
Sister Morphine
Attori, artisti, cantanti, e chi più ne ha più ne metta, fino alle stragi di El Paso. L’imperativo è scagliarsi tutti compatti contro Donald Trump, tycoon che si appresta a ricandidarsi alle presidenziali americane in programma nel mese di novembre. Tutte le scuse sono buone pur d’ influenzare il voto degli elettori chiamati alle urne. Trump, dal canto suo, passa sopra ai pesanti insulti lanciatigli sul palco da Neil Young in un comizio organizzato a Tulsa in Oklahoma. Young lo accusava di avvalersi durante i suoi comizi delle sue canzoni per farsi propaganda, fino all’evento di Mount Rushmore in South Dakota in cui Trump ha fatto trasmettere Like a Hurricane e Rockin’ in the Free World. Young ha sostenuto a Mount Rushmore anche le proteste dei Dakota Sioux, nativi americani che manifestavano contro Donald Trump accusandolo di portare il coronavirus nei loro territori, alla vigilia dell’Independence Day. Non da meno la famiglia del defunto Tom Petty, chitarrista rock morto di overdose a 66 anni nel 2017, che ha disapprovato formalmente che Trump utilizzasse nei comizi il brano ‘I Won’t Back Down’. Non mancano all’appello neppure i Rolling Stones che al raduno di Tulsa ha usato senza il loro consenso il brano “You Can’t Always Get What You Want” e Taylor Swift, la cantante per la terza settimana di fila numero uno della prestigiosa Billboard 200 Album. La cantante di Cardigan ha accusato Trump di voler truccare le elezioni presidenziali di novembre. In particolare la Swift fa riferimento alle decisioni prese dal Presidente di non far votare per posta gli americani -richiesta avanzata dai Democratici a causa della pandemia- ma a spingerli a recarsi di persona alle urne. Sulla questione Trump ha riferito di non voler fare accordi con i Democratici sul finanziamento al sistema postale americano. Sul suo profilo Twitter, la Swift ha accusato Trump di voler “smantellare in maniera calcolata il sistema postale, il che dimostra chiaramente, tra le altre cose, di voler distruggere il nostro diritto a votare in sicurezza”. Nel mirino di Trump anche Rihanna, che accusa Trump di aver alimentato nel dibattito politico odio, intolleranza e violenza che hanno portato alle stragi di El Paso e in Ohio. Rihanna ha puntato il dito anche contro le politiche migratorie dell’amministrazione americana, in cui si immagina un mondo dove è più semplice ottenere un Kalashnikov che un permesso di soggiorno. Patetica. Non mancano all’appello attori e artisti del calibro di John Legend e Rainn Wilson, star di The Office, i quali non hanno mai manifestato simpatia nei confronti del Presidente . Tutti contro Trump senza dimenticare che morti e sparatorie si sono verificate a El Paso anche quando alla Casa Bianca c’era Obama: come la strage di Orlando, all’interno del night club Pulse nella notte tra l’11 e 12 giugno 2016 con 49 vittime accertate. Ma in questi e altri casi, nessun vip ha mosso l’indice contro Obama. Anche questa è l’America.
3 commenti su “Tutti contro Trump…di Giannino Ruzza”
Ma con quale spudoratezza si può difendere l’operato di Trump?Ammalato di protagonismo,ignorante come una capra ,al punto di negare l’esistenza del virus e avendo sulla coscienza decine di migliaia di morti da covid.È solo uno sbruffone che ha riportato l’America indietro di mezzo secolo.
A Donald Trump andrebbero però accreditate tre cose importanti: l’eliminazione del generale iraniano Suleiman, il trasferimento della capitale israeliana da Tel Aviv a Gerusalemme e il recente appoggio dell’accordo Emirati Arabi-Israele. Tre cose importanti oltre ad avere risollevato l’economia americana (si guardi i progressi-grafici del Nasdaq, S&P500 e Dow Jones Industrial Averange). Errore colossale è stato invece negare l’esistenza del coronavirus, questo sì, che ha portato a una grave crisi sanitaria. Al contrario chi invece ha risentito poco o nulla della pandemia sono i grandi marchi industriali tecnologici americani (Apple,Microsoft,Amazon,Intel,IMB…) visto che quasi tutti stanno già recuperando velocemente dalle perdite iniziali.
Nel mio piccolo, ho provato a chiedermi qual è il bilancio della politica di Donald Trump e del suo ambizioso programma “America first”.
Per quel che ne so e ho visto, le nubi del Russiagate si sono sempre più infittite e incupite.
Putin e la sua Russia hanno avuto ampio spazio di manovra, quasi un pedaggio ai compromessi tra gli staff di Trump e dello zar.
L’alterco ad oltranza tra Cina e USA ha compromesso il necessario clima di distensione, lasciando spazio a confusione e invettive da cortile.
L’America si è defilata dagli impegni abbandonando la scena internazionale e attuando scelte unilaterali e divisive.
Le azioni messe in campo per la salvaguardia degli interessi americani hanno determinato un inedito isolazionismo statunitense provocando danni ingenti alla reputazione e al prestigio di Washington.
Una delle tante iniziative assurde e inutili, fortunatamente incompiute ma smodatamente dispendiose, è stato il rilancio della muraglia anti Messico, così come una delle tante pericolose teorie di un Trump improvvisato uomo di scienza, fortunatamente dissolta, è stata l’idea di una terapia di disinfezione intra-corporea contro il Covid-19.
Un Capo di Stato che calpesta con superficialità, tra il banale e l’infantile, la dignità della sua carica, incurante dei danni arrecati allo Stato e al popolo che rappresenta, suscitando l’ilarità del mondo intero, dovrebbe avere il coraggio e la maturità di tornare ad occuparsi dei suoi affari e lasciare campo libero a persone che, nella competizione elettorale, dimostrano adeguatezza al ruolo di Presidente degli Stati Uniti d’America.
Probabilmente il Sig. Ruzza riconosce a Donald Trump meriti che non appaiono (e probabilmente non sono) tali a buona parte dei cittadini americani e del resto del mondo.
Chi, poi, tra i VIP vede nella politica trumpiana grave nocumento o seri motivi di imbarazzo, ha tutto il diritto di dire la sua o di ritenere lesivo della dignità artistica l’utilizzo non autorizzato delle proprie opere, senza per questo generare il sospetto che si tratti di un’azione collettiva usata come arma politica contro un affarista che, gretto e impreparato, di politico ha mostrato ben poco.