
Danse De Mardi Gras
Roma-Milano, l’eterna contrapposizione tra indolenza strafottente e pragmatismo efficiente. La magnifica capitale cui è bastato per tanto tempo mostrarsi a schiere di turisti ammaliati da tanta bellezza: ogni angolo un pezzetto di storia, di cultura, di potere. Un passato che risorge e diventa presente ad ogni passo e ad ogni movimento dello sguardo. Sarà per questo che il cinismo del romano doc lo rende impermeabile a qualunque critica, sarà per questo che sporcizia, rifiuti, autobus flambé, trasporti pubblici da terzo mondo, buche voraginose, metropolitane chiuse per anni, scale mobili con licenza d’uccidere, debito fuori controllo lo sfiorano non oltre la soglia di sopportazione. Poi c’è Milano, che da un passato di città provinciale e poco attraente, è diventata il centro produttivo del paese, il legame con l’Europa, la città dove gli stranieri scelgono di investire. Due capitali, due culture, due mentalità. E’ grazie alla natura tendenzialmente menefreghista dei romani che la Raggi ha potuto non governare e oggi annuncia che si ricandiderà. A Milano, se mai fosse stato possibile eleggere un sindaco del genere, la ricandidatura sarebbe stata giudicata una sfrontatezza. Preso in contropiede, Zingaretti si è lasciato sfuggire una frase che di certo Virgy la pura e tanti grillini non hanno apprezzato. “Per i romani questa non è una notizia, ma una minaccia”. Stando a un recente sondaggio del Sole 24 Ore, Raggi è al penultimo posto come gradimento tra i sindaci italiani. E così, Zingaretti rilancia “avremo il nostro candidato”. E’ ottimista il segretario del Pd, come quando era stato costretto ad accettare il Conte bis con Conte primo ministro. Dalle parti di quel partito, il pensiero è lento a carburare e una volta che si mette in moto “les jeux sont faits”. Allora via alla ricerca spasmodica di una candidatura che spiazzi l’alleato. Sassoli sarebbe perfetto. Volete mettere il presidente del Parlamento europeo con il sindaco di Roma? Ma l’interpellato risponde con ferma gentilezza: “No grazie, come accettato”. Chi vorrebbe essere ingoiato dalle sabbie mobili della capitale? Poi Virginia, ovvero il nulla, gode di una certa benevolenza da parte delle sfere ecclesiastiche che ha avuto la furbizia di coltivare, piuttosto che tappare i buchi di bilancio e delle strade. Il direttore dell’Osservatore Romano si è espresso chiaramente : “Non è il caso di analizzare questi anni di amministrazione”. Appunto. Stendiamo un velo pietoso. E infatti, di pietas si tratta. Inoltre, e non è un caso, Virginia ha un rapporto privilegiato con Papa Francesco, il papa degli ultimi. Dunque, tra i cattolici che predicano la non belligeranza in assenza di alternative, la mancanza nel Pd di un candidato da opporre a quello dell’alleato di governo, l’atmosfera pigra da paese latinoamericano e la resistenza tenace di politici scafati e sgamati che non ci pensano nemmeno a cambiare le cose e per questo si tengono stretto Conte, Roma è destinata al solito tran tran. In attesa che arrivino i soldi del Recovery per rimettersi gli abiti sfarzosi e un po’ pacchiani cosparsi di lustrini. E Sala allora? Il pragmatismo del sindaco di Milano, i rapporti internazionali, l’interesse per il green ancora prima che fosse di moda, il successo di Expo, la curiosità per ciò che accade fuori dei confini italiani, la voglia e il coraggio di rinnovarsi e rinnovare, che sarebbero utili alla Capitale e sposterebbero l’ago della bilancia verso le regioni del nord produttivo dove gli amministratori, che siano di destra, di sinistra, di centro o grillini non fa differenza perché la mentalità è la stessa, a Roma sarebbe considerato uno straniero. Indesiderato dalla compagine politica romana e dai cittadini.