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Vite di confine di Toni Capuozzo a Pordenonelegge…di Rita Faletti

Tempo di lettura: 2 minuti

foto: copyright di Giannino Ruzza

Al Pala Fumetto di Parco Galvani, nell’ambito di Pordenonelegge, Toni Capuozzo ha presentato la sua ultima opera Vite di confine, dialogando con lo scrittore Walter Tomada. Capuozzo ha ripercorso la genesi del libro, partendo dall’importanza del confine tra Gorizia e Nova Gorica, lungo l’Isonzo/Soča, e da come la sua infanzia friulana e i continui spostamenti lo abbiano sensibilizzato alle questioni identitarie. Ha sottolineato come il confine non sia solo una linea geografica, ma anche culturale, emotiva e personale, e come le storie locali custodiscano tracce profonde di storia europea. Ha parlato di guerre, migrazioni, lingue minoritarie, culture che si intrecciano, e di come queste trasformazioni incidano sulle identità contemporanee. Nel corso dell’incontro sono stati letti alcuni brani del libro, a testimonianza della forza narrativa delle vicende quotidiane e delle voci che spesso restano in periferia. Tra gli esempi, quello delle famiglie straniere che si sforzano di parlare italiano con i figli, segno di un impegno a integrarsi non solo nella lingua, ma anche nelle leggi del Paese che le ospita. Capuozzo ha definito l’identità “un complesso di fattori nei quali ci si riconosce”, sottolineando che essa non si subisce, ma si sceglie. Ha considerato la guerra una catastrofe: “Bisogna ricordare che i morti erano persone come noi, con professioni, ideali, speranze e sogni”. Il racconto si snoda anche attraverso le visite dell’autore ai cimiteri, alcuni dei quali attraversati da una linea di confine, la lettura dei nomi e delle epigrafi — da Bassano a Redipuglia, alla Florida,  — in una sorta di antologia corale che richiama l’ispirazione di Spoon River di Edgar Lee Masters. E a proposito di epigrafi l’autore ne ricorda una letta in un camposanto di un piccolo paesino nel sud della Florida “Vi avevo detto che non stavo bene”. Risata del pubblico. Alla domanda del presentatore su come chi odia la guerra abbia potuto fare l’inviato di guerra, Capuozzo ha risposto che è stato proprio il nascere e crescere in una terra di confine a spingerlo a raccontare i conflitti. E ha distinto tra “confine” e “frontiera”: il primo come linea che separa, la seconda come ciò che si ha davanti, luogo di apertura e confronto. In chiusura, ha riflettuto su cosa significhi “abitare un confine oggi”: non solo dal punto di vista geografico, ma anche politico, sociale e culturale. Un tema che riguarda l’Europa intera, tra nazionalismi, migrazioni e la sfida dell’integrazione.

 

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