
Un poesia che smuove e commuove è quella che Mohammed Ayyoub offre ai suoi lettori, e che riesce a farsi linguaggio dell’amicizia e degli affetti, come del resto appare subito evidente dalla “dedicatio” della sua opera “Quando guardo le stelle . . .”., ove il suo pensiero va alla memoria del padre, all’amico Jamal, a Rina e Fadi e alle vittime innocenti .
L’ autore, che è nato ad Amman, in Giordania, e che da tempo si è stabilizzato ed integrato in Italia ove si è laureato in Medicina e Chirurgia a Cagliari e specializzato in Urologia nel 1994, in questa sua opera poetico-prosodica apre un ventaglio di sentimenti che si fanno “dialogo con le stelle”, guardate non per alienarsi dalla storia ma per divenire approdo di un sentire dell’anima che percepisce dentro di sé la dialettica tra bene e male, odio e amore , bellezza e bruttezza:
“Mi disse un giorno il destino
Non arrampicarti sulle nuvole
Potrebbero piovere
E ti fai male
Anche quando le stelle sono tante
Ed il cielo è sereno
Può sempre piovere.
…Non arrampicarti sugli uomini
Possono dimenticare o trasformarsi
In buoni o cattivi.
Fidati solo di me, io, destino
Non inganno, non tradisco
Non svendo le promesse
Non mi scordo degli innocenti
Non guardo la TV
Non viaggio in treno.
Sono VOI, e VOI siete me
Volate, correte, nascondetevi
Vi troverò, e vi consegnerò
Le vostre azioni.
SONO IO
DESTINO!”
(Saggio crudele)
Dentro un circuito di immagini e di sguardi esistenziali, Mohammed Ayyoub accampa il suo mondo interiore, quello vero, non costruito dalla mente, ma sulla sua pelle e dedicato “alle anime buone dei bambini innocenti, sofferenti vittime dell’arroganza di chi è senza rimorsi di coscienza”; tanto emerge, ad esempio, nella poesia “Piove il cielo”. Qui il verso, a tratti prosodico, si snoda attraversato da dolore e amarezza che diventano “urlo di denuncia” contro il male, che va oltre i confini, le nazionalità e le religioni: “cannoni sparano”; “bambini muoiono”; “ siamo senza latte e senza coperte”; “gli uomini sono diventati avvoltoi”.
Non è tuttavia una denuncia senza speranza, perché il poeta canta e spera nella sua ed altrui resistenza, opponendosi all’indifferenza che uccide: “…Noi restiamo / Sotto l’acqua e il gelo/ Sotto i cecchini e la loro mente / Sotto gli occhi degli indifferenti / Sotto la pietà di chi fabbrica armi / Sotto gli obiettivi delle telecamere/ Piove forte / E Non arrenderti / Oggi a Sarajevo / A Mostar / A Gaza / A Hebron A Baghdad / E a Mogadiscio / Domani qua e la. / Piove cielo / Sulla coscienza dei potenti / Sulle alture del deserto / Sulle chiese e le moschee ./ Forse scioglieranno / I cuori dei leoni. / Forse taceranno / Gli spari dei cannoni./ Piove e non fermarti /Anche se non ho un ombrello/ Anche se non ho una cuffia / Per ripararmi / PIOVE . . . PIOVE . . . E piove forte”.
La dimensione analogica di questi versi, ove spicca il ricorso all’anafora, è di forte intensità semantica, e permette al poeta di utilizzare i lemmi “pioggia e cielo” non solo nel loro realismo ma anche con una carica di espressività metafisica.
Tutta la versificazione di Mohammed Ayyoub si sostanzia ,infatti, in un realismo che assume il volto di tematiche sociali che vanno dalla visione antropocentrica dell’esistenza, ove l’uomo non è una “cosa”, ma il perno centrale di tutto il creato e, pertanto, degno di rispetto al di là della sua razza, della sua pelle, della sua religione e della sua provenienza; in questo senso le poesie di questo volume sollevano il tema del silenzioso dolore dell’immigrato che lascia la sua terra, gli affetti più cari, le usanze, le tradizioni e i costumi del suo popolo, con la consapevolezza che solo guardando le stelle può, per un attimo, vivere la sensazione di trovarsi ancora “a casa”:
“…Qui, fra una settimana, c’è la festa del Ramadan e
tutti i bambini vanno a giocare con i genitori, mentre noi
No perché sei lontano.
Caro papà. Noi ti aspettiamo per la prossima festa;
portaci i vestiti nuovi e belli . . . torna presto.
Quando guardo le stelle”
Emozioni e sentimenti, palpiti d’umanità e indignazione, denuncia e sogno, trascendenza e grido di dolore avvolgono il poetare di Mohammed Ayyoub, un poetare che diviene spesso prosa poetica, che coniuga momenti di simbolismo lirico con prosodiche narrazioni interiori che toccano il cuore del lettore; l’autore dà ai suoi versi toni anche provocatori e graffianti, specie in “Vittime innocenti”, ove richiama il periodo storico del “dopo Ceausesco” ed incarna con forza interiore il dolore dei bambini immersi nella guerra; come pure in “30 febbraio” , poesia dedicata a tutti i Giovani sfortunati, condannati alla sedia a rotelle, in seguito a qualche disgrazia subita:
“Fu la guerra del cazzo
Fu il tuffo sbagliato in acqua
Fu la moto a 150 all’ora
Fu lo stupido scherzo a caccia
Fu l’infortunio sul lavoro
Fu il mio destino da giovane condannato alla sedia a rotelle.
Viaggi della speranza, ricoveri ed interventi.
Speranza e delusione e promesse, e tanta fatica
per me e per i miei cari.
La gente guarda stupita . . . per che cosa? Per il mio destino.
Il destino di uno nato il 30 febbraio.”
Un poeta, un uomo, un credente, una voce di profezia tra Oriente ed Occidente trasuda dai versi di questo libro di Mohammed Ayyoub, il quale sublima la quotidianità con cuore di fanciullo, interpreta la sua storia di persona divisa a doppio filo tra le sue radici e quelli della sua nuova terra, riesce ad innestare germi di trasformazione e cambiamento nella convivenza umana. Non dunque una poesia che contempla il cielo, la sua, ma che guarda il cielo, le stelle per chinare il capo sulla terra ed entrare con il suo bisturi nelle penombre d’una società che non sa spesso essere umana. Il cammino poetico dell’autore non è infatti ripiegato su se stesso, ma intende instaurare con il suo lettore un dialogo reale, senza infingimenti e con un “ars poetica” che utilizza metafore, immagini e narrazioni per punzecchiare, provocare ed invitare ad una seria riflessione, rimanendo, tuttavia, sempre delicata e carica di umano sentire, di fiducia e di speranza che non sia il male a prevalere ma il bene. Speranza che trova la sua più bella espressione nella poesia “Buona notte”, dedicata al figlio nel suo secondo compleanno:
“ Buona notte amore mio
Cala la notte, viene il buio,
Abbaia il lupo, quello buono,
Si accendono le candele
Si invoca Maria
Si raccontano le bugie, quelle buone, intesi, no?
Si incontrano gli amici,
I vicini, quelli buoni.
Tutti noi la notte siamo buoni,
la notte è magica
il cielo è amico
e la luna specchio della verità,
la solitudine diventa più dura, reale,
il sonno si fa pregare
pensiero che viene, pensiero che va,
Biancaneve è in letargo, invidiata…
Gli uomini non fanno male ai piccoli
Non temere amore
I bambini li amiamo tutti
In Yugoslavia, in Iraq, in Ruanda, in Medio Oriente,
in America
i grandi, amore mio, giocano con i piccoli
Dormi amore mio?
Buona notte”.
Per concludere, possiamo certamente dire che il poeta Mohammed Ayyoub è una voce che interpreta i drammi di un’ umanità inquieta e divisa, incapace di porre fino al senso di malessere che l’avvolge, e la sua versificazione è magmatica, non lascia indifferenti, anche se – come rileva Antonello Maccioni nell’introduzione – in questa opera, narrativa e versi si fondono insieme e risulta talvolta difficile comprendere, secondo l’ottica rigidamente “occidentale”, il confine impercettibile che separa la prosa dalla poesia.
Quel che più conta, a nostra avviso, è aver trovato in essa una humus umana e religiosa, una trasfigurazione della realtà con il ricorso ad un linguaggio che ha il sapore dell’universalità e la bellezza di un moto interiore del cuore che sa cogliere la precarietà dell’essere, le contraddizioni dell’esistenza e il senso della speranza che si sostanzia in un invito ad ogni uomo:
“Cammina Uomo
Cammina
Corri Fratello
Corri
Verso l’infinito
Corri
Sogna e fai sognare”