Haiti, uno Stato allo sbando, continua ad essere la nazione più povera del mondo. L’assassinio del presidente Jovenel, perpetrato ieri da una banda di sicari, avviene nel bel mezzo di una profonda crisi politica e sociale. Il Paese sta vivendo momenti di grandissima tensione, in difficoltà a causa di una grave crisi sanitaria, ma anche e non solo, per problemi di sicurezza, vista la presenza di almeno 77 gruppi criminali armati, secondo la Commissione nazionale per il disarmo. Tuttavia, anche prima dell’assassinio del presidente Jovenel Moise, le prospettive del Paese erano alquanto cupe. In questo momento i cittadini sono barricati in casa per paura di azioni militari o delle bande assassine che circolano e controllano lo Stato, dichiarato in stato d’assedio. Al momento si sa che l’attuale Primo Ministro,, Claude Joseph, si è autoproclamato presidente ad interim, bypassando bellamente l’articolo 149 della Costituzione, un potere che di fatto, non potrebbe esercitare. La cosa concreta, però, è che gli haitiani dovranno recarsi alle urne il 26 settembre di quest’anno, per eleggere il prossimo presidente. Elezioni alle quali Moïse non avrebbe potuto partecipare, nonostante i suoi tentativi di sovvertire le regole della Costituzione. Il 26 settembre è previsto anche un referendum per modificare la nuova Costituzione di Haiti. L’iniziativa era stata sostenuta da Moïse, alludendo che avrebbe rafforzato la figura presidenziale, respinta dagli oppositori, i quali hanno sottolineato che era una strategia del capo di stato per perpetuarsi al potere. Dalla sua assunzione a Capo di stato il 7 febbraio 2017 e dopo un controverso processo elettorale, l’uomo d’affari, Jovenel Moïse, denominato “l’imprenditore delle banane” ha goduto di scarsa popolarità, tradotta in dure critiche, esplose dopo la proposta di aggiustamento di bilancio con il Fondo monetario internazionale, attuato nel 2018 che ha concesso prestiti, atti ad alleggerire il debito, per 96 milioni di dollari, manovra che ha innescato l’ aumento del petrolio e suoi derivati (benzina e gasolio rispettivamente del 47 e del 51 per cento). A seguito del provvedimento, centinaia di haitiani si sono mobilitati chiedendo la revoca dell’adeguamento con il FMI. Risultato: forte repressione da parte della polizia che ha portato a centinaia di denunce di omicidi e improvvise sparizioni. Sebbene le elezioni parlamentari fossero previste per il 2018, sono state più volte rinviate, per l’impossibilità di formare una rappresentanza ufficiale. Lo stesso presidente Moïse aveva sciolto il Parlamento e governato per decreto fino a ieri, giorno del suo assassinio. Oltre alla repressione contro i manifestanti e allo scioglimento del Parlamento, nel 2019 era scoppiato uno scandalo di corruzione sulle risorse del programma Petrocaribe (stimato in 6 milioni di dollari) che ha portato a massicce manifestazioni popolari di protesta. Intanto, per ora, Haiti che ha sempre vissuto di sussidi internazionali, continua ad essere la nazione più povera del mondo. Dal 1986 ad oggi si sono alternati ben 20 capi di stato diversi, oltre a dozzine di ministri e generali.