
Titanic
A un anno dal Papeete e dal mojito, diventati metafore di Salvini e usate oltre che da commentatori e avversari politici, anche da coloro che hanno governato con lui nella catastrofica stagione gialloverde, è venuto il momento di fare un bilancio sui risultati raggiunti dal Pd. Dei grillini non c’è più molto da dire se non che hanno dovuto normalizzarsi al punto che i senatori del Movimento hanno dato il benservito a Davide Casaleggio e alla sua piattaforma come strumento di comunicazione e discussione politica. Rimane qualche intignamento, sul Mes per esempio, ma vedremo come andrà a finire, tra baruffe e contrasti interni. Durante la convivenza giallorossa, è però successo l’inevitabile: il Pd ha dimenticato il progetto riformista ed è tornato all’assistenzialismo di stato. Calenda lo aveva previsto e se n’è andato in tempo. Oggi, le critiche del fondatore di Azione si estendono alla mancata gestione, da parte del Partito democratico, dei flussi migratori. Sulla questione, i dem non sanno che pesci prendere, tra gli strepiti di Saviano, le braccia aperte di Orsini, la solita retorica guasta della solidarietà e il senso della realtà che imporrebbe misure strutturali, non toppe provvisorie che peggiorano la situazione. Nel 2015, Renzi ottenne da Bruxelles un po’ di flessibilità nei conti italiani in cambio dell’accoglienza indiscriminata a chi fosse sbarcato sulle nostre coste. Un errore vistoso: nel 2016 arrivarono più di 180 mila migranti tra le critiche accese dell’opposizione, le proteste e la rabbia di chi ne faceva le spese vivendo già situazioni di precarietà economica e insicurezza. Nel 2017, con il governo Gentiloni, arrivava al ministero dell’Interno Marco Minniti. Per la prima volta il termine emergenza riferito ai flussi migratori fu abolito. Il ministro spiegò che erano necessari misure organiche e provvedimenti efficaci, che l’accoglienza ha un limite oggettivo nella possibilità di integrazione, che la mancata integrazione porta al terrorismo, che non tutti hanno il diritto d’asilo e per essi c’è il rimpatrio, che la rabbia e la paura attraversano il mondo e non si può fingere che non ci siano. Minniti andò in Libia e costruì una rete di rapporti con le autorità locali e le tribù di quel paese e concordò misure volte ad impedire le partenze, aprire corridoi umanitari e costruire in Libia un centro di raccolta sotto il controllo dell’Onu. In quell’anno furono 20 mila i rimpatri e gli sbarchi diminuirono drasticamente. Un successo per alcuni, un crimine per i soliti ipocriti che dietro il buon cuore nascondono l’incapacità di assumersi la responsabilità di decidere e il timore di essere tacciati di xenofobia e razzismo. La fortuna di avere un pezzo da novanta tra i ministri del governo, si trasformò in ridicolo senso di colpa. Ci fu addirittura chi definì Minniti mezzo-destro. Il partito degli addormentati ignorava che sarebbe arrivato qualcuno a cacciarli e fare dell’immigrazione il proprio cavallo vincente. Eppure, nonostante un’esperienza di governo consolidata, presidenti di regione e sindaci capaci, il partito di Zingaretti sembra piantato in mezzo alla palude, imbambolato e privo di slancio vitale e idee. Il Pd continua a ripetere gli stessi sbagli: confida nel miracolo che i problemi si risolvano da soli, basta aspettare, e si rianima quando gli giunge qualche buona notizia: la complicata e difficile posizione del governatore della Lombardia e il processo a Salvini, grazie all’inaspettato sì di Renzi all’autorizzazione a procedere. Chissà che non riusciamo a liberarci definitivamente della Lega senza muovere un dito, pensano, fiduciosi che saranno i giudici a fare il lavoro sporco. La strategia attendista non funziona però se applicata all’immigrazione. Come ogni estate succede, gli sbarchi sulle coste italiane si sono intensificati. Tra i migranti, i più numerosi sono tunisini, spinti a partire dall’instabilità politica del loro paese. Arrivano ora dopo ora a ritmo serrato e vanno a riempire gli hotspot di Lampedusa, sempre sul punto di scoppiare malgrado il continuo turn over. Alcuni scappano e quando vengono riacciuffati si scopre che sono positivi al Covid. Così, al problema immigrazione si aggiunge quello sanitario che il governo spera di risolvere mettendo a disposizione due navi-quarantena, il cui affitto costa allo stato 4 milioni per tre mesi ; mentre di circa 5 mila euro è il costo mensile per ogni immigrato. Vuoi vedere che i 37 miliardi in più del fondo Recovery erano stati previsti per l’accoglienza? E poi, possibile che a Conte non sia venuto in mente di nominare, in aggiunta alle 40 task force, una che si occupasse di immigrazione?