
Nelle Americhe ditattoriali si fa di tutto pur di rimanere saldamente al potere. Il Congresso socialista boliviano che si insidierà l’8 novembre prossimo ha approvato oggi un rapporto contro l’ex presidente Jeanine Añez e alcuni suoi ministri, per crimini commessi dai militari quando nel 2019 era al potere del governo provvisorio boliviano. La Añez sarà processata per la violazione dei principi della Costituzione, violazione dei doveri, genocidio, omicidio, lesioni gravi, associazione a delinquere, privazione di libertà e sparizione forzata delle persone. Insomma un bel pacchetto di accuse, non c’è che dire. Sotto accusa la repressione della polizia militare intervenuta con durezza nelle mobilitazioni portate avanti dai seguaci dell’ex presidente socialista Evo Morales in diverse regioni nel novembre 2019, in seguito costretto a dimettersi, per le forti pressioni che lo accusavano di frode elettorale. Secondo il rapporto stilato dalla commissione d’indagine, le violente repressioni hanno causato più di venti morti, 861 feriti e 1.831 detenuti. “Il MAS (Movimento verso il socialismo) avvia azioni legali contro di me? Sono innocente, chiedo solo un’indagine imparziale. Mi difenderò e lo farò dalla Bolivia. Lo devo a tutte le famiglie boliviane, che hanno collaborato e rispettato le direttive sanitarie durante la pandemia e sostenuto la democrazia, ha detto la Añez. Le accuse per agire contro l’ex presidente, secondo la legge 044, deve ottenere il sostegno dei due terzi del parlamento. Il nuovo presidente della Bolivia, Luis Arce (MAS) assumerà l’incarico l’8 novembre prossimo.