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Personaggi degli Iblei di ieri… di Domenico Pisana

Il modicano Giovanni (detto Nanninu) Ragusa: l’impegno politico, il poeta, lo studioso del dialetto
Tempo di lettura: 2 minuti

Uno dei personaggi che è rimasto vivo nella memoria storico-culturale della città di Modica, è sicuramente Giovanni Ragusa, conosciuto come Nanninu, nato a Modica il 16 dicembre 1911.
La sua figura ebbe modo di evidenziarsi sin da ragazzo sia per le qualità intellettive che per l’estro e la vivacità, che, però, non trovarono corrispondenza negli studi, tant’è che li interruppe, una volta conseguita la licenza media, abbandonando l’Istituto Tecnico Archimede di Modica, ove si era iscritto, e proseguendo da autodidatta.
I suoi studi si sviluppano quindi in modo irregolare, fino a quando non ritorna ad iscriversi all’Istituto “G. Verga” di Modica dove consegue il diploma nel 1932, dedicandosi così all’insegnamento. Rocca d’Arce, nella Ciociaria, fu la sua prima sede di insegnamento. Qui visse insieme alla sorella Dorina, anch’essa insegnante. Ritornato a Modica prosegui nella sua attività didattica, coniugandola anche ad una intensa attività sociale, politica e culturale.

1. L’attività socio politica

Antifascita convinto, egli sin da giovane aderì al Partito Socialista Italiano, e mosse le sue prime battaglie per la democrazia e l’affermarsi dei diritti umani. A 17 anni, dal balcone di Palazzo San Domenico, sede del Comune, pronunciò – come racconta la scrittrice Maria Iemmolo – “il suo primo comizio antifascista che lo aveva fatto notare alla polizia e sarebbe stato arrestato se il padre non avesse provveduto tempestivamente ad allontanarlo per qualche tempo”.
Fu grazie al suo impegno che Modica vide la nascita di una sezione del Psi, della quale assunse la segreteria, entrando successivamente in Consiglio comunale ed assumendo l’incarico di Assessore ai Lavori pubblici della città. In questo quadro d’impegno politico non condivise la scelta di eleggere Ragusa a capoluogo di provincia, tant’è che non mancò, fin alla sua tarda età, di esprimere pubblicamente pensieri e pronunciamenti contro questa scelta, attirandosi invettive da parte dei ragusani. Negli anni ‘80 si mise in evidenza per la creazione di un comitato finalizzato a riscoprire gli uomini illustri di Modica, convinto come era che occorresse non consegnare all’oblio quei concittadini che si erano spesi per il bene della città e per la sua promozione all’esterno.
Il Comune di Modica gli ha intitolato un Auditorium a marina di Modica, frazione balneare della città
Significativa la sua attività culturale . Nel 1931 pubblicò “La filosofia della musica”; nel 1959 “Schema di Statuto per i costituendi Liberi Consorzi di Comuni”, approvato e fatto proprio dall’Amministrazione comunale di Modica del tempo.
Nel 1976 realizzò la “Grammatica critico-comparata del dialetto della Sicilia sud-est con vocabolario”, con il patrocinio della Regione siciliana, ed ancora, negli anni settanta, una carta della Sicilia araba. Due le sue opere di carattere storico-religioso: “Venne il primo”, saggio su Giuda Iscariota del 1951, e “Il IV evangelo nega la Sindone”, Edizioni Dialogo, 1985.
Per quanto concerne la poesia, sue sono le raccolte “Liriche del mio tormento” e “Il mio pensiero” in lingua italiana, e “Cusuzzi” (1981) in dialetto modicano.
È presente in diverse antologie poetiche, tra cui “Giovani Scrittori e Poeti italiani” del 1933; “Il dialogo poetico d’Italia 72”, “Paradigma” del 1973.
Giovanni Ragusa ha anche fissato le caratteristiche e le regole fondamentali comuni a tutti i dialetti siciliani dell’isola in un volume dal titolo “La lingua siciliana non è neo-latina”, Edizioni Associazione culturale “Dialogo”, Modica, 1989.

2. La poesia dialettale

Ricercare sofisticazioni nella poesia di Giovanni Ragusa, significherebbe incanalarsi in una strada a lui non certamente consona. Nelle sue opere dialettali, infatti, non si trovano sontuosità, né elaborati costrutti poetici; l’Autore rende semplice, chiaro, accessibile il contenuto che la Musa gli suggerisce di portare sulla pagina.
A questa semplicità si contrappone, invece, una rigorosità circa l’uso della lingua dialettale. Ragusa, infatti, sotto questo aspetto è preciso, puntuale e intende dare, attraverso le sue poesie, un saggio di come va scritto il dialetto modicano. Egli è stato certamente uno studioso del dialetto, nel cui campo la sua competenza si è rivelata veramente straordinaria: a lui va il merito – come già detto – della realizzazione di una grammatica siciliana.
Lo sviluppò delle dimensioni elaborative delle sue poesie dialettali è contrassegnato da segmenti carichi di umanità, che, allargandosi a prospettive universali, sentono vivo il colloquio con gli umili, la relazione con le problematiche sociali, l’affetto verso i sofferenti:

“… Scuru è
lu còri ri dda matri ca nuru
viri lu figghiu, e si ni lòri… E lu viècciu,
ca n’zi senti sicuru
ri campari n’àutr’annat’ancora,
ca agghicari lu friddu viri
ri luntanu, trèma e pènza
a la sa picciuttanza, cuannu
a la vignigna ‘nzièmi a li cumpagni,
cantannu, lu travàgghiu scialu
ci parìa…”
(Senza riri clu…)

“… l’uòmmini pi nènti si fanu quèrra?
Si fanu quèrra pi ‘n cuoppu ‘i tirrinu
e pi putiri riri: iu tiègnu
lu munnu pi li cèrra. . .”
(A lu Bamminu)

“Sulu la vicciarèdda,
misa a cantunèra,
suspira, sapiènnu ca nènti c’è
ciù pir idda, mancu
‘i cuntari cunti a li niputi. .”
(Natali)

Giovanni Ragusa canta le bellezze della terra siciliana, terra di sole che, pur con tutte le sue contraddizioni, resta “terra amurusa”; coglie spazi di cielo in cui l’animo poetico si ritempra al sentire “a lu matinu, / siènnu ancòra assunnacciati…/ 1’ aucidduzzi ‘ntra r’ iddi / ciuciuliari…”; interpreta i fermenti- e le tradizioni popolari e religiose della nostra realtà locale, enucleando domande di senso, che spesso rimangono senza risposta e scoprendo i chiaroscuri e le disarmonie che dell’esistenza offrono gli orizzonti della coscienza. Non mancano, poi, nella poesia del Ragusa, gli intagli naturalistici; l’autore si abbandona a descrizioni cariche di implicanze stagionali e costruisce, attraverso un processo discorsivo, versi interessanti in cui le diversità temporali sembrano disporre l’animo ad una colloquialità con gli assunti razionali che ci impongono le stagioni:

“Frivarièddu picciriddu
pòrta àccua, vièntu e friddu;
a tutti bbanni trasi iddu;
sàuta e gghiòca còmu gn’jriddu.
Nicarièddu e ddispittusu,
abbuffiniari l’avi p’aùsu;
chi ci po’ fari lu carusu
se nascìu crapicciusu?”
(Frivarièddu…)
“…
Oh cuantu si bèddu Maju,
misi ri ciuri! … Arriri
lu mari, brannìa
lu cièlu, jòcunu
tutti li criaturi… Maju,
tu canti cu la vuci r’aucèdda e,
cantannu, ‘rapi la pòrta
ri la stati, ri la nòva vita,
dda vita ca a tutti aruci sapi.”
(Maju)

3. La poesia in lingua: Il mio pensiero(1983)

Di Giovanni Ragusa va segnalata la silloge in lingua, “Il mio pensiero”, pubblicata nel 1983.
Certamente affascina maggiormente e si rivela più interessante, in Ragusa, la poesia dialettale, tuttavia anche la versificazione in lingua ha una sua forte efficacia semantica.
Quest’ultima appare ricca di valenze problematizzanti in cui i nuclei tematici si muovono tra oscillazioni dialettiche, costrutti teoretici, riflessioni etico-religiose che, se analizzate nella prospettiva teologica, aprono aspetti problematici e discutibili per la fede cristiana; meno lirico è il dispiegarsi dei versi, che si essenzializzano in una prosodia e in sviluppi discorsivi molto sentiti.
Nella seconda parte de “Il mio pensiero”, dove si trova una prevalenza di meditazioni sul senso della vita, sulla morte, sulla natura di Dio e sulla sua significabilità nella storia, le poesie hanno un tono dimostrativo e sono concepite come documento che investiga, sull’onda di una ratio in ricerca, su una problematica esistenziale sempre complessa ed articolata:

“Son io che vivo nel mondo,
e ragiono, e mi tormento,
e lotto…; son io
che sento annullarmi e penso
mille esistenze che sorgono
dal profondo mio…”
(Io)

“Gli uomini credon veri
i loro sogni,
àman credere e non sanno che tutto
è illusione… Ma non credere
è morire, e io…
che ho perduto ogni fede, dico
inebriami, …”
(Tormento)

Un respiro lirico più autenticamente poetico si diparte invece dalla prima parte dell’opera, ove il poeta dà spazio a immagini e costrutti simbolici in cui la fragranza del sentimento s’impone alla razionalità della mente.
Giovanni Ragusa, in sostanza, sa darci le sue meraviglie, le corrispondenze esistenziali nascoste nell’intelaiatura dei versi, il suo palpito lirico fatto di commozioni e sogni, di contemplazione e di viaggi nelle vicende umane. Il verso acquista ritmo e si riveste di cadenze musicali che danno colore ed armonia al procedimento lirico.
Nannino Ragusa rimane sicuramente un personaggio importante della realtà socio-culturale siciliana e di Modica in particolare, perché con il suo impegno civile e letterario ha saputo dare alla città le sue intuizioni e le sue corrispondenze esistenziali, facendole approdare nell’intelaiatura di versi che, ancora oggi, offrono un palpito lirico fatto di commozioni e sogni, di contemplazione e di viaggi nelle vicende umane.
Chiudiamo offrendo ai lettori alcuni testi poetici tratti dalla sue opere.

Da: “CUSUZZI ” (1981)

Lu Nènti

Si rici ca lu nènti nn’avi luòcu,
e nunn’è bèru. Lu nènti
è chiddu ca ‘nta lu munnu
minti fuòcu, chiddu
ca a mia mi runa
pinzèri e gghiuòcu
r’èssiri sò chi buògghiu
e ddi putiri fari
còsi ‘ranni e ‘mbruògghiu.
Lu nènti è a tuttibbanni
e nun zi viri, ma lu sènti
la vicciarèdda e nn’avi scantu,
mèntri ar iddu cnn
chiddu ca vòli siri
gghiustu e santu. E lu picciriddu
ca lu nènti sapi
cu riddu parra,
a riddu sulu arriri.

Lu jattu e lusurci

Ci’rissi lu jattu a lu surci:
– Vièni cà, paci facièmu,
ràmuni la manu…
Ajèri n’anzigniàru ‘i riri
mèus, e sugnu cristianu.
Ci arrispunnìu lu surci:
– Cuannu ti muzzi l’ugni
e li scagghiuna, e t’attacchi
‘nti la cura lu cianciànu,
tannu ci criu ca sì
cristianu, tannu ra tana
nièsciu ‘ncianu.
– Scuasi, iu fussi munzigniàru?!
Lassa ca nièsci, ca t’aspièttu!
– Nièsciu? Surci sugnu
e no sumaru.

Muòrica paisi miu bèddu!

Lu rìciunu tutti,
enuddu lu po’nijari:
Muòrica è bèddu
e si fa taliari.
Rò Pizzu,
‘i Lìtria,
‘i Muntisirratu,
runni ‘u talì talì
pari nu ‘ranatu
apièrtu e maturatu
cu lu ciatu
ri lu Suli…
Lu Saluni, taliatu
‘i sira, è ‘n ciumi
r’ argèntu ca stralùci
e ancatina miré
lu firmamièntu… Cuannu
‘a Luna spunta ra Gghiacanta
e crai crai acciana,
scurpisci ntall’uòcci tuòi
San Giòrgi,
San Piètru,
lu Castièddu, tutti
li cuartèra… Allura
nun ti puòi antratèniri
ri jttari nu scannièddu
e ddiri: Muòrica,
paisu miu, cuantu
si bèddu!

Da: “IL MIO PENSIERO” (1983)

Il fuoco d’un sogno

Questo vento viene dal mare
e pare voglia giocare con le fronde
degli alberi,
e vi s’impiglia con frenetica forza
di tempesta, e le scompiglia,
e vi si culla come sull’onde,
con fragore.
Questa forza dell’aria che fa danzare
tutte le cose, la odo parlare
con la voce di tutti i suoni,
mentre s’accende sul mio volto il fuoco
d’un sogno:
il sogno del dominio
sugli elementi. La inseguo
questa forza celeste,
che m’investe il corpo e lo spirito,
la inseguo fino all’ignoto,
col fuoco del sogno.

Ritratto a un mio amico

Un tormento di pensiero
negli occhi pieni d’ombra;
un avvicendarsi di sogni
sulla fronte accesa; un volto
d’ agitatore,
con un altero atteggiamento
di libertà e d’imperio
nel mento robusto,
e sulle labbra sottili
lo sfiorare d’un sorriso
leggero e amaro
che ti disarma
dal voler resistere.

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2 commenti su “Personaggi degli Iblei di ieri… di Domenico Pisana”

  1. Ho il piacere di esporre i miei più vivi complimenti al prof. Domenico Pisana per l’ottima analisi che ha scritto sulla “figura” di Nannino Ragusa.
    Vi racconto un aneddoto personale:
    ieri pomeriggio ho finito di leggere la bozza di un libro di imminente stampa. L’autore utilizza numerosi vocaboli del nostro dialetto, per poter scrivere i vocaboli in vero dialetto modicano, ho copiato i vocaboli dal “caro” dizionario di Nannino.
    Invito per chi volesse conoscere il nostro amato dialetto modicano: se si vuole conoscere veramente il dialetto modicano si deve usufruire del dizionario di Nannino Ragusa.
    Mi permetto di apportare un’aggiunta alle battaglie politiche che fece Nannino Ragusa di cui parla il prof. Domenico Pisana. Mi riferisco alla battaglia che fece Nannino Ragusa per non fare abbattere la chiesa di Sant’Agostino a Modica nel 1963.
    A tal proposito, vi riporto quanto ha scritto in merito Piero Vernuccio nel suo volume “Scempi urbanistici nel salotto di Modica”.
    “Il Consigliere comunale Giovanni Ragusa, che da subito si schierò contro la demolizione e conseguente costruzione e seguì con la massima attenzione il prosieguo dei lavori, notò che il perimetro dell’elevazione era maggiore della preesistente area della chiesa. Il 14 giugno 1964, inviò un telegramma al Sindaco chiedendo di verificare se fosse stato occupato suolo pubblico lungo la facciata prospiciente il corso Umberto. Il Sindaco diede incarico all’Ufficio Tecnico comunale per la verifica.
    E qui si innestò una girandola di cifre circa la effettiva superficie occupata abusivamente. L’accertamento, ripetuto più volte, diede addirittura tre misure diverse d’occupazione di suolo pubblico.
    Il Consigliere Ragusa, non fidandosi della controversia nelle misurazioni eseguite dall’Ufficio Tecnico, in data 23 giugno chiese al Sindaco di inoltrare ufficiale richiesta al Tribunale di Modica o al Genio Civile di Ragusa affinché si nomini un perito che accerti la reale quantità di occupazione abusiva di suolo pubblico. Nella stessa giornata, l’ing. Tumino – avendo compreso che la questione si stava ingarbugliando a suo danno – corse con imminenza ai ripari, inviando una richiesta al Sindaco per ottenere la concessione dell’area necessaria “affinché il prospetto principale di tale edificio risulti il più possibile parallelo all’asse stradale del corso Umberto”. Nella nota fa anche presente che l’attuale non allineamento “è frutto di un errore nel quale è incorso il carpentiere nell’impostazione della struttura di prospetto”. Con tale richiesta, l’ing. Tumino intese “sanare la situazione in cui involontariamente è venuto a trovarsi”.
    L’indomani, giorno 24, il sindaco Terranova – a seguito di precedenti ripetute interpellanze da parte del Consigliere Ragusa – visto che dagli accertamenti effettuati dall’Ufficio Tecnico comunale risultò che l’ing. Tumino aveva posto fondazioni e pilastri in modo da mutare l’allineamento rispetto allo stato preesistente, e considerata la discordanza tra i vari accertamenti, dispose che lo stesso Ufficio procedesse ad ulteriori più precisi accertamenti. Nel contempo ordinò al costruttore l’immediata sospensione dei lavori nella parte prospiciente il corso Umberto, “salvo gli ulteriori provvedimenti a carico”.
    Una ‘battaglia’ che non ebbe sosta. L’indomani, giorno 25, il Consigliere Giovanni Ragusa inviò un telegramma al Sindaco informandolo che “sino alle ore 9,30 di stamane la Ditta Tumino non ha sospeso i lavori, continuando gli operai nei loro compiti”.
    La richiesta di concessione di suolo pubblico – inoltrata dall’ing. Tumino – venne posta all’o.d.g. del Consiglio comunale. Fu respinta (quasi all’unanimità) la proposta formulata da alcuni Consiglieri di declassificare quella parte di suolo pubblico occupata abusivamente lungo il corso Umberto.
    Alla luce della deliberazione consiliare, il Consigliere Ragusa non perdette l’occasione di richiedere al Sindaco in data 9 luglio che venga ordinata la demolizione di quanto costruito sul suolo pubblico. E giorno 15 inoltrò una nota al Sindaco – e per conoscenza al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modica – denunciando uno ‘stato di complicità’ a favore di Tumino da parte del Sindaco e dell’Assessore ai Lavori pubblici i quali, accertata l’occupazione di suolo pubblico, hanno omesso la denuncia del reato all’Autorità giudiziaria; chiedendo, inoltre, che vengano disposti ulteriori sopralluoghi al fine di determinare con esattezza la superficie dell’abuso. Intervenne ancora con una successiva nota inviata al Sindaco – e per conoscenza al Procuratore della Repubblica – ove fece notare che l’Ufficio Tecnico comunale in una prima relazione determinò l’area d’abuso in mq. 1,50, poi in mq. 5,50 nella seconda relazione e poi per ultimo in cmq. 67 nella terza relazione.
    L’ing. Tumino ritenne opportuno presentare il 15 luglio una variante in corso d’opera, per modifica d’opere strutturali.
    In data 23 luglio, il Sindaco – accertato l’abusivismo sulla facciata – ordinò all’ing. Tumino di demolire entro 60 giorni dalla data della notifica la parte del fabbricato prospiciente sul corso Umberto , in modo da garantire l’allineamento rispetto alla situazione preesistente.
    Nel frattempo intervenne la Commissione Provinciale di Controllo circa un esposto inviato dal Consigliere Ragusa sull’occupazione di suolo pubblico, chiedendo chiarimenti al Comune. Il sindaco Terranova rispose il 28 luglio, precisando che il Comune emise ordinanza di sospensione dei lavori prima e di parziale demolizione poi (dei pilastri costruendi la facciata). A quel punto il proprietario Tumino presentò progetto di variante che, previo parere favorevole della Commissione Edilizia, fu approvato.
    L’11 settembre il Comando della Polizia Urbana invia al Pretore di Modica copia del verbale di contravvenzione elevato all’ing. Tumino per non aver sospeso i lavori sino alla data odierna (dagli atti in fascicolo non risulta ricevuta di pagamento di tale contravvenzione).
    Nell’ottobre del 1964, il Consigliere Ragusa scrisse una nota al Prefetto di Ragusa ed all’ingegnere Carmelo Puglisi (che la Prefettura con proprio decreto aveva incaricato al fine di sorvegliare la conduzione dei lavori), informando del fatto che alla Ditta Tumino, a seguito della presentazione di una variante, il Comune concesse una ulteriore licenza di costruzione che certamente apporta modifiche ai calcoli in cemento armato.
    L’ingegnere Giuseppe Assenza (direttore dell’Ufficio Tecnico comunale) incaricato dal neo sindaco Filippo Rizza – insediatosi il 2 settembre 1964 – d’effettuare un sopralluogo presso il cantiere informa il primo cittadino con una propria relazione consegnata il 13 novembre di aver riscontrato difformità, rispetto al progetto approvato, sino al 2° piano già completato. Queste risultarono la difformità constatate:
    – le dimensioni maggiorate delle finestre aperte sul prospetto laterale sulla via Sant’Agostino;
    – l’apertura di tre finestre nel retroprospetto, non previste nel progetto.
    Il direttore Assenza richiese al Sindaco l’immediata sospensione dei lavori per difformità.
    Il 2 novembre pervenne un telegramma da parte del Ministero della P.I. e diretto al Prefetto di Ragusa e per conoscenza al Soprintendente ai Monumenti in cui si intima al costruttore Tumino l’immediata sospensione dei lavori “potendo progettata costruzione pregiudicare gravemente caratteristico aspetto paesaggio avente valore estetico et tradizionale”. L’ordinanza del Ministro fu notificata giorno 10 novembre.
    Il sindaco, in data 17 novembre, emise ordinanza di immediata sospensione dei lavori su tutto il prospetto di corso Umberto, di via Sant’Agostino e di via Santa; ordinando, inoltre, all’ing. Tumino di presentare entro venti giorni all’Amministrazione comunale l’autorizzazione del Genio Civile, necessaria per il rilascio della licenza di costruzione. In effetti la licenza di costruzione era stata rilasciata dal Comune in data 17 agosto 1963, ma in base ad una autorizzazione rilasciata in data 4 aprile 1963 dal Genio Civile su un progetto redatto dall’ing. Giuseppe Romano in data 2 aprile 1963; tale autorizzazione del Genio Civile non poté ritenersi valida poiché il progetto successivamente fu redatto dall’ing. Angelo Tumino. L’indomani il Sindaco informò il Commissariato di P.S. di Modica ed il Comando VV.UU. per dare assistenza e fare eseguire la propria ordinanza di sospensione dei lavori di costruzione (a memoria d’uomo non risulta che fu effettuata alcuna assistenza, almeno in termini di piantonamento del cantiere).
    Il Consigliere comunale Giovanni Ragusa formulò in data 18 novembre una interrogazione al Sindaco ove chiese che il progetto dell’erigendo palazzo venga fatto conoscere preventivamente ai cittadini modicani e venga presentato al Consiglio comunale, dato che si viene a modificare la fisionomia del corso Umberto in un punto centralissimo. E precisa che è notorio che la Commissione Edilizia è quella che dà il parere sui progetti (parere non vincolante), mentre è il Sindaco a dare il nulla osta per l’esecuzione dei progetti.
    In altra successiva nota, il Consigliere Ragusa informò il Sindaco che il costruttore presentò al Comune il certificato sui calcoli del cemento armato solo quando le strutture portanti dell’edificio erano già state erette sino al terzo piano, e solo su esplicita richiesta del Comune, mentre la decisione del Consiglio di Stato – sezione V – n° 673 del 18.11.1961 prescrive che il certificato va presentato al Comune prima dell’inizio dei lavori di costruzione.
    Il 24 novembre 1964, la Prefettura di Ragusa informò il Ministero della P.I. di quanto stava accadendo a Modica per l’edificazione di questo palazzo nell’area di una ex-chiesa demolita. Pervenne dal Ministero in data 5 dicembre un ulteriore telegramma – indirizzato al Prefetto e per conoscenza al Sindaco e al Soprintendente ai Monumenti – ove si impose “divieto assoluto prosecuzione fabbricato” e si invitò la “Vossignoria disporre piantonamento cantiere da parte forza pubblica qualora lavori denunciati alterino ulteriormente aspetto paesistico località”. In data 10 dicembre pervenne al Sindaco un telegramma da parte del Soprintendente ai Monumenti, sollecitando ad attuare con urgenza quanto imposto dal Ministero della P.I. tramite il telegramma (anche in codesta occasione non risulta che fu attuato alcun piantonamento).
    Il Sindaco ritenne opportuno, il giorno 17, di emettere una ulteriore ordinanza di sospensione di ogni tipo di lavoro presso tutto il cantiere.
    L’ing. Tumino, a sua firma in qualità di progettista, presentò al Comune il 3 marzo 1965 una variante di progetto proponendo un palazzo di sei piani, oltre il pianterreno.
    Il Prefetto in data 3 aprile 1965 inviò una nota al Sindaco e al Commissariato P.S. di Modica, e per conoscenza alla Soprintendenza ai Monumenti della Sicilia Orientale, precisando che l’ordine di sospensione dei lavori emanato dal Ministero della P.I. comporta il divieto assoluto di prosecuzione dei lavori anche all’interno del fabbricato. Invita chi in indirizzo di avvalersi di tutti i mezzi loro attribuiti dalla legge per imporre il rispetto dell’ordine ministeriale. Nei fatti i lavori continuarono.
    Il comandante dei Vigili Urbani, Giovanni Modica Scala, inviò il 20 aprile 1965 una nota informativa al Pretore di Modica comunicando di aver contravvenzionato l’ing. Tumino per aver violato l’ordinanza di sospensione dei lavori emessa dal Ministero della P.I. (agli atti del fascicolo non risulta alcuna ricevuta di pagamento dell’infrazione).
    In data 22 aprile il Sindaco informò la Prefettura di Ragusa che si è provveduto ad inoltrare denuncia alla Pretura di Modica contro la Ditta Tumino a norma dell’art. 734 del Codice penale per non aver sospeso i lavori, malgrado la diffida.
    Il sindaco Terranova in data 24 aprile informa gli ingegneri Attilio Trovato da Scicli, Pietro Maltese da Modica e Antonino Ragusa da Modica che – con deliberazione n° 870 del 29 settembre 1964 – sono stati nominati componenti della Commissione per l’accertamento della superficie di suolo pubblico demaniale arbitrariamente occupata da Tumino sul corso Umberto. Viene spontaneo chiedersi perché codesta comunicazione venne inoltrata dopo ben sette mesi dalla data di deliberazione.
    L’ing. Antonino Ragusa invia in data 28 aprile una nota al Sindaco informando che per motivi di salute non è in grado di accettare l’incarico. In ogni caso, nel fascicolo non è presente alcun atto comprovante l’operatività di tale Commissione.
    Una variante di progetto viene presentata in data 3 maggio a firma dello stesso progettista ing. Tumino; la variante riguarda i prospetti sul corso Umberto.
    Il 14 giugno 1965 il Sindaco emise una ulteriore ordinanza con la quale ordinò all’ing. Tumino ed alle persone presenti nell’edificio in costruzione di sgomberarlo e di tenerlo tale. Il 3 luglio, il sindaco Terranova richiese telefonicamente al Comandante dei VV.UU. Giovanni Modica Scala di dare esecuzione alla suddetta ordinanza. Questo il testo del verbale che fu redatto dal Comandante: “Mi sono recato sul posto accompagnato dal Vice Comandante sig. Cappello Car¬melo e dai Vigili Fronte Francesco e Minardo Orazio. Ho trovato l’edificio con alcuni operai che stavano lavorando; subito dopo si é presentato l’ing. Angelo Tumino assistito dall’avv. Giuseppe Moncada. Invitati gli operai e le altre parti interessate a sgomberare 1’edificio, si sono rifiutati; dato immediatamente l’ordine di sgombero. lo stesso viene eseguito da tutti, con qualche protesta verbale. Ho provveduto successivamente alla chiusura dei due cancelli di ingresso dell’edificio in corso di costruzione, a mezzo di catene con lucchetti, le cui chiavi rimangono in questo Ufficio a disposizione dell’Ufficio Tecnico Comunale che dovrà provvedere alle opere di demolizione ordinate nell’Ordinanza sopracitata. Copia del presente verbale, per conoscenza e per tutti gli effetti di legge, viene trasmessa all’Ill/mo Sig. Procuratore della Repubblica, al locale Commissariato di P.S. ed alla Amministrazione Comunale”.
    Intervenne il 27 luglio la Regione Siciliana per sapere dal Sindaco di Modica se la diffida di sospensione dei lavori formulata il 10 dicembre 1964 da parte della Soprintendenza ai Monumenti è stata eseguita.
    Intanto che proseguì la costruzione del palazzo, l’ing. Tumino si dette da fare per la vendita dei primi locali. Intrattenne contatti con il Banco di Sicilia che in quel tempo aveva sede sul corso Umberto al primo piano del palazzo (con ingresso dal numero civico 163) di fronte la gradinata della chiesa di San Pietro (quello che noi abbiamo definito il “Palazzo miracolato”, di cui il Lettore ha riscontro nell’Appendice di questo volume). Gli accordi che dovettero intercorrere furono la promessa di uno scambio di proprietà; il Banco di Sicilia avrebbe ceduto a Tumino l’intero palazzo (composto dai numeri civici 163-167) di fronte la scalinata della chiesa di San Pietro (per demolirlo e ricostruirlo a più piani) e Tumino avrebbe ceduto al Banco il seminterrato e il piano terra del palazzo in costruzione sull’area dell’ex-chiesa demolita di Sant’Agostino (per trasferirvi la nuova sede dell’Istituto bancario). Accordi che poi vennero concretizzati con l’atto di compravendita stipulato il 5 ottobre presso lo studio del notaio Vincenzo Occhipinti.
    A prova di questi accordi intercorsi fu la nota che in data 17 agosto 1965 la Direzione palermitana del Banco di Sicilia inviò alla Banca d’Italia – nella qualità di Organo di Vigilanza sulle aziende di credito – comunicando d’intendere acquistare i locali (ancora in costruzione) di corso Umberto di proprietà dell’ing. Angelo Tumino da Ragusa “per una superficie di circa 240 mq. al piano seminterrato e mq. 240 al pianterreno”. La Banca d’Italia scrisse subito dopo al Comune di Modica per conoscere il valore corrente presumibile di tali locali. Dagli atti contenuti nel fascicolo non risulta alcuna risposta da parte del Sindaco.”

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