Un gruppo di fotografie che descrive una città, ne racconta i costumi e le abitudini, fa da congiunzione fra memorie collettive e personali legate ai luoghi. E fa da congiunzione anche fra le generazioni che hanno vissuto la città nel periodo fissato nelle immagini e noi che l’abbiamo ereditata.
Attorno a una piccola collezione di scatti fatti tra gli anni ’50 e ’60, 39 immagini fortuitamente trovate in vendita a Milano, nasce il libro “Bianchi, neri e grigi di Modica”, che sarà presentato il mercoledì 1 giugno alle 19 nel foyer del Teatro Garibaldi, su iniziativa dell’Associazione Franco Ruta.
Interverranno Angelo Barone, docente di Anatomia dell’immagine presso l’Accademia di Brera, ed Emanuele Fidone, docente di Progettazione presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Catania, che hanno curato il volume commentandolo nella prefazione nella postfazione.
Un libro che, nella pochezza di materiale fotografico di Modica antecedente a quel periodo (destino che la accomuna a tutte le città del Sud Est), rappresenta di certo un lavoro interessante di testimonianza.
Se la Sicilia era stata infatti una delle tappe più importanti del Gran Tour e quindi tra le più rappresentate dai viaggiatori, successivamente il barocco ibleo si rivelò troppo vicino allo stile europeo e il percorso estetico dei fotografi si andò piuttosto concentrando verso la classicità greca e romana espressa da Taormina, Agrigento o Siracusa.
La fotografia delle città del sud est si sviluppò invece solo quando era già divenuta una tecnica dai processi semplificati, diffondendosi come un passatempo dei nobili locali, che grazie a questa passione hanno lasciato testimonianze di un mondo prossimo, della vita contadina, delle abitazioni rurali, per noi importanti come spaccato sociale.
Questa selezione di scatti prodotti da una agenzia fotografica milanese che aveva fatto due tappe a Modica a metà del ‘900, confermano tutti quei cambiamenti del territorio riportati per lo più oralmente. Sono immagini di archivio che non hanno alcuna volontà di andare oltre a ciò che il luogo stesso racconta. Fotografie in un certo senso oggettive. Lontane dalla retorica della memoria. Fatte con il distacco necessario per comporre immagini da cartolina, appunto.
Il libro è dedicato a Franco Ruta, alla profonda amicizia lega gli autori a lui e alla sua immensa passione per Modica e per la fotografia.