
Non bastavano le calamità naturali, i terremoti, la siccità il freddo, il maltempo, le esondazioni . Adesso un nuovo pericolo “avanza” (e non solo in senso figurato) dentro le nostre città: Il cinghiale. Il pericolo è fortemente reale “uno ogni 5 abitanti negli Appennini italiani”, secondo la stima della Coldiretti in occasione del sit-in di protesta tenutosi il 7 novembre davanti a Montecitorio in Roma. Più che raddoppiati negli ultimi anni, sarebbero circa 2 milioni i cinghiali residenti in Italia. Nella manifestazione davanti al Parlamento in piazza Montecitorio a Roma, migliaia di agricoltori, allevatori, esponenti delle Istituzioni, ambientalisti e semplici cittadini, hanno protestato civilmente contro la devastazione dei cinghiali e degli animali selvatici in genere. Lungo l’Appennino i cinghiali si radicano sempre più nel territorio a dispetto della presenza umana. La stima è preoccupante perché il dilagare della popolazione animale sta andando su una concentrazione media di un cinghiale ogni cinque abitanti. L’incremento del suino selvatico si rafforza anche grazie ad una grave tendenza allo spopolamento per l’indebolimento delle attività tradizionali in una zona che da qualche tempo ha gravi problemi ambientali e di mancanza di attività lavorative in genere. Per sensibilizzare e provocare l’opinione pubblica sulla gravità di questo problema, gli operatori della Coldiretti hanno portato in piazza Montecitorio un assaggio di polenta e stufato di cinghiale, tutto questo nella cornice di foto e filmati dei tanti incidenti prodotti sulle strade anche principali e dei tanti danni provocati nelle campagne appenniniche. I dati sono allarmanti, sono a rischio molti prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp) italiani dichiaratitali dall’Unione Europea tra cui: formaggi, oli extravergine di oliva, salumi , prodotti derivati dalla lavorazione della carne, vini, prodotti di panetteria e/o pasticceriaartigianle. Un rischio reale per un patrimonio accuratamente conservato nel tempo da quasi 280mila imprese agricole presenti nei territori di piccoli Comuni appenninici che riescono ad assicurare lavoro a migliaia di persone , oltre a salvaguardare le antiche colture agricole autoctone e difendere il territorio dal dissesto idrogeologico cui naturalmente è soggetto. Gli agguerriti suini selvatici si spostano fin dentro gli atri e gli usci delle case, vagando non solo per i campi, ma anche per tutte le vie dei piccoli paesi, affacciandosi anche nelle stalle e in ogni zona delle tante aziende agricole. Il cinghiale per sua natura è un onnivoro voracissimo. Mangia praticamente tutto. E’ un animale con una dentatura formidabile e non teme niente e nessuno. Particolarmente pericoloso quando alleva la prole, ha uno spirito di branco eccezionale e difende i piccoli fino alla morte. Anche i cani più addestrati hanno sempre avuto problemi con i cinghiali, i cacciatori lo sanno, e per questo tengono i loro cani sempre lontani da questi temibili suini selvatici.L’aumento senza freni dei cinghiali secondo la relazione della Coldiretti, sta mettendo anche in pericolo la stabilità ambientale di ampi ecosistemi territoriali. Un allevatore di Modica pioniere dell’allevamento dei cinghiali, una volta mi disse: “Dottore, quando lei vuole pulire un campo da tutto quello che c’è nel regno vegetale ed animale, basta metterci dentro una famiglia di cinghiali. Dopo 2 mesi troverà un deserto e le stesse pietre frantumate!”. Nelle nostre zone di cinghiali se ne vedono molto meno rispetto al Centro Italia, ma pian piano il problema sta diventando virale anche da noi.Nelle nostre zone, noi non abbiamo tartufi da difendere, ma abbiamo la grande biodiversità della “Macchia Mediterranea” che va preservata e tutelata. Non me ne vogliano gli animalisti, ma credetemi, è sicuramente meglio avere un po’ di stufato di cinghiale in più sulle tavole che, oltre alla prelibatezza, assicura qualche problema in meno nei nostri campi , le nostre città e la nostra gente.