
Con Trump è difficile se non impossibile fare previsioni. Vale per i dazi e vale per la guerra in Ucraina. Tra alti e bassi, in un’altalena tra speranza e delusione, aspettative e scetticismo, l’Europa che sta con Kyiv e i filo putiniani che si fingono pacifisti e intanto auspicano la resa ucraina, per Kyiv la situazione, senza le armi americane, sta diventando critica. Il Pentagono avrebbe deciso unilateralmente di sospenderne la fornitura dopo l’attacco americano ai siti nucleari iraniani perché gli Usa disporrebbero solo del 25% dei Patriot che servono al paese per garantire la propria sicurezza. Parlando con il presidente Zelensky qualche giorno dopo lo stop all’invio di armi, Trump ha detto di non esserne stato messo al corrente e ha promesso di fare il possibile perché a Kyiv vengano forniti almeno 10 Patriot fermi in Polonia. Ad approfittare dell’impasse è Putin, che continua a martellare con crescente intensità i civili con missili e droni per fiaccare la resistenza della popolazione, certo della “comprensione” della Casa Bianca, mentre la classe politica russa rimane impassibile e la propaganda del Cremlino si diverte a dileggiare Stati Uniti e Unione europea. Non è però scontato che il presidente americano pazienti ancora per molto nonostante la propensione a trovare giustificazioni all’indecente ostinazione dell’omologo russo a colpire incessantemente, facendo l’esatto contrario di quello che Trump gli sta chiedendo da mesi. Scocciato e deluso, il presidente americano ha detto che Putin vuole tutta l’Ucraina e persino il suo vice, D.J. Vance, eccessivamente compiacente verso il capo del Cremlino, almeno tanto quanto è ostile e maldisposto verso il presidente ucraino, ha convenuto che sì, “Putin vuole troppo”. Trump è contrariato dal comportamento di Putin e neanche le telefonate intercorse tra i due servono più a infondergli l’ottimismo di qualche tempo fa: “Siamo a un buon punto, siamo vicini a un cessate il fuoco.” “Strano, aveva osservato Melania, i russi hanno appena scaricato centinaia di droni sugli ucraini.” L’ostinazione omicida da una parte e la percezione di essere preso in giro dall’altra hanno accorciato la distanza tra le due sponde dell’oceano: Londra e Berlino hanno messo al primo posto la difesa dell’Ucraina, il cancelliere tedesco Merz sta preparando l’invio di armi a Kyiv e anche Macron ha ribadito l’importanza dell’indipendenza dell’Ucraina. Per una “pace che duri” la Germania non esclude l’estremo rimedio dei “boots on the ground” e Giorgia Meloni ha parlato di nuove sanzioni per la Russia e proposto con fermezza il dodicesimo pacchetto di aiuti militari a Kyiv. Sarà l’obiettivo del Nobel per la Pace, sarà il senso di frustrazione per una promessa andata in fumo, Trump se ne è uscito con una frase che ha rallegrato tutti gli amici di Kyiv: “Ci arrivano molte stronzate da Putin, se volete sapere la verità. E’ sempre molto cordiale, ma alla fine risulta insensato.” Meglio tardi che mai. Intanto, Volodymyr Zelensky ha informato che buona parte dei droni e missili russi è stata intercettata grazie alla tecnologia ucraina in continuo miglioramento e se proprio Trump avesse detto sul serio: “Volodymyr, puoi colpire Mosca?”, gli ucraini sarebbero pronti a farlo a condizione di ricevere dagli Stati Uniti i sistemi Patriot e i missili a lungo raggio. La baldanza di Putin potrebbe finalmente ritorcerglisi contro.