
Nell’ambito di Pordenonelegge, RTM ha colto l’occasione per incontrare e intervistare il generale Vincenzo Santo, 68 anni, salentino, già generale di corpo d’armata della riserva. Con una lunga carriera militare alle spalle – dagli incarichi di vertice nazionali a quelli in ambito NATO, passando per le missioni in Afghanistan, Libia e Balcani – Santo oggi si dedica alla scrittura e all’analisi geopolitica. Dopo il volume del 2022 dedicato al conflitto russo-ucraino, è tornato in libreria con un’opera che affronta le radici e gli sviluppi della questione israelo-palestinese.
Generale, partiamo dal suo ultimo lavoro. Di cosa tratta?
“Non è un libro da tavolino. L’ho concepito come uno strumento, un ausilio per coloro che sono digiuni della storia del conflitto israelo-palestinese. Non ho voluto spingermi fino ai tempi di Abramo: ho deciso di partire poco prima della Prima guerra mondiale, perché è lì che si annoda la questione, e da lì condurre il lettore fino ai nostri giorni”.
Un percorso storico denso di date ed eventi.
“Qualcuno potrà trovarlo pesante, perché ricordo spesso date e passaggi storici. Ma a mio avviso sono fondamentali: senza le coordinate temporali si perde il filo. Ho cercato di tracciare un percorso che fosse lineare, pur nella complessità, intrecciando fatti storici con alcune mie considerazioni personali”.
Quindi non solo cronaca, ma anche interpretazione.
“Sì, perché un analista geopolitico non può limitarsi a elencare i fatti. Rivendico il diritto di commentare quelli che spesso diventano luoghi comuni della comunicazione, schemi che non aiutano a comprendere la realtà. Quello che ho scritto può essere condiviso oppure no, ma nasce dall’esperienza, dallo studio e da un punto di vista che ho maturato sul campo”.
C’è anche un risvolto personale, quasi filosofico.
“In effetti il libro è anche un’auto-riflessione. Ho affrontato il tema del materialismo, cercando di andare oltre la mera cronaca bellica. Perché i conflitti non sono solo eserciti che si fronteggiano: sono la rappresentazione degli interessi, delle ideologie, delle visioni del mondo”.
Perché la gente dovrebbe leggere il suo libro?
“Perché non è scritto per gli specialisti, ma per chi vuole capire. Non ho la presunzione di dare verità assolute, ma offro un quadro storico completo, rigoroso, con date ed eventi che aiutano a collegare i fili di un conflitto che spesso viene raccontato in modo parziale o ideologico. È un libro per chi cerca strumenti di comprensione, per chi non si accontenta di slogan o di luoghi comuni. Leggerlo significa avere l’opportunità di farsi un’idea autonoma, critica, fondata sui fatti e non sulle narrazioni di parte”.