
Questo in sintesi il monito di ieri del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: ” E’ l’ora della prudenza e della chiarezza da parte del Governo”.
Prudenza. Chiarezza. Parole astratte, leggere, impalpabili. Quando invece, con tutto il rispetto dovuto al capo dello Stato, la stragrande maggioranza degli italiani, senza tessera di partito in tasca, è fortemente convinta che sia arrivato il momento che la comunicazione cambi stile e piglio. Soprattutto da parte delle Istituzioni. Comunque a tutti i livelli.
Se non ora, quando?
La dura battaglia contro il maledetto virus continua. In trincea si combatte con sempre maggiore coraggio e determinazione. Migliaia i caduti. Milioni i cittadini ridotti in povertà. Mille, mille e mille le aziende in standby. E non è finita.
Si. Nessun dubbio. E’ arrivato il momento di parlare, parlarci, avvertire, ammonire, alzare la voce, urlare quando è necessario.
Le parole hanno un significato. Altro che. Doveroso selezionarle con minuziosa attenzione. Per rendere un discorso chiaro, mirato, preciso, diretto.
Se il governo promette di intervenire con aiuti economici immediati in favore di commercianti, artigiani, piccole imprese, lavoratori in cassa integrazione, ma non succede nulla prima di sessanta giorni, il governo perde inesorabilmente quote importanti di credibilità ed i cittadini la fiducia nei suoi confronti.
Se il presidente del Consiglio, con ubriacante giro di roboanti parole, garantisce che “nessuno sarà dimenticato” ed invece col trascorrere inesorabile dei giorni aumenta vertiginosamente il numero delle persone che per mangiare ricorre alla Caritas, il malessere sociale sale pericolosamente a livelli di guardia.
Riempire di complimenti (i partiti fanno a gara) i cittadini italiani, belli, buoni ed esemplari nel rispettare i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, non serve a nulla. Sembra quasi una provocazione.
Dice: ma nessuno si muove. Già. Brutto segnale. Infatti in questi casi bisogna stare molto attenti, perché di solito l’apparente silenzio è come il fuoco sotto la cenere.
Nessuno può ragionevolmente escludere l’esplodere di una rivolta sociale, se si continua a lasciare senza lavoro, senza soldi e senza speranza milioni di persone innocenti.
E allora, proprio perché le parole d’ora in avanti devono essere impreziosite di energia, incisività, chiarezza e spruzzate almeno con il profumo di un normale dopobarba di verità, tutti i rappresentanti istituzionali, tutti, dalle più alte cariche dello Stato fino ai sindaci delle più piccole città e ai delegati di quartiere, hanno il dovere di attrezzarsi moralmente per parlare alla gente senza infingimenti e giochi di parole.
Se un sindaco opera una determinata scelta che trova i favori della comunità da lui amministrata, tanto di cappello. La gente non ha motivo di protestare. Ma se la scelta presenta zone grigie e forti dubbi sotto l’aspetto amministrativo e sociale, allora il sindaco ha il dovere di confrontarsi con le componenti-base. Altro che comunicati stampa ossequiosi, osannanti e sdolcinati.
Con riferimento al fibrillante problema dei migranti regolarmente trasferiti a Pozzallo con il gioioso consenso del primo cittadino, la città marinara è in subbuglio. Chiede rispetto.
Roberto Ammatuna, nel corso di un Consiglio comunale aperto, spieghi senza mezzi termini i motivi della sua disponibilità illimitata ad accogliere tutti i migranti in arrivo a Pozzallo.Via mare e via terra. Se ritiene di essere nel giusto, abbia la bontà di spiegarlo alla città.
Se neanche la pandemia Coronavirus lo sposta di un solo millimetro da questa sua personale decisione, ne spieghi le ragioni.
Lo fa perché è più buono, più umano, più sensibile, più vicino al governo Conte bis di quanto non lo siano i suoi colleghi di Lampedusa, Trapani e Taranto che, con Pozzallo, sono gli unici quattro hotspot realizzati nel 2015 dal governo del tempo?
Oppure molto più prosaicamente lo fa per trarre da queste operazioni vantaggi economici per il Comune?
Lo dica chiaramente. Ammetta di farlo anche per impinguare le casse del Comune. Abbia il coraggio di confermarlo. Se dimostrerà, comunque, che la sua scelta, seppure pragmatica e rischiosa, in definitiva porterà più vantaggi che rischi e svantaggi per il Comune, amen.
Bene. Bravo. Bis.
Ma, se al posto degli applausi dovessero arrivare dissensi motivati e fischi, ne prenda atto, rinunci alla sua sicumera e accetti umilmente di inchinarsi al volere popolare. Nessun sindaco è infallibile. Nessuna comunità è sempre dormiente.