
Quella di Annamaria Citino è una poesia con un’apertura verso le cose più immediate e che spinge la poetessa alla semplificazione di tono e ad “appropriarsi – direbbe Vittorio Sereni – di ciò che altri scarterebbero come futile”, trasfigurandolo invece in immagini di intensa liricità.
E’ questa l’impressione immediata che si prova accostandosi alla raccolta poetica Cuore gentile della Citino, una donna che esporta l’area iblea nel Nord Italia e che ha alle spalle un solido percorso poetico caratterizzato da ben sei raccolte poetiche uscite dal 2015 ad oggi, apprezzate anche con riconoscimenti in diversi concorsi letterari, tra i quali quello del maggio 2023 a Napoli ove si aggiudica il terzo posto assoluto al premio letterario Ti racconto una storia sulla disabilità e malattie rare, e quello del 4 Giugno 2023 quando viene premiata al Primo concorso letterario La Repubblica è donna e il Tricolore.
Il corpus della raccolta Cuore gentile poggia su una parola poetica che è la categoria portante di tutta la sua versificazione: il cuore. Il cuore, senza dubbio, è un topos della letteratura e della poesia; Annamaria Citino richiama in tal senso grandi nomi: per Dante (nella Vita Nova) , ad esempio, la salvezza è nel cuore; l’Alfieri nel “trattato del Principe e delle lettere” (1778) parla del cuore come di un requisito che può rendere grande un uomo. Leggendo il libro della Citino viene in mente quel versetto dell’Alfieri del celebre sonetto Autoritratto che il poeta scrive a 37 anni e in cui dice: “la mente e il cor /meco in perpetua lite”: un verso profetico ed epigrafico di grande attualità. Ma anche Pascoli nella sua poesia Scalpitìo offre un galoppo simbolico del cuore: quello della morte che si avvicina; sono poi in tanti a mettere il cuore al centro di una riflessione poetico- letteraria: Luigi Capuana: “L’albergo del cuore” in “Semiritmi” (1888); Sergio Corazzini: “Il mio cuore” in “Dolcezze” (1904), e l’elenco è molto nutrito.
Il cuore di Annamaria Citino è gentile perché la poetessa auspica che ogni persona prima di pensare a cambiare il mondo, fare le rivoluzioni, meditare nuove costituzioni, stabilire un nuovo ordine, è nel proprio cuore che deve scendere, facendo regnare in esso l’ordine, l’armonia e la pace. Soltanto dopo, è possibile cercare e trovare delle anime che ci assomigliano, e passare all’azione.
Per Annamaria Citino il cuore “disegna sorrisi”, ha il potere di emozionare, aiuta a vivere la vita con incanto e stupore, nella gioia e nel dolore, nell’amore e nella sofferenza. Riprendendo Alda Merini, la poetessa dice: “il cuore non invecchia./ E’ sempre nascente…”:
“Il cuore non invecchia.
La giovinezza resta negli occhi
che osservano le capriole del tempo(…)
Ma il cuore disegna
sorrisi su arcobaleni improvvisi…
No! il cuore non invecchia.
È sempre nascente
È sempre immerso
nella meraviglia che la vita
disegna su fogli di carta
dove rifulge qualche schizzo
distratto di un cocente,
improvviso raggio di sole,
pronto a scaldarti ogni angolo
del pazzo cuore che rugge.
No, il cuore non invecchia mai
Vive della perenne primavera
Che germoglia rose rosse…”
(Il cuore non invecchia, p. 99).
Annamaria Citino si dona col cuore, con i suoi tempi d’anima e con la verità della sua coscienza. Perciò ella riesce convincente e suscita, in chi l’ascolta, interesse e attesa, fornendo una testimonianza del suo “io” intimo e immaginifico, rivestito di ritmi e suoni interessanti e apprezzabili.
La memoria della poetessa vola, – con la sua bicicletta azzurra, si chiamava Graziella- , “su e giù per le vie / di Vittoria”…; si rivede nella sua città con immagini generatrici di rilie¬vi modulati programmaticamente e sostanziate da affetti e relazioni amicali che pulsano nel cuore: “…Raggiungevo in un attimo/ – scrive la poetessa – gli amici sparsi per la città,/ero sotto il loro portone/ in un battibaleno./Per strappargli un abbraccio sincero,/altro che smartphone… freddo e distante./Quando il mio cuore/ è stato rapito dai tuoi occhi verdi, / non ho capito più nulla…”, in La bicicletta del cuore,p.47.
Il cuore della poetessa è una finestra aperta alla vita, al mondo, ai problemi della società; non è smemorato, non smette di ricordare. La poesia “Per non dimenticare”, che rievoca la strage di Capaci del 23 maggio 1992, né è una dimostrazione: “Cuori che finiscono la corsa della vita, / che sanguinano e smettono il rombo. / Si sono fermate le lancette, il ticchettio del tempo, / annichilito, è muto…”. Il cuore della poetessa non è indifferente agli altri, ma guarda, osserva “visi noti, / sconosciuti, smarriti,/ sorridenti o in lacrime, dietro mascherine colorate”, come afferma nella poesia Stazioni.
La poesia di Annamaria Citino è comunicativa, come l’opera dell’artigiano che parla di bottega e di fatica; la poetessa si ferma su ciò che l’esperienza le offre: la “zagara e il gelsomino”, il “magico mediterraneo”, il “fiume Piave”, “i papaveri”, la “silenziosa luna”, il “mare che sobbalza”, la “granita di limone”, la “terra che trema”, “Il passerotto infreddolito” , le “Luci dell’alba”, il “vento improvviso”, le “rughe”, il “rullo di tamburi”, “raggi di sole”, il “prato di margherite”, le “ombre della sera”, le “colline infuocate” , il “gabbiano”, la “nebbia fitta”. E così i suoi versi diventano il diario scritto fra azione e abitudini, e il contenuto dei testi poetici si diparte da una originarietà memoriale per vivere articolazioni tematiche varie e ricche di nuclei fonici e simbolici che si ordinano in un discorso sempre più analitico.
La poetessa intesse, dunque, un rapporto affettivo con l’ambiente esistenziale che ella vive, e che trasfigura in un movimento estetico ricco di segni e di colori e nel quale ogni dato di lettura si orbita in una posizione illuminante. Annamaria Citino innesta insomma la propria vocazione poetica nel simbolismo, ricorrendo ad un linguaggio che trascrive la vita attraverso alcune ricorrenti scelte immaginifiche, capaci di valorizzare parole e suoni, generando una polisemia ed esprimendo il movimento e l’armonia della musica.
Nei suoi versi si avverte una pluralità di sensazioni vissute “hic et nunc”, nello spazio di un momento concreto, offrendoci un tipico sintagma simbolista che accentua la musicalità e che esorta ad abbracciare la vita. Cosi dice la poetessa:
Abbracciala la tua vita / forte forte contro il tuo cuore / È il dono più grande che hai / Sorridile. / Non crucciarti per il domani, / tanto non esiste / né per il tuo passato, / quello che è stato ieri. /Esiste solamente nel tuo ricordo, / bello o brutto che sia. / Abbraccia la tua vita adesso / in questo istante mentre leggi / questi versi, questo momento esiste, / è vero, è il presente. / Rendilo meraviglioso. Abbandona la rabbia / l’odio / la cattiveria / l’invidia / la gelosia. / Sono veleni. /Uccidono, giorno dopo giorno, la tua anima / che anima il tuo corpo, lei ha bisogno di luce. / La luce del tuo cuore che si appoggia al tuo risveglio / al tuo sorriso, / un miracolo…”, in Abbracciala la vita, p.104.
Annamaria Citino è una donna pensosa, a tratti malinconica ed inquieta, a tratti pervasa da spinte motivazionali che attraversano tutte le contingenze della vita, per proiettarsi in un universo metafisico e poetico con uno stile ora elegante ora con andamento prosodico, ma sempre caratterizzato da soluzioni formali e linguistiche aderenti alla propria situazione psicologico-emotiva e in grado di rivelare un messaggio etico estetico di chiara fecondità riflessiva.
La poetessa sa immettere nei suoi versi le pulsazioni del suo cuore, le idee che animano il suo pensiero, dando vita ad una poetica che non è idillio né elegia, ma poesia impegnata ove l’avventura umana e l’ “io” meditante non sono mai dissociati da dolenti diagnosi, ma incastonati negli spazi contemplativi, nei profili di immagini in movimento, nei mutamenti delle voci delle stagioni.
Tutta la versificazione di “Cuore gentile” promana dalla realtà adattandosi alla sua storia a seconda delle inclinazioni sociali e degli sguardi quotidiani; il messaggio insito nelle poesie è un costante richiamo a guardare avanti, a guardare la vita “con gli occhi di un bambino”; il fanciullino di pascoliana memoria si agita nell’ anima della Citino con senso di meraviglia, con i suoi aneliti, con i suoi sospiri, con le sue emozioni ed intuizioni:
“Mi riscopro bambina,
la sua vocina si è fatta viva,
mi conforta, mi incoraggia,
mi fa compagnia.
Mi conduce nei sogni.
(La bambina in me, p. 102).
E questa bambina che è in lei si riscopre a “guardare il cielo/ Dietro la finestra”, le rondini che “giocano a nascondino con le nuvole”, “gli alberi che diventano amici”; la bambina che è in lei si riscopre mentre ascolta il “canto festoso degli uccellini”, mentre piange in silenzio, poi sorride perché “felice di avere un mondo di ricordi” e “di vivere ogni frammento di questa vita dal sapore dolce e amaro”.
Nelle parole di Annamaria Citino scorre la linfa della sua interiorità, c’è un invito a costruire – dice la poetessa – “ponti d’amore”, ad abbattere “tutti i muri /aguzzi dell’odio” e a tenersi per mano immaginando – dice nei suoi versi – di “formare un bel girotondo / senza etnie, / invidie e gelosie, e gridare a squarciagola, tutti insieme. / Siamo liberi e fratelli. / Fratelli per la Vita”.
Come si potrà notare siamo di fronte ad una poesia sociale che mira ad esercitare un benevolo effetto rivoluzionario, a scuotere dal torpore, a “Lottare contro ogni sopraffazione, / guerra, violenza, distruzione”; una poesia che sa essere, sia che esprima spirito idillico, sia che si elevi liricamente a dialettica etica, anche un dolore composto ed alieno da escandescenze e da polemiche di ribellione, scorrendo sulla pagina in lunghe pause verbali come in una delle ultime poesie della silloge, “Vite sospese”:
Siamo lenzuola adagiate senza ganci
su fili d’acciaio.
Un colpo improvviso di vento
le fa volare giù per terra.
Siamo vite sospese,
burattini che scivolano
da una mano all’altra
di un governante smarrito.
Agganciate al filo inquieto
della paura dello spettro
di una fine sola e disperata.
Siamo vite sospese
che guardano il mondo
con occhi smarriti.
Il volto confuso dell’amico
più caro che ti tiene a distanza
per timore che tu possa
trasmettergli il mostro
che aleggia silente, impalpabile.
Siamo vite sospese:
così ci hanno ridotti,
come soldati in guerra
sotto le bombe
a obbedire a un nemico,
il mio, il tuo.
Siamo vite sospese
che attendono trepidanti
di riaprire gli occhi
e respirare la VITA
Quella vita che ci avete rubato.
(Vite sospese, p. 98).
E concludo dicendo che anche sul piano formale tutto il costrutto poetico della silloge “Cuore gentile” è ricco di metafore; il plesso semantico assume spesso significati simbolici e metalinguistici, i versi denotano situazioni psicologiche di sofferenza, di fuga, di ricerca, di sublimazione e connotano visioni e suggestioni che agitano l’animo della poetessa.
Annamaria Citino con la lettura in chiave poetica della scrittura interiore, umana e sociale dei suoi vissuti, raggiunge davvero livelli interessanti che rappresentano sicuramente uno stadio importante e significativo del suo itinerario di ricerca sulla strada della maturità poetica.