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Il teologo La Porta legge il libro su Gesù….di Domenico Pisana

Un viaggio per i sentieri umani attraversati dalla fede cristiana.
Tempo di lettura: 2 minuti

Se il titolo del libro può apparire scontato per chi conosce il vissuto e la testimonianza cristiana di Domenico Pisana, il sottotitolo intriga e, in certo qual senso, invita alla lettura in quanto capta la curiosità del lettore, così come ha attirato la mia attenzione ponendomi in un bivio dal quale la mia esperienza di fede mi ha fatto subito uscire ponendomi dalla parte di Teofilo. Ma era un pregiudizio legato alla lettura superficiale della copertina.
Iniziando a leggere ho trovato sempre più simpatico Miscredenzio, il quale da provocatore qual io pensavo fosse, è divenuto nella mia lettura la spalla ideale di Teofilo facendomi persino venire il dubbio che entrambi fossero la stesa persona tra un “prima” e un “dopo”, un po’ come il binomio Saulo – Paolo, o, come è verosimile, recitassero due parti dello stesso copione, scritto dalla penna creativa e raffinata di Domenico Pisana.
La sapienza pedagogica e teologica dell’autore si rivela proprio in questo passaggio dalla domanda alla risposta frutto di una maieutica che coglie profondamente la sete di conoscenza di Miscredenzio, guidandolo, attraverso la risposta di Teofilo, a trovare nelle righe della sua domanda gli elementi che poi costituiscono la risposta. Non è solo un’operazione concettuale o meramente intellettuale, ma una testimonianza di una fede illuminata dalla Rivelazione che, pur consapevole delle risposte della teologia, ricerca dentro una esperienza la presenza di Dio, apre la finitezza dell’incerto umano agli orizzonti della fede, invita il lettore, e dunque Miscredenzio stesso, ad andare oltre la retorica o la banalità del “si dice” o dell’opinione più comune per aprire il cuore ad un “incontro”. Se le domande di Miscredenzio tradiscono un certo pregiudizio, la risposta della Parola di Dio, a cui Teofilo si affida, in quanto esperienza di fede narrata, libera l’accesso alla verità di un Dio che si è rivelato Trinitario, per confondere i dotti e lasciarsi scoprire dai semplici.
Pisana per rimanere fedele alla Parola usa il linguaggio dei semplici perché vuole garantire l’accesso ad una teologia a portata di tutti. Questa è caratteristica importante di questo libro-testimonianza che nasce da una riflessione su tanti incontri di vita: quelli con gli studenti con i quali egli è stato per circa 40 anni tra i banchi di scuola, quelli con i tanti poeti, scrittori, persone di cultura e quelli con diverse personalità di culture altre.
Il filo conduttore dell’opera è enunciato nel titolo e si sviluppa nel dialogo-confronto tra i nostri due personaggi: “credo”. Credere è un atto della fede che in Miscredenzio è ricerca, è dubbio, a tratti è anche polemica, provocazione o persino fede negata; in Teofilo è narrazione di un’esperienza che si fa testimonianza illuminata dalla certezza dell’evento Gesù Cristo che nella sua storicità ha permesso all’umanità l’incontro con il divino. D’altro canto Miscredenzio a proposito di Dio dice chiaramente “A me non interessano le discussioni accademiche né, credo all’uomo della strada. Io vorrei sapere, in parole semplici, perché Dio è sapiente e onnipotente?” Ecco la missione di Teofilo: dare spiegazione all’uomo della strada, a Miscredenzio e, in fondo, a se stesso con semplicità delle ragioni della propria fede. Riecheggiano le parole di Pietro: “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt. 3, 15). E la fede principalmente è speranza in Dio.
I temi teologici si susseguono nel testo e più le domande di Miscredenzio diventano incalzanti più le risposte di Teofilo svelano una sapienza teologica che passa in rassegna la storia stessa della teologia, nelle tante citazioni di opere di Padri della Chiesa e di filosofi cristiani, il pensiero filosofico sui grandi temi esistenziali nel confronto tra tesi non cristiane, a volte anche atee, e il significato esistenziale del cristianesimo che libera l’uomo dai suoi legami materialistici e finiti o lo apre a prospettive culturali e antropologiche permeate di soprannaturalità. La sensibilità e la spiritualità che emerge da questa opera di Pisana è laica, nel senso nobile del termine, ossia consapevole che nella sua autonomia l’umano ricerca nella trascendenza la pienezza della sua realizzazione. L’esperienza del Dio trinitario è proposta “non solo per i credenti ma anche per i non credenti … è un evento d’amore che provoca la vita di ogni uomo poiché lo pone nella condizione di conoscere ed apprezzare alcuni dei principali fondamenti valoriali della sua esistenza: il valore della diversità, dell’unità, della comunione, del dono”. Così Teofilo risponde alla domanda di Miscredenzio sul rapporto tra il dogma della Trinità e la testimonianza di vita quotidiana.
Questa laicità troviamo nella risposta di Teofilo alla domanda di Miscredenzio sulla “eternità” e “immutabilità” di Dio: “mentre in noi tutto è mutevole, in Dio le cose vanno diversamente: egli è eternamente immutabile… a ricordarcelo è la stessa Rivelazione biblica… Ecco, spero ti abbia fatto comprendere quanto grande sia la distanza tra l’uomo e come Dio sia fuori dal tempo, sia immutabile”. Questa distanza non impedisce all’uomo di scoprire la grandezza di Dio che Teofilo spiega a Miscredenzio attraverso i concetti di “provvidenza”, “onnipresenza ed onniscienza”, di “santità e giustizia”, di “sapienza e onnipotenza”, di “perfezione”, di “misericordia e amore” tutte qualità che Gesù Cristo ci ha rivelato, essendo immagine di Dio.
L’attenzione di Miscredenzio, dopo le questioni che riguardano Dio, si sposta sulla Bibbia che «anche i non credenti ritengono il più grande capolavoro dell’umanità». Ed essendo un capolavoro, Miscredenzio lo vuole conoscere in profondità, ponendo sul tavolo tutte le questioni più impellenti: la storia biblica della salvezza, l’ispirazione biblica, i generi letterari, i “sensi” interpretativi. Alla fine di tutte le risposte, ciò che conta – fa capire Teofilo – è l’atteggiamento del cuore del credente che si accosta alla Bibbia: “è la fede quella che mette la Bibbia in una luce diversa e che determina l’accostamento ad essa come un accostamento a Dio che parla e che desidera con la sua Parola salvare l’uomo”.
Fuori da questo contesto la Bibbia non rimane altro che un bel libro di letteratura. L’approfondimento di alcuni episodi biblici offre l’opportunità di una riflessione sapienziale sui temi particolarmente significativi che stuzzicano la curiosità a volte provocatoria di Miscredenzio e offrono a Teofilo la possibilità di una risposta che rilegge quei racconti scorgendo in essi il senso del peccato originale, della conflittualità dell’uomo, dell’orgoglio e dell’avversione a Dio, della presenza del male e della correzione di Dio, fino ad arrivare alla liberazione degli Israeliti voluta e permessa da Dio e riletta nei racconti dell’Esodo alla luce della fede.
L’ultimo accenno riguarda i profeti chiamati, come per esempio Amos a “esprimere un giudizio etico su situazioni ritenute agli occhi di Dio riprovevoli, quali il maltrattamento dei poveri, il disordine sociale, la violenza e la corruzione, l’ingiustizia, la menzogna e l’estorsione, la falsa sicurezza dei potenti e dei politici, che gozzovigliavano fra lusso e ricchezze”. Si tratta di temi cari a Domenico Pisana, sia perché teologo morale, sia perché impegnato nel campo socio-politico.
Il culmine, ma sicuramente anche la sorgente, del libro è l’ultimo capitolo dedicato alla rivelazione di Dio in Gesù nell’intreccio tra fede e storia. Le domande di fondo poste da Miscredenzio, che raccolgono le istanze di tanti, sono volte a “capire se Gesù è un mito prodotto dalle nostre attese, una copertura ideologica, oppure un uomo che è entrato fisicamente nella storia dell’umanità per dire la parola risolutiva sull’esistenza dell’uomo”.
Tra questi interrogativi il duo Miscredenzio-Teofilo ci conduce ad una disamina cristologica che mantiene sempre le caratteristiche dell’intera opera: profondità di contenuti dentro un linguaggio semplice, chiaro, accessibile persino a Miscredenzio che magari mi piace identificare in quello studente un po’ spocchioso, bastion contrario, sempre pronto a contraddire, ma che in fondo con gli occhi esprime la curiosità di capire e chiede ragione della mia fede e si chiede: «ma chi è Gesù di Nazareth?». La domanda sembra banale ma per il cristianesimo è fondamentale e fondante qualsiasi altro discorso su Dio, che nel Figlio ha mostrato il suo volto.
Il Gesù richiamato non è quello edulcorato da una certa visione borghese, né quello rivoluzionario pensato da talune ideologie, né tantomeno il non-figlio-di-Dio immaginato dagli atei. Il Gesù di Teofilo è quello che nei vangeli si presenta come una persona «appassionata per una causa: il regno di Dio». Per validare le sue tesi Teofilo passa in rassegna le testimonianze delle fonti storiche extracristiane che parlano di Gesù fino ad arrivare ai Vangeli, annuncio della “buona notizia” del regno di Dio.
Qui avviene come una conversione. I ragionamenti di Teofilo portano Miscredenzio ad aver capito “che il dogma di fede secondo cui Gesù è vero uomo e vero Dio non è un’invenzione della Chiesa ma una verità che trova il suo fondamento proprio nei vangeli”. Da qui l’esigenza di Miscredenzio, ma di ogni uomo di fede cristiana e, per ultimo, di tutti noi di conoscere a fondo Gesù nella sua storicità, dai suo “sentimenti umani” alla “sua capacità di accoglienza”, dalla sua “personalità di uomo libero” alla sua schiettezza “nel farsi voce che denuncia”.
“Come possiamo essere certi che quest’uomo era anche Dio?”, incalza Miscredenzio. Umanità e divinità in Gesù Cristo si fondono insieme e nel contempo restano due nature: umana e divina, “quel che è uomo in Gesù resta uomo, quel che è Dio, resta Dio”. In quest’ottica vanno letti i miracoli di Gesù che tanti dubbi e perplessità fanno nascere nell’uomo contemporaneo imbrigliato dal materialismo che non permette di cogliere il senso del miracolo operato da Gesù: un “segno” che rimanda ad una realtà più grande ovvero l’azione di Dio di cui Gesù è lo strumento messianico.
Se il miracolo è possibile è perché “il Regno di Dio è vicino” per cui è necessario “convertirsi e credere al vangelo” (cfr. Mt 4,23). Ciò indica la presenza di una nuova “relazione particolare tra l’uomo e Dio; si tratta – afferma Teofilo – di una relazione che esige la decisione dell’uomo di convertirsi o meno a Gesù e di credere all’annuncio del suo vangelo”. Anche la morale, presente nel messaggio di Gesù, è una delle conseguenze “dell’accoglimento del regno di Dio, conseguenze che hanno la loro meravigliosa espressione nelle beatitudini evangeliche contenute nel discorso della montagna”.
La conclusione è nella riflessione sulla morte e resurrezione di Gesù. Le ultime domande di Miscredenzio, dopo la titubanza sulla storicità della resurrezione, cercano un senso, un significato esperienziale che possa scaturire dalla fede in Cristo risorto: “se uno crede o non crede nella resurrezione di Gesù cambia qualcosa? Se rimane tutto uguale, che senso ha il credervi?”
Questa domanda la ritengo la più importante e la più inquietante tra quelle poste da Miscredenzio. La mancata risposta o una risposta priva di senso, farebbe cadere tutte le argomentazioni e i discorsi fatti prima, cioè non avremmo il Dio di Gesù Cristo su cui l’autore ha scommesso di credere.
Nelle ultime pagine c’è la chiave di lettura dell’intero libro: “La resurrezione di Gesù è l’attestazione che tutto ciò che ha avuto inizio sulla terra, quindi anche la vita nonostante il suo disfacimento corporale, ha un senso”. La resurrezione è «il fondamento della speranza del credente»; lo rende capace “di passare, già a livello spirituale, dalla morte alla vita, dal non senso al senso, dall’egoismo al dono di sé, da una vita secondo la carne fondata sull’odio e sulle divisioni ad una vita secondo lo spirito fondata sulla pace e sull’amore”.
Penso che questo sia il messaggio di speranza più significativo che la fede cristiana possa dare agli interrogativi dell’uomo contemporaneo e dobbiamo essere grati a Domenico Pisana per averci accompagnato con i suoi Miscredenzio e Teofilo in questo viaggio per i sentieri umani attraversati dalla fede cristiana.

Carmelo La Porta

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Carmelo La Porta ha conseguito la Licenza in Teologia Morale presso lo Studio Teologico S. Paolo di Catania della Facoltà Teologica di Sicilia. E’ stato docente di Teologia Morale Fondamentale, Familiare e Bioetica presso l’Istituto Teologico Ibleo “San Giovanni Battista” Ragusa, presso Istituto Scienze Religiose “San Giuseppe Maria Tomasi” Ragusa e presso la Scuola di Teologia di Base.
È docente di religione dell’Istituto “G. Ferraris “di Ragusa, ove ricopre anche il ruolo di collaboratore del Dirigente Scolastico. E’ Direttore dell’Ufficio dell’Insegnamento della Religione cattolica della Diocesi di Ragusa.

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