
Giocare a tennis, lanciarti con un paracadute o combattere orribili mostri virtuali? Lo puoi fare standotene comodamente seduto in poltrona. Sono gli amanti della realtà virtuale che sta interessando molto la ricerca psicologica per indagare aree come l’ansia, il processo decisionale morale e le risposte emotive. Un esperimento virtuale, condotto da alcuni docenti di psicologia alla John Moores University di Liverpool, che simula una condizione di pericolo per esplorare il modo in cui le persone rispondono emotivamente a una potenziale azione e/o minaccia. Gli studiosi hanno chiesto ad alcuni volontari di camminare su una serie di blocchi di ghiaccio sospesi a centinaia di metri di altezza in una valle alpina innevata per testarne attenzione, ansia e paura. Come parte dello studio, sono stati posizionati sul capo display virtuali, controller portatili e sensori collegati ai piedi. Device che hanno permesso ai partecipanti di testare la stabilità di un blocco di ghiaccio prima di venire calpestato con uno o entrambi i piedi. Mentre i partecipanti si facevano strada sul ghiaccio, alcuni blocchi si spezzavano e cambiavano colore quando venivano toccati. Man mano che i blocchi cadevano, i partecipanti all’esperimento si facevano più prudenti e cauti nelle mosse successive, soprattutto dopo alcune cadute virtuali nel vuoto. Questa tendenza al comportamento avverso al rischio era più pronunciata nei partecipanti con un livello più alto di un tratto della personalità, chiamato nevroticismo, stabilendo che le persone con alto nevroticismo sono più sensibili agli stimoli negativi e alle potenziali minacce. Queste persone hanno eseguito più test muovendo un solo piede e rimanendo stabili per più tempo su blocchi solidi “sicuri” quando la minaccia di caduta era più alta. Risultati interessanti che però sollevano preoccupazioni in termini di dati e privacy delle persone, poiché le aziende tecnologiche potrebbero utilizzare queste informazioni per indirizzare la pubblicità e la realizzazione di hardware virtuale. “Gli utenti dovrebbero sapere se i loro dati vengono tracciati, se vengono conservati record storici, se i dati possono essere ricondotti a singoli account, insieme a come vengono utilizzati e con chi possono essere condivisi. Ciò ha aperto la strada a controverse applicazioni commerciali e allo scandalo Cambridge Analytica, quando i profili psicologici degli utenti erano presumibilmente raccolti e venduti a campagne politiche” hanno concluso gli studiosi britannici.