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Il “chiacchiericcio”: malattia infantile della democrazia

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Nella tradizione attraverso l’attività di cenacoli filosofici, salotti letterari, si andava a costituire una Casta per riconoscimento dal basso; con i social è un saccente “Alto” che sollecita il riconoscimento: è in quest’ultimo modo che a Modica si sta formando la “Casta del chiacchiericcio”.
Ed è approfittando delle grandi potenzialità che forniscono i social, in particolare facebook e whatsApp, che il “Chiacchiericcio” celebra i suoi riti con attivismo molto alto.
Ma non è la natura dei fatti raccontati a generare il chiacchiericcio bensì l’egocentrismo di chi li propone; un po’ come la salsina rancida che condisce una buona pasta al dente o una bistecca di tenero agnellino; rancida di autocompiacimento espresso ostentando epiche battaglie fatte, con costanti sbrodolamenti della propria vita passata, dei vari successi che il più delle volte interessano ai modicani quanto il conoscere la vita privata dei reali di Inghilterra.
Il chiacchiericcio è fine a se stesso. Non propone nulla, neanche quando descrive una verità, con la quale fornisce una conoscenza ma non è mai operativo perché non contiene mai una proposta o un progetto, neanche indirettamente.
Persino la visione utopica è sempre più reale ed operativa del chiacchiericcio perché nella sua irrealizzabilità, sollecita, comunque, il sogno, che incide pesantemente in termini concreti sui metodi di ragionamento, di ricerca e di concepimento di un’opera. Al contrario il chiacchiericcio non fa sognare ma solo deprimere per la sua inconsistenza argomentativa. La visione utopica spinge a “pensare alla grande” perché nel puntare al grande orizzonte che man mano si allontana, costringe ad avere come riferimento l’assoluto, il giusto ed il perfetto, che, affiancati dalla consapevolezza del loro impossibile raggiungimento, fa ottenere risultati, comunque, di alta efficacia ed efficienza; il chiacchiericcio spinge o verso il nulla o verso il basso.
Il chiacchiericcio modicano è un metodo perché trova la sua gratificazione nel suo svolgersi pur nella piena consapevolezza di non produrre nulla di nulla su quanto ostenta di voler risolvere. Assente il progetto ed il provvedimento operativo non lascia comprendere né l’obiettivo né il senso del suo dire.
Il chiacchiericcio modicano denuncia cose anche vere ma, nel suo procedere lascia la sensazione piena della sua concreta inutilità. E’ per sua natura di parte e, quindi, ha necessità di dare un volto al nemico. Ecco perché quandanche realizza ottime ricostruzioni storiche di ventennali esempi di malgoverno le cui responsabilità andrebbero distribuite ai vari governi che si sono susseguiti nel tempo, finisce per attribuire le responsabilità al nemico scelto che deve essere abbattuto.
Il chiacchiericcio modicano è senza memoria, non va oltre la punta del suo naso e, quindi, poco gli importa che la sua analisi coinvolga tre o quattro sindaci e tre o quattro partiti o fronti politici, quello che conta che alla fine, in un mondo che non conosce il limite del ridicolo, si possano scaricare tutte le responsabilità all’ultimo sindaco in carica scelto come nemico.
Il chiacchiericcio modicano, infatti, ha bisogno di persone fisiche da combattere non di una cultura o di un costume di governo, da sottoporre ad analisi e riflessioni sulla sua mediocrità; mai comprenderà che un Sindaco fatto fuori, lasciando immacolata la cultura della classe politica che lo ha sostenuto, produrrà sindaci sempre più degradati ed opposizioni sempre più sterili di risultati.
Cultura e chiacchiericcio
Parafrasando la significativa definizione, che viene attribuita a Gaetano Salvemini, ma anche ad ErbertHerriot e Burrhus Frederick Skinner, secondo la quale la cultura è “…tutto ciò che rimane dopo aver dimenticato tutto quanto si è imparato”, si può ben dire che il valore di un post o di articolo di giornale politico è dato da ciò che rimane dopo aver filtrato il suo contenuto dal chiacchiericcio.

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