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Rischi e ambiguità del nuovo pacifismo…l’opinione di Rita Faletti

Tempo di lettura: 2 minuti

La guerra dichiarata dai regimi autocratici e totalitari contro le società aperte, chiede di resuscitare il rapporto con la razionalità dopo decenni impegnati a coltivare l’illusione di una pace perpetua e inseguire obiettivi come la decostruzione di concetti e valori della cultura occidentale. Per alcuni, la soluzione è il pacifismo. Scelta contro logica e ragione che dovrebbe fermare l’invasione di uno stato sovrano da parte di un regime che non riconosce lo stato di diritto, in realtà la complicità scellerata con l’aggressore fascista contro la libertà di un popolo. E’ la posizione delle sinistre radicali, Avs, e di Conte, che rivelano la vera essenza di un antifascismo di piazza per il consenso, dando ragione a Pannella che sosteneva che il pacifismo merita di essere messo al bando al pari di nazismo fascismo e comunismo.  Sull’altare della demagogia pacifista si sacrifica una causa giusta e si tradiscono i valori della democrazia, mostrando più preoccupazione per la sovranità russa che per la sovranità ucraina ed europea. Il primo ministro britannico Chamberlain, di ritorno dalla conferenza di Monaco del 1938, disse: “Sono tornato dalla Germania con la pace per il nostro tempo”. Gran Bretagna, Francia e Italia avevano creduto di poter barattare la libertà dei Sudeti – abitata da una minoranza di lingua tedesca – con la loro libertà, e neanche si diedero la pena di avvertire la Cecoslovacchia. Se la storia la conosci, qualcosa dovrebbe insegnarti. Ma la storia si può reinventare secondo convenienza, ribaltando il ruolo degli attori principali e alterando i fatti. Gli esempi si sprecano. L’università di Firenze ha interrotto i legami con Israele accusato di “genocidio”, ma mantiene legami con università in Iran e Afghanistan. Per i vertici dell’ateneo, iraniani e afghani sono i nuovi progressisti amici dell’occidente. Quando la sinistra riesce a colpevolizzare Israele si sente dalla parte giusta della storia, anche a costo di soggiacere all’estremismo e alla prepotenza dei pro Pal che sbattono le porte delle università in faccia a chi non condivide le loro idee, anche se un suo sindaco viene pubblicamente umiliato dalla rapporteur Onu assunta non per capacità e competenze ma per l’ideologia, anche se la stessa si permette di mettere la mordacchia alla stampa in nome della difesa dei diritti umani. Quali? Anche se il rapporto su Gaza è privo di credibilità, oltrepassa il mandato specifico del relatore speciale e giustifica la violenza di Hamas definito un movimento serio, anche se ha scritto tweet complottisti sugli attentati di Parigi e del Bataclan. Da una così, un partito responsabile non accetta veti né prediche morali. A meno che l’obiettivo non sia quello di rastrellare voti dove il risentimento antioccidentale il terzomondismo e la demonizzazione di Israele ribollono. Dopo Aboubakar Soumahoro e Ilaria Salis si tenta il colpaccio con Francesca Albanese. Favorevoli a confermarle la cittadinanza onoraria il sindaco di Bologna Matteo Lepore e la vice sindaca Emily Marion Clancy, una sorta di clone di Elly Schlein. Nell’impazzimento generale si intravede il segno di una decadenza culturale e morale e di una povertà intellettuale che non hanno precedenti. Docenti penosamente subalterni o complici del chiasso pacifista dei collettivi studenteschi e degli attivisti dei centri sociali, città italiane in balia dei disordini e della violenza, un ateneo bolognese, l’Alma Mater, che si rifiuta di avviare un corso di laurea in Filosofia per giovani ufficiali dell’esercito per “ragioni di sostenibilità economica”. Una misera scusa che nasconde un pregiudizio di natura ideologica: lo studente in divisa, la “militarizzazione” dell’università. Come se uno studente che indossa l’uniforme fosse un pericolo mentre le nostre università sono ormai ostaggio di violenti e ignoranti. E’ la nuova versione del pacifismo promosso dagli esperti politici della sinistra radicale e dal M5s, contro la guerra e il riarmo, un tema che tira molto e serve a riempire il bacino di voti antimilitaristi. Non vorrete mica mandare i nostri figli a combattere? A scazzottarsi fuori dalle discoteche e farsi di porcherie sì, a difendere la libertà loro e nostra magari no. In questo clima agitato, tra slogan, paure e letture strumentali, resta un punto fermo: il dibattito sulla difesa non può essere ridotto a caricatura. Le scelte, qualunque esse siano, richiedono serietà, trasparenza e responsabilità. Il corso si terrà comunque, come ha ribadito il ministro Bernini; il resto sarà la politica, ancora una volta, a doverlo spiegare al Paese.

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1 commento su “Rischi e ambiguità del nuovo pacifismo…l’opinione di Rita Faletti”

  1. Quindi non è la società aperta che ha rovinato se stessa, dichiarando anche guerra a regimi dal suo punto di vista totalitari.
    E colpa dei cd. (secondo la società aperta), regimi totalitari se le cose a casa nostra vanno male.
    Quindi, le ideologie malefiche che regnano nella decadente società attuale, sono colpa di putin e compagnia, non in quanto nate proprio dalla eccessiva e pericolosa libertà di questa società senza regole.

    Quindi, non comprendo, ringraziamo la guerra dichiarata dai regimi per ritornare ai paletti e quindi avere una società pulita e decente che lo stesso occidente ha cancellato?
    Non è che corriamo il rischio di avere una società pulita ed ordinata, con valori determinati, come certi “regimi”?

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