
di Giannino Ruzza
Israele avverte che l’Iran potrebbe orchestrare un attacco su larga scala simile al 7 ottobre (il giorno dell’invasione di Hamas nel 2023). Lo ha dichiarato l’ambasciatore israeliano all’ONU, Danny Danon, che ha spiegato: Stavano per avviare un altro attacco come quello del 7 ottobre. Una volta raccolte le informazioni a riguardo, abbiamo deciso di non aspettare. Abbiamo creduto nelle loro intenzioni.”
Perché questo confronto con il 7 ottobre?
Minaccia diretta dagli iraniani: Secondo l’intelligence israeliana, l’Iran stava pianificando un’operazione di tipo “Ottobre 7” — cioè una massiccia e coordinata incursione direttamente contro città e civili israeliani usando droni e missili molto più ampi e potenti dei precedenti attacchi regionali. Risposta preventiva di Israele: Proprio in risposta a queste informazioni, Israele ha lanciato l’operazione “Rising Lion” il 13 giugno, colpendo oltre 100 siti militari e nucleari in Iran, inclusi centrali di arricchimento e vertici delle Guardie Rivoluzionarie.
Rischi di escalation
Rappresaglia iraniana: Infatti l’Iran ha risposto lanciando missili e droni verso Israele, molti dei quali sono stati intercettati dall’IDF grazie anche a supporto statunitense. Coinvolgimento globale: Gli Stati Uniti hanno dichiarato che assisteranno Israele in caso di ulteriori attacchi iraniani. Trump (ex presidente, ora personale emissario) ha ribadito che l’Iran “non può avere una bomba nucleare” e che gli USA rimangono pronti a difendere Tel Aviv.
Sul piano diplomatico
La situazione tra Israele e Iran dopo le recenti tensioni (con il timore di un nuovo “7 ottobre”) si sta sviluppando su diversi livelli:
Isolamento dell’Iran
Israele sta cercando alleati per rafforzare la narrativa che l’Iran sia una minaccia diretta e imminente, intensificando le comunicazioni con Stati Uniti, Regno Unito, Francia e paesi arabi moderati (es. Emirati, Egitto, Giordania). Si adopera affinché il programma nucleare iraniano venga nuovamente portato al centro dell’agenda dell’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) con nuove ispezioni e pressioni.
Iniziative all’ONU
Israele ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, accusando l’Iran di violare la Carta delle Nazioni Unite tramite attività militari aggressive e piani offensivi. Teheran, dal canto suo, ha accusato Israele di “aggressione preventiva” e ha chiesto la condanna internazionale dell’attacco del 13 giugno.
Le diplomazie parallele
Stati Uniti: sebbene sostengano Israele, stanno cercando di contenere l’escalation e mantenere aperti canali con altri attori regionali per evitare una guerra totale. Arabia Saudita e paesi del Golfo: osservano con attenzione. Riyad, in particolare, ha congelato il dialogo di normalizzazione con Israele in attesa di sviluppi. Tuttavia, condanna anche l’espansione iraniana. Turchia e Qatar: più vicini all’Iran, chiedono una de-escalation ma difendono la “legittima autodifesa” di Teheran.
Ruolo di Russia e Cina
Entrambi i paesi non condannano esplicitamente l’Iran, ma spingono per la stabilità. La Cina, interessata al commercio e alla sicurezza energetica, ha chiesto “moderazione da tutte le parti”. La Russia, pur impegnata in Ucraina, sfrutta la crisi per screditare l’Occidente, ma non ha fornito supporto militare diretto a Teheran.
In sintesi Israele ritiene che l’Iran stia avvicinandosi pericolosamente a una soglia oltre la quale sarebbe impossibile fermarlo senza conseguenze devastanti. Per questo ha scelto l’attacco preventivo, convinto che solo un’azione immediata possa scongiurare un nuovo 7 ottobre e impedire a Teheran di cambiare definitivamente gli equilibri regionali. Sul fronte diplomatico, però, la pressione per evitare un’escalation su larga scala resta altissima.