgia Meloni, la guida del centrodestra alle prossime politiche e invece.. E’ in questi frangenti che salta fuori la stoffa del politico che sa vedere oltre il proprio naso e sa unire alla rapidità di decisione la chiarezza di una visione. Un sondaggio ha rilevato che la maggioranza degli italiani vorrebbe Draghi al Quirinale. Salvini ha dimostrato di non tenerne in alcun conto, preferendo accarezzare il sogno, che è anche rivalsa, di un secondo governo gialloverde. Le telefonate con Conte, tra le numerose pubblicizzate e ostentate dal leghista, paiono le più attendibili, e legittimano il sospetto che i due, fin dall’inizio, volessero affossare l’ipotesi, per molti scontata, di Draghi al Quirinale, con l’obiettivo di andare al voto prima del 2023. La bugia grossa come una casa della necessità di avere Draghi a Palazzo Chigi è stata finalmente smascherata. Spetta ora al Pd e a Matteo Renzi la mossa decisiva.