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I funghi: un’altra forma di vita. Intervista di Nele Vernuccio

Tempo di lettura: 2 minuti

Il big bang, la grande esplosione primordiale dalla quale l’Universo si sarebbe formato a partire da uno stato iniziale di altissima densità e temperatura, determinò  la formazione di varie forme di vita, alcune delle quali invisibili ad occhio nudo.  Tra le varie forme di vita che esistono della terra, alcune sono  strane, ma affascinanti; mi riferisco ai funghi.

A tal proposito, abbiamo intervistato il micologo Giovanni Amato.

Per quale motivo in natura si formano i funghi?

Tra tutte le specie riconducibili al Regno dei Funghi l’interesse dell’uomo si rivolge a quelle entità  interessanti dal punto di vista economico/produttivo (come le numerose specie parassite delle colture), dal punto di vista medico/sanitario (basti pensare ai funghi responsabili delle micosi) o, ancora, dal punto di vista alimentare. Quasi tutte queste ultime appartengono al grande gruppo dei Basidiomiceti, caratterizzate dal fatto di presentare gambo e cappello. Concentrando, per ovvie ragioni di spazio, la nostra attenzione su queste specie possiamo subito dire che quelli che noi chiamiamo comunemente funghi altro non sono che i corpi fruttiferi generati dal micelio. Questo ultimo si presenta piuttosto simile ad una ragnatela dalle maglie più  o meno irregolari e dal colore biancastro. Al presentarsi delle opportune condizioni ambientali da questo micelio si origina un corpo fruttifero il cui scopo è’ quello di produrre e maturare le spore, saranno queste ultime a consentire la diffusione della specie. 

 In modo approssimativo secondo gli studi più  recenti quante specie di funghi esistono?

Il numero di specie è stimato, facendo riferimento all’intero Pianeta, in circa un milione. Moltissime delle quali sono ancora da scoprire.

 Come può  il cittadino comune comprendere se un fungo è commestibile o velenoso?

L’unico modo per riconoscere un fungo come commestibile o tossico è quello di  identificarne la specie. Per fare ciò bisogna osservarne e riconoscerne le caratteristiche morfologiche quali forma del cappello, caratteristiche del gambo, presenza di lamelle o di tubuli, colore, odore … . Purtroppo ancora ancora oggi c’è invece chi si affida a metodi tanto antichi quanto inutili come tutte le prove che si basano sul cambiamento di colore dell’aglio o degli stessi funghi, solo per citarne alcuni, durante la cottura. Non meno pericolosa la scelta di far controllare il raccolto a conoscenti o amici solo perché  hanno decenni di esperienza nella raccolta dei funghi. L’ unica soluzione per fugare qualsiasi dubbio circa la commestibilità dei funghi è quella di recarsi presso lo sportello micologico dell’ ASP, dove dei micologi effettueranno la cernita del raccolto eliminando del tutto qualsiasi rischio dovuto al consumo di specie tossiche o persino letali.

 

Quali sono le varietà che si trovano maggiormente nell’altopiano ibleo e in che zone?

La straordinaria diversità  ambientale degli Iblei consente la crescita di migliaia di specie fungine. Ovviamente la crescita di tali specie non è uniforme nel territorio,  ma legata ad habitat ben precisi. Nell’ immaginario collettivo la presenza dei funghi è legata quasi esclusivamente alle aree boschive collinari o montane ma in realtà non è così  e persino negli ambienti dunali presenti lungo le nostre coste è possibile imbattersi sia in specie di grande interesse scientifico che in specie commestibili particolarmente apprezzate come cardoncelli e chiodini. Spostandoci dalla costa verso l’interno troveremo ambienti molto diversi ed ognuno di questi caratterizzato dalla presenza di una moltitudine di specie fungine. Nei boschi di querce sarà  possibile imbattersi, solo per citarne alcune, in numerose specie diverse di boleti, tra le quali il pregiato porcino nero, e di amanite. Nei boschi di conifere abbonderanno russule e lattari. Nei pascoli e nelle aree incolte non sarà raro rinvenire prataioli o i pregiati e ricercati cardoncelli.

 

Molte volte sentiamo dire che i ragazzi per raggiungere “lo sballo” fanno uso dei funghi allucinogeni, può spiegarci perché hanno questo effetto?

Si tratta, purtroppo, di un fenomeno non raro in merito al quale ritengo sia opportuno soffermarsi. Inizio subito dicendo che la legge del nostro Paese ne vieta detenzione e coltivazione in ragione degli effetti psicotropi che tali funghi sono in grado, al pari di altre sostanze stupefacenti, di generare. L’azione psicoattiva di questi funghi è attribuibile principalmente, ma non esclusivamente, ad una sostanza chiamata psilocibina. Tale molecola presenta una notevole somiglianza, sia strutturale che d’azione sull’organismo, con il più potente allucinogeno conosciuto, meglio conosciuto come LSD. L’assunzione di funghi contenenti psilocibina e baeocistina causa una vera e propria intossicazione caratterizzata sia da classici sintomi gastrici che da una ben più massiccia alterazione psichica con senso di estraneazione, perdita di identità  personale oltre che violente allucinazioni visive e uditive. Purtroppo, chi fa uso di tali funghi è spesso alla ricerca di effetti sempre più  intensi che per essere ottenuti richiedono l’assunzione di quantità  sempre maggiori che possono portare a quadri clinici di estrema gravità. Sono infatti noti in letteratura casi letali a carico di giovani e giovanissimi dovuti a suicidio o più direttamente per infarto o insorgenza della Sindrome di Wolf Parkinson White.

 

Nel nostro territorio è molto pregiato e ricercato il fungo di carrubo, può parlarci delle caratteristiche di questo fungo e perché è molto pregiato?

Si tratta di un fungo parassita, dalle forme e dai colori spesso appariscenti, in grado di attaccare una moltitudine di specie arboree come querce, mandorlo, eucalipti e persino conifere oltre al ben noto carrubo. Il suo consumo non risulta essere uniforme sul territorio nazionale ma limitato ad aree circoscritte come appunto il territorio ibleo. Persino in merito alla sua commestibilità  i pareri sono discordanti e solo i testi più  aggiornati lo ritengono commestibile purché  il consumo sia limitato ad esemplari giovani previa cottura. Pareri discordanti si rilevano anche in merito al pregio delle sue caratteristiche organolettiche ma si sa… nulla è più soggettivo dei gusti.

Da dove è nata la sua passione per la micologia?

Inizialmente si è trattato di curiosità  nei riguardi di un Regno di viventi estremamente affascinanti e, se volete, persino misteriosi. Tra i funghi annoveriamo specie i cui corpi fruttiferi appaiono quasi misteriosamente solo in alcuni periodi dell’anno, specie parassite in grado di prendere il controllo degli organismi attaccati (quasi sempre insetti) o, ancora, specie che hanno cambiato il corso della storia, come quelli responsabili della Grande Carestia costata oltre un milione di morti al popolo irlandese o quelli in grado di produrre gli antibiotici. Una volta completati gli studi in Scienze Biologiche decisi di frequentare un corso di formazione per micologo organizzato dall’ associazione Gruppi di Ricerca Micologica, l’unica a tenere tali corsi in Sicilia. Da oltre una decina d’anni mi dedico alla formazione dei raccoglitori amatoriali, i quali, ai sensi della Legge Regionale 3/2006, sono tenuti a seguire un corso di formazione per poter successivamente richiedere il rilascio del tesserino regionale che li autorizza alla raccolta dei funghi epigei spontanei.

 

Se qualcuno volesse intraprendere il percorso per diventare micologo cosa bisogna fare?

Attualmente per diventare micologo è necessario seguire un corso di quasi 300 ore e superare le relative prove teorico/pratiche per poi procedere con iscrizione sia all’albo regionale che a quello nazionale.  Un percorso certamente impegnativo ma che consente di acquisire le competenze necessarie per intervenire in una molteplicità di casi come intossicazioni, certificazione e riconoscimento di funghi da avviare a consumo, solo per citare i casi di più frequente attività professionale.

 

Secondo la sua esperienza a livello di sapore e commestibilità consiglia quelli coltivati o quelli spontanei?

Certamente i funghi spontanei offrono una variabilità di sapori e profumi ineguagliabile dai funghi coltivati, questo ovviamente in ragione della rilevante moltitudine di specie che è possibile rinvenire in natura. La diversità delle specie coltivabili è invece limitata a un numero contenuto di entità  quali prataioli, pioppini, pleurotus e poche altre ancora. Questo costituisce un evidente limite alla diversità  di sapori ma certamente non alla commestibilità. Inoltre, i funghi coltivati rappresentano una valida alternativa nelle stagioni dell’anno in cui la crescita di specie spontanee e’ ridotta o persino assente.

 

Qual è il miglior modo per cucinare i funghi?

Rispondere in maniera univoca è assolutamente impossibile. La grande diversità  dei funghi spontanei che consumiamo in cucina ci obbliga a confrontarci con una non meno rilevante variabilità circa le loro caratteristiche. Questo si traduce nella necessità di destinare le varie specie a metodi di cottura e preparazione diversi. Ci sono funghi come i porcini che, almeno nei loro stadi di crescita giovanili, si prestano, pur con parsimonia e attenzione, a essere consumati crudi. Altri come i chiodini che devono essere obbligatoriamente consumati ben cotti per evitare intossicazioni.

 

 

Ricordiamoci che nel globo non esistiamo solo noi esseri umani, ma molteplici forme di vita che è giusto scoprire, rispettare, per il quale dovremmo lottare ed  evitarne l’estinzione, ma ahimè facciamo l’opposto…

 

Nele Vernuccio

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© Riproduzione riservata

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