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I tifosi del Modica vittime sacrificali del clima intimidatorio di Aversa

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Aversa – In questi giorni tragici per tutta l’umanità, fatti di guerre, morti, lacrime che ci arrivano puntualmente attraverso tutti i mezzi di comunicazione possibilità, di tutto sentivamo il bisogno tranne che di raccontare una partita di calcio, seppur importante, alla stregua di una missione militare riservata solo ai più coraggiosi. Eppure questa è stata la realtà vissuta dagli oltre 200 (a questo punto) coraggiosi tifosi del Modica che, assecondando la loro passione ed il loro senso di appartenenza ai valori della città che rappresentano, hanno riempito la curva dello stadio di Aversa per assistere alla finale nazionale dei playoff di Eccellenza. Il Modica ha perso 2-0 ma della mera cronaca sportiva non parleremo in questo articolo anche se ci sarebbe tantissimo da dire sullo scellerato arbitraggio del direttore di gara. Ma oggi vogliamo concentrarci sulla trasferta dei tifosi. Uno di loro ci ha contattato subito dopo aver letto un articolo  su un quotidiano locale casertano nel quale, mistificando la realtà a suo dire, si vogliono fare apparire i lupi agnellini e viceversa. Premessa importante: i tifosi del Modica sono famosi ovunque per la loro sportività. Ricordiamo gli applausi all’Igea Virtus quando uscì vincitrice dello scontro diretto al “Barone” che decise la promozione due anni fa. O gli stessi applausi ai giocatori della Gioiosa quando quest’anno imposero lo 0-0 al Modica facendo di fatto svanire la possibilità di scavalcare il Milazzo. O ancora l’accoglienza riservata ai tifosi dell’Elettra Marconia nelle semifinali nazionali, con prodotti tipici locali offerti. Insomma la tifoseria di Modica non deve prendere lezioni di sportività da nessuno. Semmai potrebbe tenere dei corsi accelerati per chi ne ha bisogno. Chiarito questo andiamo a sentire il racconto del tifoso modicano che preferisce restare anonimo: “Il nostro gruppo di viaggio era formato da 15 minibus che alle 4  di domenica mattina è partito dal “Vincenzo Barone”. Abbiamo sacrificato le nostre famiglie per seguire la nostra squadra del cuore. Molti sono venuti con bambini, mogli. Insomma una piccola gita all’interno della trasferta. Nonostante in molti ci avessero sconsigliato di andare visto la fama di cui godono alcuni campi campani. Al traghetto ci uniamo con altri tifosi che erano partiti autonomamente. Altri ancora erano andati di sabato. Insomma non c’è stato un vero e proprio piano di trasferta organizzata. E questo, alla luce di quello che succederà dopo, è stato un grosso errore. All’autogrill di TreMulini ci arriva la notizia che il pullman del Modica era stato assaltato da alcuni delinquenti incappucciati che con i tirapugni avevano rotto i vetri. Giocatori allarmanti e per niente sereni prima di un match così importante. Tra di noi si era sparsa la notizia che alle 15  la polizia ci avrebbe aspettato in un determinato punto all’ingresso della città per scortarci fino allo stadio. Ci fermiamo ad aspettare ma non arriva nessuno. Alle 15:30 decidiamo di procedere autonomamente. Attraversiamo Aversa con il cuore in gola per quello che era successo alla squadra e senza lo straccio di una divisa in giro. Perché Modica è blindata ad ogni partita e per una finale del genere troviamo solo 5 poliziotti ad attenderci allo stadio? Una volta scesi, un tizio con una casacca da steward ci sorride dicendo: “Ora comincia il divertimento”. Dentro lo stadio un clima ostile, da guerriglia. I giocatori e lo staff del Modica hanno dovuto affrontare continue minacce lungo tutto il perimetro del campo da parte di tifosi e persone del luogo, che hanno manifestato atteggiamenti intimidatori e provocatori. Uno dei dirigenti è stato costretto a togliersi la giacca perché gli avevano lanciato contro una bottiglia piena di urina. Noi ci sentivamo sempre meno sicuri. La partita è andata come è andata, condizionata sicuramente dall’atmosfera creata appositamente dai padroni di casa.  Inoltre, durante l’incontro, alcuni tifosi di casa hanno spalancato la porta che divideva le due tifoserie, dando inizio a una colluttazione con calci e pugni tra gruppi di supporter, in un clima di grande tensione e intimidazione. Al fischio finale partono delle bombe carta dal tetto di un bar attiguo allo stadio. Arrivano nel nostro settore ed esplode il panico. Chi scappava a destra e chi scappava a sinistra. Ad avere la peggio la moglie di un dirigente che viene portata in ospedale in stato di shock e ferita. Alcuni di noi provano a scappare dalla tribuna perché continuano a piovere ordigni da fuori lo stadio. Forzano una porta per uscire e per assurdo subiscono la carica della polizia. Riportata la calma (per modo di dire) veniamo portati fuori e lasciati nuovamente da soli a prendere i nostri mezzi e tornare a casa. Senza nessun tipo di protezione. Durante tutta la strada del ritorno mi sono ripetuto che questa sarebbe stata l’ultima trasferta della mia vita. Non vale la pena rischiare, vivere in un costante clima di tensione e paura. Mi dispiace, doveva essere una festa, è stata una vera guerra. Mi dispiace per tutti quei tifosi che come me fanno sacrifici per seguire la propria squadra del cuore. Mi dispiace per Mattia Pitino e Danilo Radenza che ieri hanno seguito la partita dalla panchina e che come ogni anno ci hanno messo cuore e anima per farci vivere un sogno”.

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