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Sanatoria case sul mare, Campo: “Sempre contrari a qualsiasi forma di bonifica riparatoria”

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“Ancora oggi, nonostante sia ormai assodato che la cementificazione selvaggia è stata causa di disastri idrogeologici e di veri e propri attentati ai beni paesaggistici, c’è chi ancora in maniera anacronistica si ostina a mettere le mani nei cassetti degli uffici tecnici per rispolverare pratiche vecchie di 30 anni, per sanare gli abusi edilizi in riva al mare, come nel caso della norma proposta dal collega di maggioranza, Giorgio Assenza, che nella riforma urbanistica in discussione nella commissione ambiente, vorrebbero operare un colpo di spugna su tutti quegli edifici costruiti sulla battigia prima dell’entrata in vigore delle restrizioni”. Lo dice la deputata regionale del M5s, Stefania Campo, in merito alla discussione che si sta sviluppando in questi giorni sull’importante argomento. “Gli immobili in questione furono eretti furtivamente tra il 1976 e il 1985, cioè prima che la legge Galasso perfezionasse il limite di inedificabilità assoluta all’interno della fascia di rispetto dei 300 metri dalla linea di costa – spiega Campo – È chiaro che piacerebbe a tutti godere di una casa a ridosso della spiaggia, con il mare a pochi secondi, ma questo va contro ogni criterio di salvaguardia del bene collettivo. Non si tratta di essere permissivi o intransigenti verso gli abusivi, piuttosto si tratta di avere una visione delle possibilità di sviluppo di un territorio. Legittimare un abuso facendo leva sul cavillo di una vacatio legis non è di certo un buon servizio che si rende ai cittadini. Pur rischiando di essere impopolari, soprattutto per chi oggi teme l’abbattimento della propria casa, noi del movimento 5 stelle ci siamo sempre opposti a qualsiasi forma di bonifica riparatoria, non è una semplice presa di posizione, non si tratta solo di riuscire a cogliere la necessità di una tutela ambientale, di tutela di un paesaggio dunale e marino, già di per sé importantissimi, ma anche di leggere il malessere di quei territori saturi di edilizia residenziale e che oggi sono ridotti a quartieri dormitorio. Quartieri che, pur essendo in riva al mare, risultano privi di servizi, con pochissimi esercenti o attività ristorative e ricreative. Bisogna sforzarsi di comprendere il presente e avere la consapevolezza che solo un impianto urbanistico ragionato può portare economia e profitto. La progettazione del confine tra terra e mare diventa la vera sfida che la politica deve favorire e di certo non è sanando l’offesa al paesaggio che si può procedere al riscatto dei tanti luoghi violentati dall’ingordigia edilizia. I veri temi della politica devono essere la cura e la manutenzione dei punti di approdo: costruirne di nuovi, offrire servizi nei porti, predisporre passeggiate, solarium, immaginare spazi di aggregazione, di continuità e di rapporto visivo con il mare. Molte località balneari oggi sprovviste di questo potrebbero essere ripensate e riqualificate. Insomma serve immaginare una normativa non per congelare le speculazioni del passato bensì per favorire il processo di pianificazione, per valutare con i tecnici, caso per caso, dove è necessario abbattere i mostri per risollevare le situazioni più compromesse”.

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