Cerca
Close this search box.

Ed è di nuovo il primo novembre…. di Angela Rustico

Pubblichiamo una breve opera, redatta nella forma della pagina di diario, con cui Angela Rustico, ispicese, ha partecipato alla XXIV edizione del Premio “Piemonte Letteratura – sezione Narrativa breve su Identità e Territorio” – e per la quale è stata premiata con la menzione della giuria e la pubblicazione sull’antologia del concorso letterario.

Ed è di nuovo il primo novembre. Nella tarda mattinata andrò a trovare i miei nonni al cimitero.
Uso ancora l’espressione che usavo da bambina “andare a trovare”, quasi come se, per magia, in occasione di questa ricorrenza le persone care trapassate potessero in qualche modo essere nuovamente in mezzo a noi.
Il fatto è che il recarsi fisicamente presso la “dimora” dei nostri cari defunti, recitare una preghiera, magari guardando la loro foto, o lasciare dei fiori sulla loro tomba sono gesti simbolici che aiutano a materializzare il ricordo e a sentire un minore distacco dagli affetti terreni ormai perduti.
Devo essere sincera, da diversi anni ormai vivo questo periodo dell’anno con grande malinconia, tant’è che preferisco glissare sul mio stato d’animo canalizzando i miei pensieri su altro.
Non è stato sempre così, però. C’è stato un tempo in cui la ricorrenza dei morti era per me una vera festa. I miei genitori, con l’avvicinarsi del primo novembre, mi parlavano delle persone che erano volate in cielo e che, nonostante non potessero essere fisicamente presenti, ci erano comunque vicine, ci volevano bene e ci proteggevano.
Ci volevano talmente bene, soprattutto a noi bambini, che nella notte tra il primo e il due novembre venivano a farci visita e a portarci dei doni, che nascondevano per tutta la casa. La mattina successiva, appena svegli, scattava subito la caccia al tesoro. Il nostro unico compito, che in verità assolvevamo con estremo piacere, era quello di scrivere qualche giorno prima una letterina ai “morticini”, dicendogli che, anche se non c’erano più e magari non li avevamo mai neanche conosciuti, gli volevamo bene. Erano loro poi a venire da noi durante la notte tra l’uno e il due novembre, ci osservavano e, solo quando erano sicuri che noi dormissimo, nascondevano per tutta la casa dei regali.
Ricordo la sensazione bellissima che provavo quella sera prima di andare a dormire. Mi mettevo sotto le coperte con la consapevolezza che durante la notte le anime di parenti e amici (mai conosciuti) sarebbero venuti a casa. Non avevo paura, anzi ero emozionata e felice e anche incuriosita, tant’è che spesso tentavo di addormentarmi il più tardi possibile per poterli vedere mentre sistemavano i regali, ma puntualmente crollavo e il proposito veniva inesorabilmente rinviato all’anno successivo.
Quando io e mio fratello piombavamo nel sonno più profondo, papà e mamma, dopo essersi sincerati che nessuno fingesse di dormire, tiravano fuori i regali acquistati qualche giorno prima e li nascondevano nei posti più impensabili della casa; questo perché i “morticini” volevano che ci divertissimo a cercare i regali.
Dopo la caccia al tesoro mattutina e l’apertura dei regali, andavamo al cimitero e ringraziavamo tutti per i doni ricevuti.
Il cimitero non ci faceva alcuna paura. Non pensavamo alla morte come a qualcosa di brutto, non pensavamo agli orrori che porta con sé. Persino l’idea che delle anime potessero entrare dentro casa nostra durante la notte non ci spaventava. Tanto ci volevano bene, non ci avrebbero mai fatto del male.
Questa dolcissima tradizione, che io e mio fratello abbiamo avuto la fortuna di conoscere, è stata purtroppo negli anni dimenticata. Adesso non si fa altro che parlare di Halloween, tradizione americana di cui nessuno conosce realmente né le origini, né l’essenza, né il significato e che tuttavia, con un automatismo guidato da una logica puramente consumistica, abbiamo ritenuto di dover far nostra, peraltro in maniera discutibilmente parziale. Nessuno di noi infatti svuota zucche per ricavarne portacandele, i bambini non vanno in giro a bussare alla porta della gente dicendo “dolcetto o scherzetto” e per i travestimenti rinviamo tendenzialmente tutto al carnevale. La mia non è un’invettiva contro Halloween, non giudico la tradizione, dico semplicemente che non è nostra. Non ho mai pensato alla notte che precede la festività dei morti come alla notte degli zombi, dei mostri, delle creature malefiche o degli orrori. C’è ancora in me il ricordo vivo di quella sensazione di protezione e di amore che mi avvolgeva quando pensavo ai miei cari defunti, una sensazione che rendeva accettabile per noi bambini persino l’idea della morte. Le anime amorevoli che venivano a trovarci e magari ci accarezzavano durante il sonno, i regali nascosti per casa, la successiva visita al cimitero e il ringraziamento per i doni ricevuti erano elementi di una tradizione di straordinaria e infinita dolcezza, una tradizione che non portava con sé nulla di macabro e che rappresentava il ponte che metteva in comunicazione il mondo di noi bambini con quello dell’aldilà, concetto non certo di facile comprensione e tuttavia non tetro, oscuro e imperscrutabile come sarebbe poi diventato da adulti.
Si sta facendo tardi e ci sarà una gran confusione per acquistare i fiori. Vado a prepararmi. I nonni mi stanno aspettando.

382915
© Riproduzione riservata

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Articoli correlati

RTM per il cittadino

Hai qualcosa da segnalare? Invia una segnalazione in maniera completamente anonima alla redazione di RTM

UTENTI IN LINEA
Torna in alto